Il libro come bene insostituibile di Giorgio Calcagno

Il libro come bene insostituibile E' morto il presidente della Utet. Era entrato nella casa editrice 47 anni fa come impiegato di terza categoria Il libro come bene insostituibile Gianni Merlini, dall'eredità di Pomba ai cd-rom Giorgio Calcagno TORINO E»] morto in una clinica tori/ nese, per un male di cui soffriva da tempo, l'editore Gianni Merlini, presidente I della Utet e della Fondazione San Paolo di Torino. Avrebbe compiuto 70 anni fra due giorni. La camera ardente sarà allestita oggi nella sede della Utet in corso Raffaello, i funerali domattina alle 10 nella chiesa di Santa Cristina. Gianni Merlini erri nato a Roma; ma quando parlava delle sue origini indicava sempre due altri luoghi, per lui più importanti: Pontremoli, il paese dei librai, da dove veniva la famiglia patema; Torino, la patria della madre, figlia dell'ultimo Pomba. Erano le stelle polari della sua vita, spesa tutta al servizio del libro: anche quando le sue grandi capacità imprenditoriali lo avrebbero proiettato al vertice della più importante compagnia bancaria italiana. A 'Ibrino la famiglia Merlini era venuta assai presto; e lui, nel primo dopoguerra, aveva frequentato 11 liceo D'Azeglio, stringendo amicizia con due compagni di classe che un giorno avrebbe ritrovato come interlocutori della migliore cultura italiana: il critico Pietro Citati (con il quale aveva preparato la maturità), lo storico dell'arte Enrico Castelnuovo. Laureato in giurisprudenza, studente a Harvard in un seminario diretto da Henry Kissinger, Merlini aveva una larga esperienza internazionale, con molti soggiorni in Inghilterra; fu anche dirigente del Movimento federalista europeo, accanto ad Altiero Spinelli. Ma difese il proprio europeismo rimanendo soprattutto a Torino, con il lavoro nel palazzo liberty di corso Raffaello. Era entrato alla Utet, allora diretta dallo zio Carlo Verde, nel 1952, come impiegato di terza categoria, e aveva percorso rapidamente tutti i gradini della scala: direttore editoriale nel 1960, a 41 anni, amministratore delegato nel '69, presidente dal '75. Attento alle nuove esigenze cul- turali della nostra società, e agli aspetti del rinnovamento tecnologico fino ai cd-rom, Merlini aveva sempre cercato di tenere fede allo spirito della grande casa editrice ereditata dai suoi maggiori. Nella residenza sulla collina torinese mostrava con fierezza agli ospiti la fotografia di Giuseppe Pomba, il più glorioso antenato. L'uomo del Risorgimento aveva rilevato l'antica azienda familiare, fondata nel 1791 e, nel 1855, l'aveva trasformata in Utet, dandole uno sviluppo e una diffusione nazionale. Il suo programma era creare buoni libri per tutti, rispondendo alle necessità del sapere scientifico e al bisogno di informazione dei nuovi lettori. Gianni Merlini ha saputo attraversare i nuovi tempi rinnovando progressivamente la casa, senza tradire quei principi. I libri che hanno continuato a uscire dal nipote di Pomba sono stati un servizio per l'Università, per l'alto mondo degli studi, soprattutto di medicina, diritto, economia, architettura; ma hanno garantito anche un sussidio culturale a chi voleva leggere buoni classici, in bolle edizioni; o aggiornarsi con opere enciclopediche, testi di storia, manuali di seria consultazione. Merlini era un uomo schivo, po¬ co portato alle esibizioni mondane, molto legato alla famiglia. Sulla sua scrivania di presidente c'era sempre la foto della moglie, la inglese Madeline Burt, docente di anglistica in Università, e dei tre figli: il primo dei quali, Giancarlo, lavora ormai da anni in casa edi¬ trice, come responsabile della pianificazione. Amava il libro dall'interno, da lettore; e si sentivano, nella sua parsimoniosa conversazione, le buone letture. Poco portato all'oratoria, era soprattutto un ragionatore. li giornalista che andava a intervistarlo non riusciva a strappargli una battuta, ma tornava in redazione con un taccuino denso di giudizi penetranti: erano sempre i più centrati - e consapevoli - sulla situazione del libro e dell'editoria. Per queste sue qualità fu chiamato due volte alla presidenza degli editori italiani. Anche nei momenti più difficili della vita editoriale, e mentre i nuovi mezzi elettronici invadevano il mercato, Merlini sapeva esprimere la sua fiducia in quell'oggetto di carta dove la parola si poteva conservare, leggere, annotare, meditare. «Non credo che l'elettronica cambierà il nostro modo di comunicare», ci disse all'inizio degli anni '80, mentre imperversava una delle ricorrenti crisi. «Il libro resterà sempre insostituibile. Perfino McLuhan, che ha teorizzato la fine del libro, si è dovuto servire del libro per dirlo». La crisi di quegli anni è stata aggirata, Merlini ha potuto festeggiare i due secoli della sua casa editrice nel 1991, davanti al presidente Cossiga e a Spadolini. Ha continuato a operare, con la stessa fiducia, fino a ieri. Si è presentato l'ultima volta nel suo mondo, già malato, per la festa inaugurale della Fiera del libro, a Venaria. Non c'era più Giulio Einaudi; lui non poteva mancare. Gli ospiti che entravano nella reggia andavano verso i tavoli della grande galleria, dove brillavano gli spumanti. Lui si era appartato, in una saletta di fianco, dove aveva trovato un tavolino con alcuni volumi. Era il solo, in quella serata, a festeggiare il libro nel modo più giusto: leggendo. Studente al D'Azeglio con Pietro Citati e Enrico Castelnuovo, ad Harvard seguì i seminari di Henry Kissinger. Fu un pioniere dell'europeismo con Altiero Spinelli Qui accanto una delle redazioni della casa editrice Utet, nella palazzina Liberty di corso Raffaello a Torino. A destra Giovanni Merlini

Luoghi citati: Inghilterra, Roma, Torino, Venaria