«Non ci lasceremo intimorire» di Antonella Rampino

«Non ci lasceremo intimorire» In duecentomila nelle piazze di Roma e Bologna per dire no al ritorno del terrorismo «Non ci lasceremo intimorire» La vedova D'Antona sul palco del sindacato Antonella Rampino ROMA D'Antona era uno di loro. Uno della Cgil, uno che prima di arrivare alla cattedra e alle nuove architetture dello sviluppo, nel sindacato aveva trascorso una vita. «Uno di noi», come dice Marco Rizzo dei Comunisti Italiani, «un amico», come dicono poi tutti, a cominciare da Cofferati e Larizza, e per linire con Alfonso Gianni, alter ego di Bertinotti, che è invece in Sicilia per impegni precedenti, alle prese con la difesa del subcomandante contro una assai dialettica Carol Beebe Tarantelli, vedova dell'economista (e sindacalista) Ezio, assassinato dalle Br. Manifestazione della Triplice a Roma contro il terrorismo, ma non come vent'anni fa, non come dopo il sequestro Moro, quando Lama tuonava con la camicia stazzonata e il pugno battuto sul palco, «... non cederemo al ricatto degli assassini». Oggi le parole sono le stesse, ma gli sguardi sereni, gli striscioni inalberati con abitudinaria fierezza, e niento slogan, decisione presa, spiega Cofferati, «perché oggi siamo qui contro il terrorismo, ma anche per renderò omaggio a un amico morto». E vent'anni fa, vent'anni fa forse ora più semplice capire da quale parte del marciapiede camminare. Oggi, il ricordo di D'Antona si mescola con le notizie, tutte da verificare, di nuove piste per il caso Moro. E cosi in testa al corteo del silenzio, colonna sonora fissa lo strepitio dei fischietti verdi distribuiti dalla Cgil assieme a 50 mila berretti da baseball rossi, i leader si guardano l'.un l'altro. Bassolino rifiuta di parlare del terrorismo d'allora e di oggi, Veltroni dice: «Fare chiarezza sul caso Moro non può che far bene alla democrazia», Cofferati annuisce. Mu tutti si guardano, e cercano Olga. Olga D'Antona al corteo non c'è, il solo di Roma ò mascalzone, picchia sul corteo e lo sorprende a tradimento a ogni momento, quando il vento cala. Arriva però sul palco a piazza del Popolo, e apre il comizio, sotto lo striscione del palco che collega Bologna, la città degli avvertimenti terroristici di questi giorni, a Roma, la città in cui le Br sono passate ai fatti. Ricorda, Olga D'Antona, che «mio marito, il padre di mia figlia» è stato assassinato setto giorni dopo l'elezione di Ciampi, e dice: «Sono venuta in tpiosta piazza con voi per dare un senso positivo alla sua morte, per dare una risposta, per difendere la democrazia». l,a signora Olga sa bene che D'Antona era uno di loro, e lo dice, mentre sventolano le bandiere: «Non ci lasceremo intimorire. Vediamo tutti i giorni quel che uccade in Kosovo: chi vuolo destabilizzare il nostro Paese? Chi non vuol rendersi conto di quanti passi avanti abbiamo fatto?». Walter Veltroni, che fino a piazza del Popolo ha marciato con il corteo, unico leader presente tra i molti strapipati alla testimonianza civile dalla campagna elettorale, ragionava: «Ouosto assassinio come quello di Moro accadi; perché a qualcuno non piace che quella italiana sia finalmente diventata una democrazia moderna, forte, aporta. Ma questo più di quello è un omicidio inutile: non potrà nulla, perché oggi il Paese è incredibilmente più forte di vent'anni fa». E Cofferati, come poi ripeterà nel comizio di chiusura, rifiuta decisamente che si cerchi nei dintorni del mondo del lavoro una pista che porti al terrorismo: «Ogni complicata e sofisticata analisi è inutile, dobbiamo guardare ai fatti». E, a quattr'occhi: «No che non ci credo all'ipotesi che sia in qualche modo coinvolta qualche frangia di sindacato, di nessun tipo. Perché dobbiamo ricordare quello che del terrorismo sappiamo, dal passato: ò gente che non lavorava neppure». Né vale scomodare il Mezzogiorno, il disagio sociale, «cose che si combattono con le politiche economiche e dando fiducia ai governi». Di piste balcaniche neanche a parlar- ne, «ridicolo argomento: si calpestano vite in Kosovo, e per ottenere rispetto di quelle vite se ne mettono a repentaglio altre». Chi sa parli, è il suo ragionamento, oppure si taccia, evitando inutili depistagli. Vent'anni dopo, dunque, con la testa sulle spalle, e comunque in piazza, «perché il terrorismo si combatte con le condanne, ma con la risposta di massa»: allora come oggi, la Cgil valuta in 200 mila i manifestanti che hanno sfilato. Vent'anni dopo, però, se la democrazia è più forte, qualcos'altro è cambiato. Per dirla con Massimo Provenza, cigiellino dell'Orchestra sinfonica .siciliana: «Questa sarebbe una manifestazione unitaria, e invece della Uil si è presentato Larizza con tre bandiere, la Cisl tutta a Bologna con D'Antoni. E quelli della Cisnal, beh, hanno mandato solo un telegramma». «Sono venuta qui Cofferati: non credo per dare un senso positivo alla morte di Massimo e per difendere la democrazia» che sia coinvolta qualche frangia del sindacato I terroristi non lavorano A sinistra Olga D'Antona, vedova di Massimo, mentre parla a Roma A destra il corteo di Bologna