Tasse, Fini sfida Forza Italia

Tasse, Fini sfida Forza Italia Tasse, Fini sfida Forza Italia «Chiamiamola concorrenza a Berlusconi» GuidoJ^erga. , .... Inviato a FIRENZE «Una sfida a Forza Italia sul terreno dell'economia? Chiamiamola piuttosto una sacrosanta concorrenza... Certo, per Berlusconi sarà una sorpresa. Una piacevole sorpresa». Gianfranco Fini la mette cosi, sul soffice, ma dalle parole dei suoi nuovi alleati e chiaro che ad Alleanza Nazionale il molo di spalla sta sempre più stretto. «Siamo qui per riempire di contenuti una campagna elettorale che rischiava di essere ricca soltanto di polemiche», spiega il leader di An. E i contenuti stanno addirittura in un progetto per portare la disoccupazione a zero, tagliando le tasse e migliorando il sistema sociale. «Ma i nostri sono programmi, non utopie», aggiunge Marco Turadash. «Progetti realistici, non sogni che si vendono agii elettori», punge Mariotto Segni. «Studi scientifici, non chiacchiere da salotto. Dati precisi, non proposte demagogiche», affonda Mario Baldassarre il docente di economia vicino ai referendari che, «da studioso», ha elaborato il modello ripreso dall'accoppiata An più elefantino. «Noi non ci accontentiamo di dire che bisogna tagliare le tasse spiega Segni -. Cerchiamo di fare in modo che la cosa sia davvero possibile. Senza far saltare gli equilibri finanziari». Per presentare la sua replica al lax (iay berlusconiano, «che affronta solo una parte del problema», Fini interrompe il suo «bagno di folla e di sudore» in Toscana. Un frenetico tour elettorale da Grosseto a Firenze, con una puntata a Livorno e rientro nel capoluogo per l'affollatissimo gran finale a Campo di Marte, fi presidente di An rinuncia ai toni da comizio, lascia il ]>eso della spiegazione a Baldassarre che trasuda dell'ottimismo degli scienziati che sono sicuri di aver trovato la quadratura del cerchio. «Il sistema economico proposto dal centro-sinistra si basa su un rapporto di mezzadria tra lo Stato e i cittadini - dice il professore -. Lo stato assorbe la metà del reddito nazionale. Noi vogliamo spostare il confine: arrivare a un sistema che assegni i due terzi delle risorse alle famiglie e alle imprese ...». Perché questo sia possibile, continua, occorrono due «patti»: uno con i cittadini, l'altro con gli imprenditori. Ai primi si chiedo l'innalzamento dell'età pensionabile «a quota cento» (ad esempio 65 anni di età con 35 di contributi), offrendo in cambio un'Irpef a due soli scaglioni: 15 per cento fino a 60 milioni e 30 per cento per le cifre eccedenti, con una deduzione di 5 milioni per ogni membro della famiglia. Alle imprese si offre una maggiore flessibilità nei contratti e nelle retribuzioni e l'abbattimento al 25 % del prelievo fi- scale, ma si annuncia un taglio di sussidi pari a circa 25 mila miliardi. «In questo modo - conclude Baldassarre - sarebbe possibile portare la disoccupazione dal 12 al 6 % nei primi 5 anni». Il modello, garantisce l'economista, sul piano scientifico tiene. Tutti i parametri, dal debito pubblico all'inflazione, sono stati controllati. «Quella che va verificata - ammette - è la fattibilità politica. L'esperienza ci insegna che il sindacato italiano non conosce le regole del marketing: pensa più a conservare i vecchi clienti che a creare le condizioni per averne di nuovi...». Per Gianni Alemanno, il leader della destra sociale, serve un terzo patto: con i dipendenti: è giunta l'ora di mandare in archivio lo Statuto dei lavoratori, «vecchio retaggio degli Anni '60 e dell'autunno caldo». Alemanno annuncia il progetto di un referendum, e rilancia le sue proposte: salario dei dipendenti agganciato agli utili d'impresa, contratti collettivi meno rigidi, adattamento delle norme alle diverse condizioni del meracto tra Nord e Sud. «Bisogna sfatare il dogma per cui i lavoratori dipendenti sono la base elettorale del centro-sinistra», dice. Fini ascolta e sorride. «Noi oggi abbiamo dato un contributo rilevante a chi cerca di costruire un'alternativa vincente alle sinistre», dice. Insiste sulle riforme, «perché per realizzare un progetto del genere non è sufficiente vincere le elezioni, ma bisogna avere un sistema che permetta a chi governa di restare in sella per cinque anni». Per questo l'insistenza di Massimo D'Alema sul 138 lo trova scettico: «Serve un cambiamento di ampio respiro: con il 138 si può cambiare la Costituzione pezzo per pezzo, senza la necessaria visione d'insieme. E questo D'Alema lo sa benissimo, visto che è proprio da questa considerazione che è nata la Bicamerale presieduta da lui». La Bicamerale ha fallito? «E allora perché non pensare una buona volta alla Costituente?...». «Oggi lo Stato assorbe metà del reddito nazionale Noi vogliamo un sistema con due terzi a famiglie e imprese» Gianfranco Fini, presidente di An

Persone citate: Alemanno, Berlusconi, D'alema, Gianfranco Fini, Gianni Alemanno, Mario Baldassarre, Massimo D'alema

Luoghi citati: Firenze, Grosseto, Livorno, Toscana