Provenzano, latitanza in malattia di Lirio Abbate
Provenzano, latitanza in malattia Palermo: «Primula rossa» da trentasei anni, cammina aiutandosi con un bastone Provenzano, latitanza in malattia Il Padrino curato in un centro clinico toscano Lirio Abbate PALERMO Ha «festeggiato» 36 anni dì latitanza, Bernardo «Binu» Provenzano, 66 anni, capo di Cosa Nostra, ha brindato nel suo covo segreto alla lunga «irreperibilità» iniziata a Corleone nel maggio del 1963. Oggi alle ricerche dol boss sono impegnati ogni giorno oltre 300 uomini, tra poliziotti e carabinieri, sguinzagliati in ogni zona della Sicilia, oppure seduti ad ascoltare lo conversazioni telefoniche di centinaia di sospettati di favorire la latitanza della «primula rossa». Provenzano ha preso in mano le redini delle cosche siciliane dopo l'arresto di Totò Riina. Da oltre trent'anni l'immagine del capo di Cosa Nostra è nota solo a pochi fedeli. Dalle testimonianze raccolte dagli investigatori, «Binu» avrebbe un aspetto diverso da quello conosciuto dalle vecchie foto segnaletiche e dall'idontikit realizzato al computer un anno fa dai carabinieri. Il lxiss, j>er motivi di salute, si servirebbe di un bastone per camminare, e nei mesi scorsi sarebbe slato curato in un contro clinico di pediatria in Toscana che ha raggiunto grazie allo numerose coperture di cui gode in tutto il territorio nazionale. Il vecchio latitante avrebbe quindi problemi di deambulazione, ma gestirebbe ancora bene le sorti politico-fìconomicho di Cosa Nostra, favorendo le trattative diplomatiche a quelle delle armi. Provenzano ha una compagna, Benedetta Saveria Palaz/.olo, 57 anni, una ex camiciaia di Cinisi, dalla quale ha avuto due figli, uno dei quali, Angelo, 29 anni, è titolare dell'agenzia palermitana di una assicurazione tedesca, l'altro è uno studente universitario. Saveria Palazzolo, invece, dalla sartoria 6 passata all'imprenditoria. La donna, infatti, è titolare di numerose quote societarie di imprese edilizie e di «servizi» che negli anni scorsi si sono aggiudicato' appalti pubblici nelle varie province siciliane. Nonostante ciò, a casa Provenzano, a Corlcone, non è ancora arrivato il telefono. La lamiglia del boss latitante non è un'abbonata Telecom. «Binu» Provenza- no, la moglie ed i figli sono rimasti nascosti per oltre vent'anni. Nell'aprile del '92 arrivò improvvisamente la decisione di tornare a Corlcone, il paese d'origine. La donna si presentò ai carabinieri, chiese di parlare col capitano dei carabinieri, poi gli spiegò chi fosse e chi fossero quei due giovani che l'accompagnavano: due ragazzi dall'italiano un po' incerto e dal tedesco sicuro. Un particolare che sembrerebbe provare che i Provenzano hanno trascorso tanti anni «emigrati» in Germa¬ nia. A Bernardo Provenzano sono intestati decine di processi. Deve scontare un ergastolo per l'uccisione del capitano dei carabinieri Emanuele Basile, mentre altri 10 anni gli sono stati inflitti al maxi processo. La storia di Provenzano è inscindibile da quella di Liggio e Riina. Spiega Tommaso Buscetta: «Itiina era molto più intelligente di Provenzano. Ricordo che nel 1970 Totò fu indicato da Liggio per sostituirlo nella commissione, ma subito dopo Liggio lo tolse e promosse l'al¬ tro suo pupillo, Bernardo Provenzano». «Liggio - spiega Totuccio Contorno - si sarebbe fidato più di Provenzano, ma diceva anche: Provenzano spara come un dio, peccato che abbia il cervello da gallina. Riina vorrebbe dare morsi più grandi della sua bocca». Alcuni dei pentiti più informati, per esempio Drago, Marchese, Di Maggio, Mutolo, non hanno mai saputo nulla di preciso sul suo conto: casa, covi, punti di riferimento sul territorio, prestanomi. Provenzano non fa confidenze neppure ai fedelissimi. Lui chiama, lui convoca, lui fissa posti o modalità di incontro. L'ultima apparizione di Provenzano ad un vertice di mafia di cui si aveva notizia, risale a pochi giorni prima della cattura di Riina. I carabinieri del Ros, che per anni si sono occupati delle indagini, sono arrivati un paio di volte vicino all'arresto del latitante, poi fallito per «incidenti di percorso». Adesso se ne occupa pure la polizia, ma il loro lavoro è condotto in autonomia.
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