IL BIVIO DEI BALCANI di Enzo Bettiza

IL BIVIO DEI BALCANI IL BIVIO DEI BALCANI Enzo Bettiza TECNICAMENTE il conflitto caldo tra la Nato e la Serbia sta forse avviandosi alla conclusione e già le controparti, Russia in testa, si preparano ad affrontare il conflitto freddo sul tavolo armistiziale. Certamente i bombardamenti si sono fatti proprio adesso più insistenti, più massicci, a tratti perfino più indiscriminati, creando in molti il dubbio che la cosiddetta «guerra» potrà ancora durare chissà per quanto tempo. Ma si tratta di un'impressione più che altro ottica e acustica. In realtà, i bombardamenti si vanno intensificando di i di pari passo con l'intensifi- carsi delle manovre diplomatiche fra Mosca e Belgrado, mentre Washington e Bruxelles aspettano di d l f sospendere il fuoco non appena Milosevic avrà detto chiaro e tondo di accettare le condizioni del sinedrio G8. Accettare significa innanzi tutto ritirare le truppe dal Kosovo e sospendere le operazioni genocide contro le popolazioni. Il resto, compreso il silenzio delle armi, dovrebbe, secondo la Nato, seguire automaticamente. E' per conseguire in maniera rapida e garantita tale risultato che i governi di prima linea della Nato, inclusi quelli dell'Italia e della Germania, hanno deciso di accelerare i tempi combinando la quantità delle incursioni aeree con la qualità delle trame diplomatiche che russi, europei e americani vanno contemporaneamente tessendo e proponendo a Belgrado. Milosevic, perseguito e delegittimato internazionalmente dalle tremende imputazioni dei tribunale dell'Aia, non ha più che una stra- da davanti a sé: ammorbidire, con l'aiuto negoziale oltreché morale di Mosca, i contorni della sconfìtta e truccare la capitolazione con la vernice di un armistizio consensuale. Probabilmente egli cercherà di cavillare su alcuni degli otto punti del documento G8, che dovrà trasformarsi in una risoluzione Onu, assumendo il valore e il peso di un decreto ecumenico difficilmente contestabile da chi finora contrapponeva la legalità dell'Onu all'arbitrio della Nato. Materie di contenzioso saranno in particolare la composizione della forza di pace, che dovrà proreggere il rientro dei fuggiaschi nel Kosovo, e la consistenza numerica di una residua presen- za militare serba nella regione. Tuttavia non saranno questi gli scogli più ardui. Il più arduo di tutti, non solo per i serbi contingenti? ma per gli stessi occidentali, sarà quello concernente il disarmo dell'Uck kosovaro. L'esercito di liberazione è ormai un esercito vero e un governo virtuale. Non solo. E' anche la truppa di terra, sia pure trasversale, di cui ipocritamente non si dice molto: una truppa che da un pezzo agisce di conserva con l'aviazione occidentale che l'appoggia dall'aria e con i blindati e le artiglierie albanesi che la coprono dalla frontiera di Kukes. Il tanto discusso «attacco da terra» è in effetti già in atto contro l'esercito serbo. Il capo dell'Uck, Hashim Thaci, ha dichiarato non a caso che i suoi soldati e la Nato «combattono insieme un solo nemico». Come, quando, perché disarmare questa task force kosovara che potrebbe rivelarsi assai utile nel caso in cui, fallendo i negoziati con Milosevic, anche la Nato dovesse inviare a terra i propri

Persone citate: Hashim Thaci, Kukes, Milosevic