SUL FILO DELLA MEMORIA di Renato Scagliola

SUL FILO DELLA MEMORIA di Renato Scagliola SUL FILO DELLA MEMORIA di Renato Scagliola REAGLIE ANTEGUERRA Villeggiatura nella cascina Druetto con Vasino dello zio Carlo IN campagna a Reaglie nel 1938, memoria del torinese Giovanni Bosco. «A due passi dalla grande città, la dolce località bella di nome e di fatto, dona il lieto vivere, nell'armonia della natura, in tutte le stagioni nei verde della collina. I nonni materni erano approdati nel sito di villa Druetto, per assumere l'incarico di mezzadri, la proprietà era a due chilometri dal centro paese, quasi sotto ai tralicci dell'Eremo e l'ultimo tratto bisognava farlo a piedi, la vecchia corriera ci lasciava davanti alla chiesa, l'arrampicata era da alpini. Circondata da piante ornamentali lussureggianti, più ih là piante da fruttai vigne, prati; terreni da semina, con molto lavoro i nonni avevano allevato . una famiglia con 8 figli, 4 i maschi, per avere aiuto nel lavoro agricolo e far là stalla. La signova Tommasini, anziana e senza figli era la padrona del maniero, e faceva capire che avrebbe poi lasciato il tutto ai figli che benediceva, avendoli visti nascere e crescere in santità di spirito, e volenterosi, e ubbidienti nel lavoro nei campi. La grande dimora si popolava d'estate di famiglie benestanti, che a quei tempi potevano già permettersi la vacanza a pochi passi dalla città, e godere del fresco, aria buona vita salubre tra alberi da frutta. Di queste persone ricordo il signor Vittorio che aveva la passione per la fotografia, o tota Vigia che parlava sempre di sport; tutta gente brava e andavano tutto d'accordo. Mia mamma rimasta vedova, era felice di riportarci nel suo territorio, e spesso ci lasciava io e mia sorella dai nonni, però noi non capivamo questa trasferta in un posto così brutto, senza comodità, con parenti che ti sgridavano continuamente di non toccare la frutta, di non spaventare i pulcini, di non stanare il cane; quando saliva Roberta allora sì che i giochi filavano e lì mi piaceva, ma più delle volte mi annoiava. Nelle grandi feste, anche in inverno si pranzava fuori nell'aria, il sole basso batteva contro la collina e dava il tepore per il pranzo, e per l'occasione si cuoceva il galletto od il coniglio della ditta, poi dal belvedere il signor Vittorio installava il cannocchiale per vedere chiaro le persone a distanza nel paese, più tardi una radio galena trasmetteva musica. Nei saloni grandi e freddi della padrona non si poteva accedere, quindi avevamo una cucina con focolare, ed una porta dava nella stalla, dal soffitto pendevano i rotolini di vischio per catturare le mosche attirate dall'asinelio, la mucca e la pecora, che si facevano buona compagnia tra la paglia; ogni tanto portavo uno zuccherino, o del sale, o dell'erba e le sgridate solenni, che la mucca si lasciava mungere solo da zia Francesca, all'asinelio badava zio Carlo che sognava invece di poter guidare un bel cavallino di razza, come ora i giovani sognano il «cabrio». Fuori il pozzo pescava l'acqua in profondità; sopra 5-6 camere fredde coi letti altissimi da arrampicarsi e sperare di non cadere, in fondo una grande cesta per quel pane contadino, colma di forme grandi che dovevano conservarsi per tutto il mese; il nonno saliva al Pino e scambia- va farina per le provviste, col carretto; la domenica era santificata con la Messa. Il -nonno voleva bene al mio asino, l'aveva comperato alla fiera per poco, gli serviva per tutti i lavori domestici, lo puliva, gli parlava, lo accarezzava era fiero di possederlo, lo zio non tanto, pensava al cavallo agile anche per far colpo sulle ragazze, e questo sogno, più tardi diventerà una realtà; finita con la guerra. Durante l'estate ì grandi saloni si aprivano, ed i grandi quadri, i ricchi mobili barocchi erano a disposizione di tutti noi, ed in quel periodo si assisteva alla fusione della nobiltà e la plebe. Una domenica vedemmo scendere a valle il carretto per prelevare del materiale, il freno faceva slittare le ruote sulla stradina informe, i grandi continuavano la partito «die bocce, le donne a pulire, ì ragazzi ai loro giochi, le galline esultavano dal loro pollaio. Poi venne l'ora del pranzo, ma bisognava attendere l'arrivo . del carro, staccare la bestia, abbeverarla, scaricare. Dal belvedere tutti ad osservare il lento procedere del ritorno; la bestia, benché tale, conosceva ogni curva, ogni bivio, ogni tanto, perché in salita, si fermava a prendere fiato e ripartiva, lo zio aveva un po' fretta per uscire con la sua Michelina, e lasciava meno spazio al riposo, l'asino stanco per il carico e la salita procedeva piano, sino a raggiungere con la mulattiera finale, lo zio dava calci alle piètre, fra 10 minuti saremo tutti a tavola poi la siesta. Cosa succede che non arriva? L'ultimò tratto ora il trattore ingranerebbe la prima, in quel frangente almeno due persone avrebbero dovuto spingere il carro per aiutare l'animale invece non era così, la povera bestia invecchiava, il peso era eccessivo, ci eravamo spostati lungo il bordo del muretto per assistere l'ultimo tratto finale; il più impervio, più duro ma nel più bello del finale, quando con uno slancio di trotto superava gli ultimi metri, eccoti che l'asino si trasforma in mulo, piantato lì con le 4 zampe, fermo. Lo zio giovanotto consulta l'orologio, poi giù una bestemmia, uno strappone, un colpo di frusta, niente l'asino faceva sciopero, si ribellava, voleva far comprendere che era troppo; maltrattato non rispondeva, mostrava i denti pieni di bava, il padrone imprecava, scalciava, ma non riusciva a farsi servire. Allora, attratto dal vociare, il vecchio patriarca posò i suoi arnesi e scese in aiuto, rimproverò il figlio mandandolo a quel paese, prese la sua bestia accarezzandola e calmandola con la sua presenza, e parlando come avésso un amico, dolcemente e piano. Passò un paio di minuti poi mollati i freni, eccolo impegnato nello sforzo finale e di slancio nell'aia, nonno esultante tra i battimani generali, ed i ragli di contentezza per aver servito il suo vero padrone, tutti applaudivano, l'asino in stalla alla sua biada, tutti a lavarsi le mani, tutti a sedersi al lungo tavolo di cemento, per il pranzo domenicale, e noi bimbi a ricevere una lezione di alta educazione, verso un animale umile ma devoto, tanto che pure nostro Signore ebbe a servirsene! Nellajbto mni/xigna piemontese negli/\ntu40 (foloarchmo La Stampa)

Persone citate: Druetto, Giovanni Bosco, Renato Scagliola, Tommasini, Vasino