MONTE FOSCHI : LUCI E OMBRE DEI PARIOLI di Sergio Pent
MONTE FOSCHI : LUCI E OMBRE DEI PARIOLI MONTE FOSCHI : LUCI E OMBRE DEI PARIOLI NON DESIDERARE LA DONNA Giorgio Montefoschi Rizzo/i p 257 L. 29.000 I aggiunge una nuova puntata sommessa, discreta - alla recherche sentimentale dei Parioli. Montefoschi, vero e proprio flàneur del mal d'amore a livelli visceral-narcisistici, torna per raccontarci di altre vite comode e un po' esiliate dal mondo che si dibatte in più pratiche e faticose inquietudini. Nell'indorato limbo borghese delle sue trame coraggiosamente appese al filo di un'ipotesi che si dipana sempre con calcolata leggerezza - i personaggi accentratori rivestono i consueti ruoli ovattati, lasciandosi vivere in una quieta deriva dalla quale si scansano - al più - per cambiar residenza - ma sempre «in zona» - o partner. Una certezza c'è, nei romanzi di Montefoschi: i traumi subiti o voluti dai suoi protagonisti, rimangono innanzitutto patrimonio dell'autore; dialoghi, silenzi, schermaglie d'amore, costringono il lettore a superare con cautela la barriera delle dolenze private, perché le varie situazioni - presentate come «normali» eppure privilegiate diventano talvolta distacco dalla realtà, tanto da aver l'impressione un po' voyeuristica - di sbirciare dalle finestre di una bella villa sconosciuta. Se La felicità coniugale, La terza donna o Lo sgtuirdo del cacciatore godevano di un impianto più ricercato e di una tenuta narrativa promossa da qualche azzardo strutturale, in quest'ultimo romanzo - e in altri - abbiamo sempre covato l'impressione che il buon Giorgio dipinga con estremo piacere ciò che gli capita nello sguardo voltandosi in giro per gli arredi di casa, o affacciandosi al balcone a immaginare dove siano dirette le belle gambe di una donzella di passaggio e - di conseguenza - in quale letto si infilerà a giocar d'amore e di problematiche psicanalitiche col suo virgulto virile. Anche qui tutto si muove, con cautela, sull'onda delle luci e delle ombre dei salotti: il raggio di sole che percorre il cristallo di un bicchiere, la gonna abbandonata sul divano,, il caldo e il freddo delle stagioni romane, i dialoghi che - lenti, quasi casuali - sanciscono, in una specie di afonica incomunicabilità, i momenti determinanti delle esistenze. Pietro Callieri, funzionario del ministero degli Esteri, lascia l'amante Adriana perché segretamente innamorato di Giulia, fresca sposa del suo grande amico Guido. Tra una panoramica romana d'elite e l'altra - Montefoschi adora ripercorrere gli angoli del suo mondo, come un signorile padrone di casa - Pietro e Giulia si parlano, si pensano, si frugano. Li ritroviamo sposati e genitori, ma la musica non cambiaLa donna d'altri adesso è diventata una moglie un po' asfissiante, fuori moda, perché la monotonia è un'ottima arma da suicidio. A Vienna Pietro conosce Irene, anch'essa moglie altrui, riprende daccapo la danza delle parole abbozzate, dei silenzi, dei ripensamenti che comunque avvengono dopo «il peccato. Irene toma in Francia dal marito dopo un paio di rapide parentesi romane questa volta il peccato è stato solo veniale - anche se tra Giuba e Pietro sanciscono, in una specie di afonica incomunicabilità, i momenti determinanti delle esistenze. Pietro Callieri, funzionario del ministero degli Esteri, lascia l'amante Adriana perché segretamente innamorato di Giulia, fresca sposa del suo grande amico Guido. Tra una panoramica romana d'elite e l'altra - Montefoschi adora ripercorrere gli angoli del suo mondo, come un signorile padrone di casa - Pietro e Giulia si parlano, si pensano, si frugano. Li ritroviamo sposati e genitori, ma la musica non cambia. La donna d'altri adesso è diventata una moglie un po' asfissiante, fuori moda, perché la monotonia è un'ottima arma da suicidio. A Vienna Pietro conosce Irene, anch'essa moglie altrui, riprende daccapo la danza delle parole abbozzate, dei silenzi, dei ripensamenti che comunque avvengono dopo «il peccato. Irene toma in Francia dal marito dopo un paio di rapide parentesi romane questa volta il peccato è stato solo veniale - anche se tra Giuba e Pietro ormai siamo alla frutta. Ricompare in scena pure Guido, amico come sempre, ma solo per il tempo di confessare un mal di cuore e rimanerne vittima, in una scena struggente nella sua calibrata essenzialità. Pochi mesi più tardi, assistendo insieme all'opera II cavaliere delle rose, a Vienna, i coniugi Callieri provano a tornare quietamente all'ovile. Fino alla prossima, chissà. L'impalpabilità con cui Montefoschi isola dal contesto sociale queste figure eleganti negli abiti del loro disimpegno, supera con disinvoltura - e con mestiere - il rischio di ingabbiare la narrazione, che si ripropone costante - su toni decadenti, quasi suggeriti - per tutto il romanzo, dove a farla da padrone sono gli oggetti inanimati di una quotidianità casalinga da esposizione, mentre le persone si trastullano con le loro iiTequietudini di cuore. Occorre quindi immaginarsi in un ipotetico, silenzioso «altrove», per abbandonarsi alla lettura e farsi coinvolgere - e convincere - da questa parabola borghese con finale vagamente moralistico. A conti fatti sembra che, anche in questo nuovo capitolo della recherche, nessuno creda in qualcosa, al di là di se stesso e dei propri - esasperati gesti d'amore. Tutto cambia perché tutto resti come prima, in un trasparente comunicato stampa dell'autore. Veleggiamo in una bonaccia esclusiva in cui la profondità dei sentimenti viene espressa dai protagonisti a livelli egocentrici: un egocentrismo che - di conseguenza non sempre riesce a scalare le eventuali vette emotive necessarie per giustificare i cambi di prospettiva dell'esistenza e dell'amore. Sergio Pent
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