Nell'aula si recita un film tra scommesse e perplessità di Maria Laura Rodotà
Nell'aula si recita un film tra scommesse e perplessità I GESTI/ LE PAROLE, I PERSONAGGI DI UNA ATTESA LUNGA VENTI MINUTI Nell'aula si recita un film tra scommesse e perplessità retroscena Maria Laura Rodotà NCORAtre minuti per le scommesso». «Vabbè spara». «Secondo me gli imo 1/omiciiiiacolposo». «No, aÈTOSolvono»;'"" «Diecimila?» «Vabbè». Nell'aula bunker del Foro Italico, per quaranta minuti scarsi, sembra di stare in un film americano di quelli col processo. Decine di fotografi che si spingono, ramerainen arrampicati dove possono, fonici disperati, giornalisti mezzi fusi dall'attesa nella controra che si buttano sulle scommesse ciniche modello «Prima pagina». Le diecimila le vince quello issato sulla transenna, Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone, in quel momento, hanno altro a cui pensare. Ma il caso Marta Russo li ha fatti diventare star mediatiche por due anni, e non possono non sapere cosa succedo. Per questo, nei venti minuti eterni prima della sentenza, Ferraro si gira continuamente a guardare il circo dietro di lui. Per lo stesso motivo, Scattone non si gira mai. Il resto dei presenti è toso nell'attesa; ma tutti, entrando, cominciano davvero a comportarsi come hanno visto fare al cinema, o nei telefilm. E a seguire l'ingresso in aula dei personaggi principali con l'aria di chi ha scelto lo spettacolo giusto. I personaggi si dimostrano all'altezza. Primo arriva il procuratore Italo Ormarmi, in quadrettato carta da zucchero; ha sbagliato vestito, e, dicono i detrattori, ha sbagliato anche il processo. Poi arriva Scattone, nel ruolo del giovane imputato più taciturno e misterioso; si toglie la giacca, rimane al solito in maglietta polo chiara, sorride per una frazione di secondo, poi si gira e sta zitto. Un altro minuto e anche Ferraro si siede sul banco degli imputati. Anzi non si siede affatto, gira avanti e indietro in quel metro quadrato, parla con tutti gli avvocati della difesa che gli capitano sottomano, sempre con a dieci centimetri il fratello; che ha lo stesso fisico e lo stesso completo blu, solo che son più scure la stoffa e la faccia. Ferraro è uno di quegli imputati che parlano molto, che cercano di impressionare, divertire, sedurre. Anche quelli spesso previsti nel filone giudiziario hollywoodiano. Per questo guarda spesso il suo pubblico, ovviamente ricambiato. E ignorato solo momentaneamente quando entra il pm Carlo Lasperanza. Anche lui, come Ormanni, criticato per la conduzione del processo; anche lui a suo agio nella parte, quella dell'assistente procuratore distrettuale giovane e motivatis- simo a portare a casa condanne. Anzi, Lasperanza strafa: nessun «assistant DA», neanche nei vecchi film sul genere «Animal House», viene mai filmato mentre*al|fj$l!j3n aula prima di una sentenza importante coi Ray-ban sugli occhi. Casomai li Wj«e dogjksjJli però no^sisa Lasperanza vuole mostrare sicurezza, o nonchalance, o qualcosa. Sorride alla platea mentre cammina, va a sedersi accanto a Ormanni; si mettono a parlare, non guardano da nessuna parte. Intanto, Scattone continua a stare fermo, a fissare davanti a sé, a parlare col suo avvocato Manfredo Rossi. Alla fine, cinque minuti prima dell'arrivo della Corte, l'ipercinetico Ferraro fa un gesto più meridionale che hollywoodiano: va da lui, gli parla per qualche secondo, e gli dà un buffetto. Da quel momento, l'atmosfera torna dall'America in Italia. Per l'avvocato che tiene abbracciato Scattone; per il presidente che legge la sentenza con voce afona e tutti impazziscono per capire; per le mimiche facciali al momento del verdetto. Scattone che agita per la prima volta la testa quando si rende conto che 1 hanno riconosciuto colpevole; e il suo avvocato che invece, sentendo che è stato riconosciuto l'omicidio colposo, la piega ripetutamente come per dire sì, così va abbastanza bene. E Ferraro che è impegnato in moltissime smorfie, e strabuzzaci occhi; quando sente che la condanna è a quattro anni fa per un istante una faccia sollevata, poi però si ridedica alle smorfie, esprimendo dignità ferita. Subito dopo, il verdetto all'italiana che sistema tutto e fa lamentare tutti scatena altre reazioni; italiane pure quelle, forse inevitabili. Ormanni si mette a parlare nel cellulare; Lasperanza si mette a parlare con gli amici seduti dietro, sorridente come se gli avessero appena regalato una Bmw. Gli imputati vanno via dal retro, ed è il momento di avvocati e parenti. Oreste Flamminii, legale dei genitori di Marta Russo, va via platealmente infuriato. Papà Giuseppe Scattone, il più appetito dagli intervistatori, fa obiezioni sulla sentenza ma ha l'aria serena. Gli avvocati dogi i imputati minori vivono il loro momento di gloria, e parlano a manetta coi giornalisti. Un matto grida all'avvocato di Scattone: «Ditelo, ditelo che siete contenti». L'aula si sgombra; tutti, per un motivo o per l'altro, sono perplessi. Ora si aspetta, senza emozione, il seguito. Ma neanche «Marta Russo 2-L'appello», si sa già, sarà un bel film. ■ Il pubblico in aula ascolta la lettura della sentenza del processo per la morte di Marta Russo
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