D'ANNUNZIO REINVENTO' L'ELLADE IN VERSILIA

D'ANNUNZIO REINVENTO' L'ELLADE IN VERSILIA Il ii.swr.Rrr. D'ANNUNZIO REINVENTO' L'ELLADE IN VERSILIA Vedutista--visionario, un demiurgo deWirreale D'ANNUNZIO E LA VERSILIA Versitìana Marina di Pietrasanta dal 27 moggio al 5 settembre A cura di Marina Andreoli ELL'OFFICINA EL VATE, ON L'ALCYONE ARANNO una mostra e un convegno a ricordare l'importanza a Versilia dannunziana. Una mostra a a di Anna Maria Andreoli, che verrà ugurata il 27 maggio alla Versi liana di rina di Pietrasanta e che resterà na fino al 5 settembre. Un convegno Alcjorte, che verrà a sua volta ugurato il 27 maggio al Palazzo della vincia di Lucca per proseguire sso il «Centro Culturale Luigi Russo» ietrasanta con la partecipazione di lti studiosi, tra cui Ezio Raimondi, tro Cibellini, Marco Santagata, erto Bertoni, Giorgio Zanetti, ssana Bossaglia, la stessa Andreoli e sare Garboli, coordinatore e ponsabile scientifico dell'intero ogetto. Dopo la stagione romana tra etismo ed erotismo, tra languori ecrepuscolari e suggestioni peromistiche, il tempo in cui Annunzio vive in Toscana (dal 1696 al 10) è forse il più pieno. E'il tempo la Francesca da Rimini( 1901 ). della lia di Iorio (1904). delle Laudi e tra este Alcyone( 1904). Il nuovo signore e vive sui colli fiorentini con Eleonora use nella dimora della «Capponcina» a ttignano e che da Settignano getta I sui nti estivi in una Versilia ancora vaggia e remota. Ma poiché la realtà n è mai senza controcanto, tra abiti ercati e magnifici arredi, tra bardature uine e prime edizioni, la mostra nsentirà di gettare uno sguardo rioso nell'officina del poeta: cabolari, guide, abbozzi, varianti e che carteggi domestici, coma quelli ambiati con l'unico Annibale ennero™ o con il segretario Benigno lmerio. Al «caro Benigno» il compito procurare libri, ma anche oggetti e barie, di mandar denaro. All'esatto artiacque del secolo già incombe il sordine finanziario. Braccato da editori determinati, il «favolatore nato» della Versilia sarà costrettomeno per un po'-a meno favolosi ggiorni, prima a Parigi, poi ad rcachon. Giovanni Testo «che presiede alle curve delle onde sulla sabbia, guida le linee segnate dall'onda su la sabbia della riva». Provvisto dei suoi celebri dizionari (dall'Onomasticon del Porcellini, in cui si trova anche Ermione, al Vocabolario marino e militare del Guglielmotti al Tommaseo-Belli-HANNO scritto e riscritto i grandi commentatori di Alcione, da Contini alla Nòferi: la Versilia dannunziana - con tutto quello che vi si incontra, con tutte le sue vedute e i suoi cammelli, e i marmi «immuni», le «selve aromali», le «amarulente» fragranze - è «cronaca sollevata in aria di mito», nella Versilia (questo luogo che scivola in altri luogi, dagli Abruzzi all'«adriatico fiore succiso», cioè a Capodistria staccata dalla madrepatria) D'Annunzio vede innanzitutto l'altro luogo per elezione, l'antica e favolosa Eliade che nessun poeta moderno potrebbe ricreare in nessun poema. E tal trasfigurazione da cose a miti, da realtà a irrealtà, è una costante dell'arte e del vedutismo dannunziani. Non solo Venezia nel Fuoco, con il cielo «sparso di leggeri vapori rosei e violetti», simile a «un mare glauco popolato di meduse»; o la Venezia del Notturno, «città d'oltre mondo bagnata dal Lete o dall'Averno, piena di nebbia come una vasca è piena d'acqua