FERRANDINO: COM'È' MOLLE IL VENTRE DI NAPOLI di Lorenzo Mondo

FERRANDINO: COM'È' MOLLE IL VENTRE DI NAPOLI FERRANDINO: COM'È' MOLLE IL VENTRE DI NAPOLI Dopo «Pericle il Nero» arriva il detective Pentecoste IL RISPETTO Giuseppe Ferrandino Adelphi pp. 120 L. 20.000 VECCHI quartieri di Napoli, con la gestualità pittoresca della poveraglia, con le maghe fitte di una criminalità antica che adotta nuovi commerci, tecniche e strategie. I camorristi, chiamati preferibimente guappi, per rendere meglio la braveria, la voglia di comparire, la spasimante affermazione di sé. Era l'aria di Pericle il Nero, il primo romanzo di Giuseppe Ferrandino. Un libro dal ritmo secco e incalzante, dove l'oltranza dell'efferatezza e della turpitudine si apriva, nel protagonista, a insospettabili refoli di tenerezza. Adesso, di Ferrandino, esce un nuovo romanzo, 27 rispetto (ovvero Pino Pentecoste contro i guappi). Questo Pentecoste è un investigatore privato e l'autore ci fa sapere che lo vedremo ricomparire in una serie di romanzi. Ma non bisogna pensare, stando a quello che ci viene qui proposto, che Ferrandino sia allettato dal successo di altre «detective stories» come quelle di Vasquez Montalbàn e Carnilleri. Diverse sono le caratteristiche e le funzioni del suo «eroe». Come ammette lo stesso Pentecoste (il romanzo è in prima persona e segnato da un forte timbro di oralità) si occupa perlopiù di cornuti e cornute: una attività tranquilla, divertente e, date le sue capacità conciliatrici, nobilitante, come se praticasse cura d'anime. Afferma di stare dalla parte della legalità, di seguire addirittura i dettami della coscienza, ma in realtà vive in una terra di nessuno, per necessità e anche per scetticismo. La sua sola preoccupazione è di non perdere il rispetto, che è poi la legge primaria del mondo in cui vive. Cosa tanto più difficile in quanto lui è fondamentalmente mite e forse, nell'intimo, un poco vigliacco. Sicché il maggior successo nell'apparire «uomo» lo ottiene soddisfacendo le brame furibonde della sua amica puttana, prendendosi a botte con un commissario di polizia. Un uomo senza visibili qualità che si trova invischiato per equivoco in una lotta di clan Capita dunque che quest'uomo senza visibili qualità si trovi invischiato, per equivoco, in una lotta di clan che si contendono un costoso cavallo rubatoDove è questione di bottino, ma anche di sfregi, ripicche e vendette. L'originalità del libro sta nel fatto che questo detective da strapazzo non capisce nientenel «giallo» che lo investe non agisce ma viene agito. Nel suo ufficio è un succedersi di persone che lo interrogano, gli offrono denaro e vogliono fargli la pelle. Ne viene a capo attraverso le smozzicate confidenze dun commissario, di un prete, duna combriccola di malavitosiIn tanta precarietà cerca soltanto di mostrarsi all'altezza, dimbastire una continua recita Capita dunque che quest'uomo senza visibili qualità si trovi invischiato, per equivoco, in una lotta di clan che si contendono un costoso cavallo rubato. Dove è questione di bottino, ma anche di sfregi, ripicche e vendette. L'originalità del libro sta nel fatto che questo detective da strapazzo non capisce niente, nel «giallo» che lo investe non agisce ma viene agito. Nel suo ufficio è un succedersi di persone che lo interrogano, gli offrono denaro e vogliono fargli la pelle. Ne viene a capo attraverso le smozzicate confidenze di un commissario, di un prete, di una combriccola di malavitosi. In tanta precarietà cerca soltanto di mostrarsi all'altezza, di imbastire una continua recita, che comincia dalla mimica fac ciale: «Io l'ho guardato. Lui mi ha guardato. Io ho corrucciato gli occhi. Lui non ha smosso di un millimetro i suoi. Allora prima ho finto di sorridere, e lui ancora non ha battuto ciglio: poi ho fatto una smorfia di spregio e lui nix, fermo come un bue...». Questa costrizione al duello, che lo porta a movimentate fughe sui letti, nasce dal rifiuto di essere considerato «un mazzo di scarola in mezzo al bailamme». E' una ossessione che non risparmia nessuno e raggiunge punte deliranti. Si può provare mortificazione a prevalere su un personaggio notoriamente in gamba perché viene il dubbio che fosse sopravvalutato. E resta comunque un fondo eli malinconia per avere sovvertito, casualmente, fraudolentemente, regole certe di vita. Non è che non accadano cose nel romanzo, arrivano puntuali anche i morti ammazzati, ma resta alla fine una impressioni' di staticità, si gira intorno a quella monomania che è un dato unificante ma anche limitante. Come se l'autore avesse intrapreso a darci, per campioni, una serie di quadri sui «costumi» del ventre di Napoli. Certo Ferrandino diverte e si diverte nell'atteggiare figurine, nell'escogitare trucchi ingegnosi e capziosi, e soprattutto nel maneggiare una lingua tutta sprezzature dialettali e gergali. Pentecoste ne è insufflato, come vuole il suo nome, ma dal basso, dalle latebre di una napoletanità tristemente loquace. In questo realizza il suo modico capodopera. Per vederlo impegnato più a fondo lo aspettiamo al varco delle altre, promesse avventure. Lorenzo Mondo Un uomo senza visibili qualità che si trova invischiato per equivoco in una lotta di clan

Persone citate: Di Napoli, Ferrandino, Giuseppe Ferrandino, Pino Pentecoste, Vasquez

Luoghi citati: Napoli