Tobagi, ancora polemica vent'anni dopo

Tobagi, ancora polemica vent'anni dopo Tobagi, ancora polemica vent'anni dopo Nella commemorazione tornano i «mandanti morali» MILANO Dopo 19 armi non è ancora sopita la polemica sui «mandanti morali» dell'omicidio del giornalista del «Corriere della Sera» Walter Tobagi. Gian Luigi Da Rold, ex inviato del quotidiano di via Solferino ed ex vicedirettore della Tgr, durante la cerimonia di ieri al Circolo della Stampa di Milano ha riaperto la polemica, sostenendo che per capire il delitto è necessario riandare a quegli anni al «Corriere». Suscitando un'accesa discussione. Uniche a non parlare sono state la moglie Stella e una dei due figli, quasi mai in precedenza apparse in pubblico. C'erano poi, alla commemorazione, tanti giornalisti, molti ormai in pensione, che condivisero con Tobagi la passione politica e civile di quegli anni lontani e il periodo buio del ter¬ rorismo. Il direttore de). «Corriere», Ferruccio De Bortoli, ha ricordato: «Walter ha capito quegli anni mentre li viveva. Era il migliore tra noi, tra le sue qualità la tolleranza». Il professor Giorgio Rumi ha invece ricordato il Tobagi degli anni dell'università e il suo scrupolo di ricercatore: «Era una giovane speranza dell'intelligenza politica di questo Paese». D più polemico è stato, appunto, Da Rold. «Al Corriere - ha attaccato - c'era un gruppo dirigente, cioè la proprietà, iscritto alla P2, e dall'altra un sindacalismo più a sinistra di Lin Piao e della moglie di Mao. Quando uccisero Walter un collega mi disse che se avessimo tolto dalla risoluzione strategica i passaggi che riguardavano l'omicidio, la parte politica sarebbe stata approvata a grande maggioranza dall'assemblea del Corriere*. Dopo aver ricordato che Tobagi si era schierato contro quel sindacalismo, Da Rold ha affermato: «Oggi al Corriere lo commemorano Walter. L'idea che ci sia anche Giuseppe Giulietti è ima cosa che mi disgusta». Pronta la replcia di Giulietti: «Non sono qua per iscrivere Tobagi ai Ds. Questa polemica sulla mia presenza credo sia una caduta di stile da parte di chi pensa di essere ancora nella giungla a combattere. Sono qua a titolo personale, come giornalista che ha lavorato per ricostruire l'unità del sindacato, insieme anche a quei colleghi che erano stati vicini a Tobagi». Con Giulietti si schiera la Fusi: «E' assurdo e disgustoso - ha dichiarato il segretario nazionale Paolo Serventi Longhi - che ci sia ancora qualcuno che cerca presunti "mandanti morali" all'interno del Corriere per l'assassinio di Tobagi, già ampiamente ri¬ vendicato dai suoi esecutori. La Fnsi ha commemorato l'altro giorno Tobagi nell'anniversario del suo vigliacco assassinio. Era coinvolto tutto il gruppo dirigente del sindacato, nessuno escluso. Per fortuna la quasi totalità dei giornalisti non vuole più sentire assurde polemiche Quanto al giudizio espresso sul collega e parlamentare Giuseppe Giulietti, non vi sono parole per esprimere lo sdegno per una valutazione che riguarda un sindacalista appassionato, serio e responsabile». Solidarietà a Giulietti anche dall'Usigrai «Certe parole dimostrano quanto sia resistente la pianta del settarismo e della faziosità - dice il segretario Roberto Natale -. Da Roald costrmsce false ed infamanti connessioni storiche per alzare di nuovo steccati che i giornalisti italiani hanno da tempo contribuito ad abbattere. Steccati abbattuti anche grazie al contribu- to che Giulietti ha dato al rafforzamento dell'unità della categoria». Gianni Baget Bozzo ha invece sottolineato l'impegno di Tobagi nel volere capire senza allinearsi al conformismo: «Era un eretico che sapeva sfidare l'ortodossia dell'informazione di allora». E ha tracciato un parallelo con i nostri tempi: «Quale giornalista oggi sfiderebbe il politicamente corretto? La passione di essere diversi non esiste più, questa è una società gregaria in cui il dissenso non fa sperare e non emerge». Secondo Baget Bozzo in quegli anni Tobagi, «craxiano quando esserlo era già un marchio», capì che l'ideologia dei terroristi era una contaminazione del pensiero nichilista e di quello marxista: «Prevaleva la volontà di potenza, la distruzione per ricostruire». Un'ideologia alimentata oltre che dai maoisti anche da molti appartenenti al mondo cattolico. Ir. i.]

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