opalina»; ma anche Roma sotto la neve, nel Piacere, visibile «di lungi per un irradiamento chimerico» delle sue forme; la piazza del Quirinale «ampliata dal candore» e «raggiante come un'acropoli olimpica»; e la Roma nelle Vergini, «terribile come un cratere», «immensa nuvola grigia»: l'imporsi di quest'ordine di immagini non ha nulla a che fare con il mondo naturale. Ciò che si vede, e che la letteratura ha visto e ricordato per secoli, la natura e l'orizzonte del visibile, cade dietro le quinte, e ciò che nessuno aveva mai visto, l'irreale e l'irrapresentabile, si mostra in primo piano. Non per nulla questo D'Annunzio vedutista-visionario sembrò a James Joyce, studente all'University College di Dublino, un grande sperimentatore: se non addirittura di epifanie secondo la stessa definizione joyciana: l'improvvisa rivelazione della qualità di una cosa, il momento in cui «l'anima dell'oggetto più comune ci appare radiante» - quanto meno di altri mondi, mondi-copia in cui la natura (le montagne, i mari, i fiori dell'arte classica e romantica) è diminuita se non estinta. Anche la Versilia-Eliade di Alcione è un altro mondo: l'isoletta «intra du' Arni» è l'isola di Progne «ove sorridi ai gridi/della rondine trace»; l'Alpe sublime, cioè l'Alpe di Luni, è «rupe che s'infutura» e «materia prometèa»; nella selva «che piange il suo pianto aromale», cioè la pineta del Gombo, tra «l'inesorabile chiostra» dei monti e il mare, Niobe alza il suo grido disperato; sul lido deserto echeggia «la vasta bùccina trìtonia»; D'Annunzio stesso, che in un'esistenza anteriore fu il dio marino Glauco, ora supplica che lo si restituisca agli abissi; e uscito dall'acqua al crepuscolo, dopo un comunissimo bagno, sdraiato fra gli oleandri vede non la Versilia ma Siracusa, anzi Achradina o Ortigia e il capo Plemmirio descritto da Tucidide, e gli ellesponti, i golfi, le isole, gli arcipelaghi, le sirti, e ancora, le orme dei corvi sono segni di sibille; la vai di Magra è avvolta nell'«immensa pace Urania» e Undulna è una dea Bollati Boringhieri Bollali Boringhieri editore ioni Torino corso Vittorio Emanuele 11, 86 te!. 011.5591711 fax 011.543024 GDe VpGGTpPLTpDMSpLPLdNp2CIdFeNpSCLpSOa «che presiede alle curve delle onde sulla sabbia, guida le linee segnate dall'onda su la sabbia della riva». Provvisto dei suoi celebri dizionari (dall'Onomasticon del Porcellini, in cui si trova anche Ermione, al Vocabolario marino e militare del Guglielmotti al Tommaseo-Belli- ni), e passeggiando e prendendo appunti a Marina di Pietrasanta, da un presente non mitico, definito innanzitutto da «un acuto senso di privazione» (Nòferi), D'Annunzio si avvicina linguisticamente - Leopardi avrebbe detto «sentimentalmente» - ai miti perduti dell'Eliade. Nessun poeta moderno potrà fare altro, o di più,, Ma con questa volontà di appropriazione e contaminazione, D'Annunzio crea effettivamente un altro luogo, né Versilia né Eliade, simile a quei luoghi suscitati «teurgicamente» nel Piacere, nel Fuoco, nelle Vergini, nella Leda, nel Venturiero, al cui terribile fascino di copie è impossibile sottrarsi, e a cui è vano opporre una qualche sopravvivente fedeltà agli originali. Giorgio Picara Uscito dalTacqua al crepuscolo, vede Siracusa, anzi Achradina o Ortigia, e le orme dei corvi sono segni di sibille Gabriele D'Annunzio in Versilia, tra fine Ottocento e inizio secolo