Un governo di sinistra meglio dell'ex Dc di Fabio Martini

Un governo di sinistra meglio dell'ex Dc Un governo di sinistra meglio dell'ex Dc La Chiesa senza il suo partito punta sul trasversalismo analisi Fabio Martini ROMA QUEL giorno, davanti al Papa, erano sfilati politici di tutti i partiti, ma alla fine il più deferente era stato un uomo di Botteghe Oscure. Era il 2 maggio, in Vaticano si celebrava la beatificazione di padre Pio e davanti al Papa che salutava le autorità, Marco Minniti si inchinò, facendo il gesto di baciare l'anello pontificio. Certo, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Minniti è cattolico, ma in quel gesto c'è la rappresentazione plastica di un fenomeno sempre più chiaro: scomparsa la de, la Chiesa non ha più interlocutori previlegiati e punta, ben ricambiata, sul trasversalismo. Semmai il paradosso che allieta il Vaticano e la Conferenza Episcopale è un altro: il voto di due giorni fa sulla procreazione assistita conferma che sui temi più delicati, si ottengono più risultati oggi di quando c'era la de. Le prime avvisaglie si erano avute con le iniziative del governo D'Alema sulla scuola privata - per 50 anni intangibile tabù - e ora dopo la votazione dell'altro ieri, «Avvenire» incassa soddisfatto («Voto che interpreta le attese dei più giovani»), mentre ^Osservatore romano» rilancia sulla legge per l'aborto: «Nessuno - scrive il giornale vaticano - è padrone della vita concepita sotto il cuore di una mamma e non saranno le campagne laiciste di stampo fine ottocentesco a far recedere quanti credono nel valore della vita». La scommessa del cardinale Ruini sul trasversalismo sembra dare sempre più frutti, «perché - come spiega un osservatore informato come don Bagei Bozzo - la de bloccava su di sé il voto cattolico e in qualche modo "costringeva" gli altri partiti ad essere laici. Ora che l'opinione pubblica è molto più disponibile a votare a tutto campo, la gerarchia prende atto che la trasversalità vince». Certo, i rapporti che il Vaticano tesseva con Aldo Moro, con Giulio Andreotti, con Amintore Fanfani avevano un'altra profondità, una confidenza inimmaginabile oggi. Ma la Chiesa non dimentica che i suoi due Concordati li ha sottoscritti con i capi di governo più distanti che le siano capitati - Benito Mussolini e Bettino Craxi e oggi il dialogo è a tutto campo. Certo, resta tutta da verificare la scommessa che settori assai influenti hanno fatto su Massimo D'Alema, nella speranza che l'ansia da legittimazione degli ex comunisti possa fruttare più del sostanziale immobilismo dei democristiani ai temi cari oltretevere. Una scommessa che il sostituto segretario di Stato Giovanni Battista Re e Crescenzio Sepe, plenipotenziario per il Giubileo, già da mesi verificano con l'ambasciatore di D'Alema in Vaticano che è Marco Minniti, un calabrese di 42 anni che ha fatto le elementari delle suore e lo scout ed oggi è l'uomo di palazzo Chigi per le trattative più riservate. Ma puntare sul trasversalismo, parlare con tutti, non significa mettere tutti sullo stesso piano. Il Vaticano, ma anche la Conferenza Episcopale restano assai diffidenti verso la sinistra. Massimo D'Alema non ha dimenticato il benvenuto che gli diede 1' «Osservatore romano» al momento dell'incarico: «A cinquanta anni dalla sofferta vittoria della libertà contro il comunismo, il Capo dello Stato ha affidato il compito di formare il governo ad un uomo dell'apparato dell'ex partito comunista». E proprio ieri «Avvenire», concludeva il suo editoriale sulla fecondazione con parole che avrebbero potuto essere scritte dieci o venti anni fa: «Al varco delle rispetto delle regole della democrazia, gli italiani si attendono di verificare se anche la transizione degli eredi del comunismo italiani, mai passati per i lavacri di una Bad Godesberg nazionale, si è realmente compiuta». E una speciale, insistente ostilità, il cardinale Ruini continua a coltivare per il segretario del Ppi Marini, mai perdonato quando, un anno fa, disse che «Avvenire» sembrava diventato «l'house organ di Forza Italia». Ruini si guardò bene dal replicare a botta calda, ma nelle ore della battaglia per il Quirinale due durissimi editoriali hanno letteralmente sfregiato l'immagine di Marini. «Visto che il trasversalismo va così bene - dice Baget Bozzo la gerarchia non ha alcun interesse a fare del Ppi un punto di scontro e, al limite, preferisce D'Alema e Ciampi». La Chiesa non ha perdonato al Ppi l'alleanza con la sinistra e poi essersi lasciato sfuggire palazzo Chigi. Nove giorni fa, «Avvenire» ha pubblicato un'intervista di una pagina a Romano Prodi, che non era stato trattato così neanche quando era a palazzo Chigi. In quel modo la Cei ha mandate un messaggio chiarissimo: per riequilibrare la sinistra, meglio Prodi di Marini. E guarda caso l'intervista è uscita sul giornale della Cei lo stesso giorno in cui tutti i vescovi erano riuniti in Vaticano per la loro assemblea. Primo segnale: aiuti alla scuola privata rimasta per 50 anni intangibile tabù Il cardinale Ruini LE BOTTEGHE OSCURE COSI' VICINE AL VATICANO

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