Mazzata alla pax russa

Mazzata alla pax russa Mazzata alla pax russa Cernomyrdin solo oggi a Belgrado Giulietta Chiesa corrispondente da MOSCA Se ne sono andati, alla chetichella, in direzioni diverse, uscendo dal cancello di servizio della dacia che fu di Stalin. Non poteva essere più nera la fumata del vertice a tre tra due mediatori e una parte in causa. Cernomyrdin, Ahtisaari, Talbott non hanno trovato neanche il tempo e il modo di fare il punto dell'insuccesso davanti ai giornalisti. In serata il portavoce russo ha detto che Viktor Cernomyrdin andrà a Belgrado stamani. E, poco dopo, si è saputo che l'americano Strobe Talbott e il presidente finlandese Ahtisaari torneranno a incontrarsi, «al più presto», in data e luogo da definire, con il plenipotenziario russo per i Balcani. Forse solo un modo per non confermare ciò che appare a molti evidente: il negoziato è in un vicolo cieco. Ieri le succinte immagini televisive fornite al grande pubblico mostravano facce scure, Talbott e Ahtisaari che cancellavano righe su righe di un documento misterioso che non ha visto la luce. Cernomyrdin andrà a raccontare a Milosevic quali sono state le righe cancellate. Ieri sera il suo portavoce, Valentin Sergeev, ha anche accennato a «nuove proposte», che Mosca «a tempi brevi» potrebbe tirare fuori. Ma ieri e l'altro ieri non si è riusciti a concordare nulla. E in tarda serata, un anonimo russo, «alto partecipante al negoziato», ha spiegato in sostanza il perché con una dichiarazione evidentemente autorizzata. Dalla quale emerge la distanza delle posizioni russe e americane. La Russia «riconosce il ruolo della Nato nel processo di pace, ma ritiene che esso non può essere guidato dalla Nato». Il contingente militare internazionale da introdurre in Kosovo dovrà essere sotto comando di un Paese neutrale, non impegnato nel conflitto, «per esempio un comandante finlandese». Ma nulla si potrà fare senza «consenso e partecipazione» jugo¬ slava. «Alle spalle di Belgrado non si può decidere nulla, perché il popolo jugoslavo non è stato messo in ginocchio, non ha capitolato». Cosa dovrebbe fare la Nato, secondo l'alto esponente «vicino al processo negoziale»? «Controllare i confini», «disarmare» l'Uck, organizzare e «proteggere il ritorno dei profughi». Ma le forze serbe «possono essere evacuate dal Kosovo soltanto in parte». Per quanto concerne i russi, essi sono pronti alla «partecipazione più attiva nella forza internazionale di stabilizzazione», anche con un «contingente di 10 mila uomini». Anni luce separano queste proposte dalle intenzioni della Nato. E su questo vallo, già profondo, si è riversata ieri la notizia dell'incriminazione formale dei massimi leader jugoslavi da parte del Tribunale penale dell'Aja. Subito l'agenzia Itar-Tass l'ha definita «iniziativa promossa dagli Stati Uniti», che «non poteva non esercitare una influenza negativa sull'andamento dei colloqui di Mosca». Faceva seguito una raffica di violente dichiarazioni, questa volta non anonime ma del portavoce presidenziale. «Nei Balcani - s'indignava Dmitrij Jakushkin - è in atto una plateale violazione di tutte le norme del diritto internazionale», che «crea un precedente di estrema pericolosità per l'intero insieme dei rapporti mondiali». Se la Russia si renderà conto che la si vuole trascinare dove non intende andare, allora «sarà costretta a rivedere la propria partecipazione al processo negoziale». A Jakushkin faceva eco Dmitrij Riurikov, ex consigliere di Eltsin per la politica estera e ora esperto del Consiglio Federale: «L'accusa contro Milosevic è assolutamente illegale». E, «quando l'aggressore comincia a usare un tale tribunale nel proprio interesse, non avendo alcuna base giuridica per fare ciò, allora si apre la questione: perché mai dovremmo partecipare a queste commedie?». A quanto pare un negoziatore è stato liquidato. Ce ne saranno altri disponibili e in grado di mediare qualcosa?