Sulla spiaggia dei gommoni fantasma

Sulla spiaggia dei gommoni fantasma Sulla spiaggia dei gommoni fantasma A Valona l'impossibile caccia ai mercanti di morte reportage Vincenxo Tassandoti LVALONA A prova che sia un altro giorno maledetto ce l'hai quando arrivi alla Skola: la spiaggia è deserta, in rada non un solo gommone. «Eppure, l'altra notte erano almeno dieci e la notte avanti il doppio e si davano un gran da fare», osserva il colonnello Roberto Di Guida, comandante del contingente di polizia della missione ini cri'ora:, insomma gli allenatori dei poliziotti albanesi. Martedì due scafi erano stati costretti dalle vedette della Guardia di Finanza a tornare indietro, nessuno ieri notte. Ora il mare è deserto, la nuova tragedia è passata sulla città, ma non ha lasciato ti acce visibili: non è come nella notte del Venerdì Santo del 1997, quando il «Kater i Rader» s'inabissò dopo una collisione con la corvetta «Sibilla» e trascinò con sé forse 86 fra uomini, donne e bambini: tutti albanesi, molti di Valona. Stavolta è un'altra faccenda, i morti sono estranei, kosovari che, oltretutto, avevano già anticipato il denaro per la traversata. La polizia albanese cerca di scoprire da dove sia partito quello scafo, ma brancola ancora, come si dice, nel buio più fitto. Del resto, alla Drejtoria e Pohciso sembra regnare confusione totale. Giustificata, ma solo in parte, dal terremoto che l'ha colpita: il vecchio capo, Sokol Kociu, è stato «dimissionato». Era ritenuto un duro, ma tanto duro non doveva essere, considerato il disastro in cui si era risolta la sua prima azione di contrasto agli scafisti. La notte del 23 gennaio scorso sequestrò sei gommoni, ormeggiati al molo della Skola, lì vicino allo stadio e all'università. Gli scafi furono portati all'isola di Saseno dove hanno base gli italiani della Guardia di Finanza e del Battaglione San Marco: insomma, un posto con tutte le garanzie. Ma Kociu trovò modo di finire nelle mani degù scafisti che, per liberarlo, pretesero la restituzio ne delle barche. A quella, non pare nano seguite altre brillanti operazioni di polizia, del resto questa è una città ostile per un tutore dell'ordine o per chiunque pretenda di fare il proprio dovere. E' ostile e difficile per numerose ragioni. Per esempio, che quattro o cinque cittadini su dieci non hanno lavoro nella speranza di trovarlo in un ragionevole lasso di tempo. Delle vecchie fabbriche e cantieri, sopravvivo soltanto la fornace per i mattoni e ci lavorano un centinaio di persone. Su 100 mila abitanti si dice che ciucili che gravitano attorno all'attività degli scafisti siano ua robusta, invidiata minoranza: 600, forse mille persone. Quanti sono i gommoni che trasportano i disperati oltre l'Adriatico? Il vecchio capo della polizia un giorno ha detto: «Più di cento». Anche se ogni notte soltanto dieci o cruindici vengon tirati fuori dai box in città, dove tutti sanno che sono ma nessuno trova utile o ragionevole un sequestro. Albert Dervishi preferisce il silenzio. E' il responsabile per l'ordine pubblico in Albania ed è arrivato proprio ieri per dare un po' di rigore al lavoro di indagine e un po' di coraggio agli uomini che, messi di fronte a indagini serie, finora non hanno dato felice prova di sé. E poi, dicono alla Drejtoria e Policise, non è certo che lo scafo naufragato l'altra notte a Mezzo Canale sia partito proprio da Valona. Magari dalla foce della Vjosa, per esempio, venti chilometri a settentrione, oppure dalla penisola di Karabunun, che é a Sud: per i poliziotti cambierebbe molto, perché se fossero partiti da lontano sanno di essere autorizzati a tenere gli occhi chiusi. Gli ultimi kosovari hanno lasciato ieri il Palazzotto dello Sport del «Flamurtari», che è poi il nome della squadra di calcio più famosa di Albania, quella di cui molti ancora parlano perché a metà degli Anni 70 pareggiò con il Barcellona in Coppa dei Campioni. In città son 18 mila, i rifugiati, la maggior parte nei campi e 5 mila in abitazioni private. Ed è sulla loro pelle che si gioca una partita rrca. Non passa giorno senza che , scafisti, o i loro rappresentanti, li avvicinino per tentarli; e non passa giorno senza che qualche giovane ribaldo provi ad accalappiare una ragazza o magari cerchi di rapirla per inserirla nel giro che è sempre quello, la prostituzione. «Prove di tutto questo non ne abbiamo. Voci, sì, e tante», osserva Cesare Panimi, 52 anni, di Lucca, volontario della Protezione Civile al campo italiano delle «Regioni». Proprio ieri la tendopoli ha rag giunto quota 5 mila, ed hanno espo sto il cartello «Esaurito». CHI SPECULA SULLA TRAGEDIA

Persone citate: Albert Dervishi, Mezzo Canale, Rader, Roberto Di Guida, Sokol Kociu

Luoghi citati: Albania, Lucca, Valona