«Che cosa chiedo a Barak »

«Che cosa chiedo a Barak » «Che cosa chiedo a Barak » Parla il principe ereditario saudita intervista ROMA CON alle spalle il drappo verde dell'Arabia Saudita e un Corano appoggiato sul tavolo d'epoca, Abdullah bin Abdulaziz Al Saud, principe ereditario al trono wahabita, ci ha ricevuto al termine della visita di tre giorni in Italia e Vaticano in una suite d'hotel trasformata in miniatura del Palazzo Reale. Abdullah bin Abdulaziz Al Saud, 76enne vice primo ministro e comandante della Guardia Nazionale del Regno, è l'erede designato a succedere al gravemente malato fratello Fahd, 78 anni, custode delle sacre moschee di Mecca e Medina. I viaggi che lo hanno portato in Europa, Usa e Giappone assomigliano molto a una presentazione del futuro monarca. Sguardo vispo dietro gli occhiali, pizzetto e baffi curatissimi, mani immobili, Abdullah inizia pronunciando «In Nome di Dio Onnipotente e Misericordioso». Il Regno Saudita celebra quest'anno il suo centenario. Qual è la lezione politica di suo padre, re Abdulaziz, unificatore delle tribù? «Celebriamo il centenario dell'epopea dell'unificazione e della costituzione dell'Arabia Saudita edificata da re Abdulaziz, che Dio lo abbia in gloria. Prima di allora il nostro Paese era stato teatro di disordini e instabilità. L'arrivo di re Abdulaziz trasformò la paura in sicurezza: questa è stata la base della prosperità e della stabilità di cui oggi godiamo. Oggi l'Arabia Saudita è unita e sicura: un esempio per il mondo arabo e musulmano. L'eredità più importante che re Abdulaziz ci ha lasciato è quella di un sistema di governo e di un metodo di lavoro che ci ha fatto superare innumerevoli difficoltà e sfide, a cominciare dallo sviluppo. Un esempio per tutti: nel 1960 non avevamo neanche 900 medici, oggi ce ne solo 40 mila». Lei è noto in Occidente per l'attenzione che riserba al dialogo con il modo arabo. Quali sono le sua priorità? «La priorità è la solidarietà panaraba. Bisogna definire e favorire un'a¬ zione araba comune sul piano politico così come uno sviluppo economico equilibrato per l'intera regione». Con quale obiettivo avete contribuito alla soluzione del caso Lockerbie fra l'Onu e la Libia di Gheddafi? «Abbiamo speso molti sforzi per risolvere il caso-Lockerbie perché siamo convinti che debbano cessare le sofferenze dei nostri fratelli libici causate dalle sanzioni internazionali». Qual è la vostra posizione sul Medio Oriente: perché emerge una perplessità saudita sulle speranza di pace seguite all'elezione di Ehud Barak a premier di Israele? «Il governo del mio Paese è molto impegnato a sostenere il processo di pace in Medio Oriente ma sulle basi e sui principi della legalità intemazionale. Gambiera qualcosa solo con la fine dell'occupazione israeliana delle alture del Golan e del Libano del Sud. Ma il vero nodo della questione per noi sauditi è Al Quds, Gerusalemme». Quali sono le vostre richieste su Gerusalemme? «Di Gerusalemme ho parlato con il Papa. Per noi Gerusalemme è il cuore della questione palestinese. La crisi in Medio Oriente non sarà risolta senza il ritorno di Gerusalemme Est alla sovranità araba in conformità alla Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sui territori occupati. Condanniamo la politica israeliana di giudaizzazione, di Gerusalemme diretta a cambiare gli equilibri demografici e l'identità della città, profanandone la sacralità. Per questo ho chiesto a Sua Santità il Papa di mobilitarsi affinché la Città del Vaticano si unisca ai nostri sforzi per alleviare le condizioni dei cittadini arabi di Gerusalemme e in particolar modo dei cristiani vittime delle espulsioni forzate da parte degli israeliani». Che cosa si aspetta dai rapporti fra Islam e Cristianesimo? «Come ho detto nella moschea di Roma i musulmani devono essere fraterni, vicini ai cristiani. Nell'Islam non c'è estremismo, quando si verifica è solo da parte di singoli. Anche il governo italiano ne è convinto e questo aiuta la presenza dei musulmani in centri islamici come quello che abbiamo aiutato a istituire a Roma». La guerra in Iraq continua a quasi nove anni dall'invasione del Kuwait. A quali condizioni potrà terminare? «Il problema resta quello dell'applicazione di tutte le risoluzioni dell'Onu da parte dell'Iraq, senza inganni o tentennamenti. Solo così potranno aver fine le sofferenze degli iracheni. Ma l'unico responsabile di quanto sta avvenendo è Saddam Hussein». Lei ha da poco incontrato il presidente iraniano Khatami. Considerate l'Iran un vostro partner nel Golfo? «Miglioriamo continuamente irapporti con l'Iran grazie alla politica moderata ed equilibrata che Teheran oggi ha. La recente visita del presidente iraniano, Mohammad Khatami, in Arabia Saudita ha consolidato la fiducia fra i due Paesi e la determinazione a sviluppare le relazioni. Non credo di rivelare un segreto se dico che abbiamo profuso grandi sforzi, abbiamo steso la mano della comprensione, aspettando da Teheran un primo cenno che esprimesse il desiderio di aprire l'Iran al mondo». Sta dicendo che c'è l'Arabia Saudita dietro la svolta riformista di Khatami in Iran? «Forse un giorno parleremo in dettaglio di tutto quello che abbiamo veramente fatto per far uscire l'Iran dal suo isolamento intemazionale». In Kosovo l'Occidente è intervenuto per difendere i musulmani albanesi. Che opinione avete? «Per noi in Kosovo l'aspetto umanitario è prevalente: la nostra condanna è ferma per l'inaccettabile pulizia etnica. Siamo molto preoccupati per la situazione nei Balcani. Siamo vicini ai fratelli sventurati musulmani del Kosovo e vogliamo sostenerli in ogni maniera, direttamente così come favorendo gli sforzi della comunità intemazionale. Per questo abbiamo donato, fra l'altro, un milione di dollari alla vostra Operazione Arcobaleno in Albania». Che cosa si aspetta dalle relazioni con l'Italia dopo questa visita di tre giorni? «L'Italia è uno dei ponti più importanti che collegano l'Europa al mondo arabo, un Paese che molto ha dato allo sviluppo della civiltà, nella scienza, nell'arte. Spero che questa visita a Roma dia presto i suoi frutti migliorando la cooperazione bilaterale. Vogliamo consolidare gli interessi comuni perché siete uno dei nostri partner economici più importanti. Sono lieto per l'accoglienza ricevuta qui e lo sono ancora di più per quella riservatamda Giovanni Paolo II, con cui ho avuto un colloquio franco e costruttivo sui rapporti euroarabi nella comune intenzione di superare le sfide politiche ed economiche che abbiamo davanti». «La pace in Medio Oriente si raggiungerà solo con la fine dell'occupazione israeliana delle alture del Golan e del Libano Sud» «Gerusalemme Est deve tornare sotto sovranità araba Ho chiesto al Papa di unirsi ai nostri sforzi per difendere la Città Santa» «Abbiamo fatto molto per far uscire dall'isolamento l'Iran del presidente Khatami» 1 Il prìncipe ereditario saudita Abdullah bin Abdulaziz al Saud e, nella foto piccola la moschea di Roma ABDULLAH BIN ABDULAZIZ AL SAUD IN VISITA IN ITALIA E. IN VATICANO