Il Sudan: vogliamo la pace con gli Usa

Il Sudan: vogliamo la pace con gli Usa Il ministro degli Esteri a Roma: mediazione italiana anche per porre fine alla guerra civile Il Sudan: vogliamo la pace con gli Usa Primo passo, la firma del trattato sulle armi chimiche Maurizio Mollnari ROMA Khartoum ha firmato il trattato per la messa al bando delle armi chimiche accogliendo una delle condizioni che Washington aveva posto per rivedere la politica di sanzioni contro il Sudan, accusato di foraggiare il terrorismo e di voler acquisire armi di distruzione di massa. Il ministro degli Esteri sudanese, Mustafa Osman Ismail, ha annunciato «la firma avvenuta giovedì» nel corso di un incontro con il sottosegretario agli Esteri per l'Africa, Rino Serri. «Gli americani ci hanno chiesto di firmare questo trattato ma noi lo abbiamo fatto solo dopo l'intervento formale della diplomazia europea e in particolare italiana», ha detto il ministro sudanese a Serri, facendo riferimento a una lettera che era stata inviata a Kartoum dal sottosegretario di Stato Usa, Thomas Pickering. Per Mustafa, la sigla del trattato è un'apertura agli Stati Uniti che ricambia la decisione di un mese fa del Tesoro americano di scongelare i 24 milioni di dollari del proprietario della fabbrica Al-Shifa: «Un gesto con cui Washington ha riconosciuto l'errore fatto quando la bombardò, ritenendola un impianto per la produzione di armi chimiche, nell'agosto 1998». «Non rinunciamo tuttavia - ha tenuto a precisare Mustafa - a chiedere che una missione dell'Orni valuti i danni subiti che devono essere risarciti». Negli incontri avuti alla Farnesina con Serri, il ministro sudanese ha compiuto altri tre passi nel tentativo di «aprire una nuova stagione di rapporti con l'Europa e l'Occidente». Primo: ha annunciato la firma della convenzione della Lega Araba contro il terrorismo «cui seguiranno le firme su tutti gli altri trattati internazionali in materia». Secondo: ha auspicato il «successo del pro¬ cesso di pace fra arabi e israeliani basato sugli accordi di Madrid del 1991 », sottolineando che «il Sudan è pronto a stabilire normali relazioni con Israele quando sarà raggiunta una pace giusta con i palestinesi e con tutti i Paesi arabi confinanti». Terzo: ha confermato la linea del sostegno al negoziato per porre fine alla guerra fra Eritrea ed Etiopia, in raccordo con l'Italia. Durante la conferenza stampa Mustafa ha respinto le accuse di tolleranza nei confronti dello schiavismo sollevate contro il Sudan da alcune organizzazioni umanitarie cristiane. «Da noi non c'è tratta degli schiavi - ha detto - si tratta di singoli episodi di sequestri nell'ambito di decennali guerre tribali». Di tutto questo Mustafa Osman Ismail parlerà nelle prossime tappe del viaggio europeo a Madrid, Bonn e Parigi. Ma la sosta romana è servita per rafforzare il rapporto privilegiato con l'Italia, che aspira adesso a giocare un ruolo nel negoziato fra Khartoum e la guerriglia dell'Esercito di liberazione popolare sudanese di John Garang. «Chiediamo subito il cessate-il-fuoco e poi un periodo interinale in vista di un referendum nelle regioni del Sud - ha detto Mustafa - e se dovesse vincere l'indipendenza siamo pronti a convi¬ vere con la nuova entità, perché bisogna evitare il rischio che esploda un nuovo Ruanda e trasformare il 1999 nell'anno della pace». La Farnesina ritiene che spetti a John Garang il prossimo passo, e non si esclude un ruolo di mediazione da parte della Comunità di Sant'Egidio per favorire l'incontro fra la guerriglia ed il governo. 11 fatto che Khartoum abbia scelto l'Italia per lanciare il messaggio a Washington conferma il ruolo di Roma come crocevia dei rapporti fra l'Occidente e gli «Stati terroristi» già emerso in occasione dei ripetuti, contatti di emissari americani e britannici con i libici.

Persone citate: John Garang, Maurizio Mollnari, Mustafa Osman Ismail, Rino Serri, Thomas Pickering