Pompei nella macchina del tempo di Maurizio Assalto

Pompei nella macchina del tempo La scienza, le tecniche, gli svaghi: in una mostra a Napoli gli abitanti della città distrutta dal Vesuvio visti come nostri contemporanei Pompei nella macchina del tempo Viaggio nella vita quotidiana prima dell'eruzione Maurizio Assalto Inviato a NAPOLI «ri DIVI i gemiti delle donne, i I gridi dei fanciulli, il clamore degli uomini; c'era chi I I per timore della morte in_V_lvocava la morte, molti alzavano le braccia agli dèi, altri più numerosi dichiaravano che non c'erano più dèi e che quella era l'ultima notte del mondo». Con drammatico espressionismo, così Plinio il Giovane raccontava nella sua Lettera a Tacito una delle catastrofi naturali più memorabili nella storia dell'umanità. 24 agosto del 79 d.C, ora sesta (mezzogiorno): un boato dal Vesuvio, una colonna di fuoco e fumo alta una trentina di chilometri, a sventrare il cielo, a cancellare il sole, poi una interminabile pioggia di pomici, un vento incandescente di ceneri e di gas. Operando come un immane «fermo immagine» il vulcano ha davvero segnato, per gli abitanti di Pompei (e di Ercolano, di Stabia, di Oplonti) l'inizio dell'ultima notte. Una notte lunghissima, ma non infinita. Come in una macchina del tempo, un videoregistratore che consenta di andare su e giù nella storia, si può ora premere il tasto «review», andare un po' indietro, poi premere ancora, «play», e vedere che cosa facevano i pompeiani, come lavoravano, si curavano, si divertivano negli ultimi anni, negli ultimi giorni prima che l'eruzione li cristallizzasse nei loro atti estremi. E' l'appassionante esperienza resa possibile - con il supporto di plastici, modellini e strumenti multimediali - dalla mostra «Homo faber. Natura, scienza e tecnica nell'antica Pompei» ospitata in un'ala del Museo archeologico nazionale. Un'impresa impegnativa, che ha richiesto quattro anni di lavoro interdisciplinare condotto dalla Sovrintendenza archeologica di Pompei in collaborazione con 25 équipe internazionali. E una sfida rischiosa: «L'idea di una rassegna archeologica come riproposizione di oggetti artistici è superata» dice una dei curatori, Annamaria Ciarallo, biologa ambientale. «Abbiamo voluto ricostruire uno spaccato di vita quotidiana vera, tirando fuori dai depositi reperti che non erano mai stati esposti perché ritenuti privi di dignità archeologica». Chi spera di trovare gli affreschi c i mosaici della raffinatissima arte pompeiana resterà deluso: i capolavori sono pochi e scelti a ragion veduta. Ma come può si può sperare di attrarre il grosso pubblico con una mostra (già prenotatissima all'estero, con tappe negli Stati Uniti, in Germania, Spagna Giappone, Francia, Inghilterra) che ha quali pezzi forti resti di trapani, scalpelli, asce e seghe di ferro, ossa umane operate dal chirurgo, stampi per realizzare lucerne, capitelli di marmo appena sbozzati, valvole idrauliche, arnesi da oculista, specula vaginali, chiodi, conchiglie, residui di fusione? Ebbene, l'operazione può funzionare se, come in questo caso, gli oggetti apparentemente più vili sono presentati in un percorso atto a contestualizzarli, a rimetterli in movimento, in sinergia con l'uomo, con l'ambiente, con l'oggetto da produrre o il risultato da conseguire. In una teca vediamo alcune conchiglie, qualcuna di mollu scili ormai estinti; accanto c'è il mosaico che le riproduce con naturalistica acribia accanto a pesci e crostacei; poco oltre, lo schermo di un computer consente di cliccare uno per mio sugli esemplari musivi e di vederli in azione, filmati dal vivo a cura dell'Acquario di Genova; ancora qualche pas^o ed ecco una vasca con quattro murene vive, minacciose, come quelle che i ricchi romani amavano allevare nei vivaria delle loro ville (e che la moglie di un tal Druso, Antonia, pare usasse adornare con preziosi orecchini d'oro). In un'altra vetrinetta sono esposti strumenti da chirurgo; accanto, il rilievo marmoreo cosiddetto «di Telefo» mostra un uomo dall'aspetto giovanile all'opera proprio con quegli arnesi, e sotto una didascalia ricorda le ammonizione di Celso, nel De re medica: «Il chirurgo bisogna sia giovane, di mano forte, ferma...». Sullo schermo che è poco più avanti un altro programma ci permette di entrare nella farmacia di un certo Rufo [Rufi taberna medicameli torio) e sentire le voci tossicchianti dei dienti (con fumetto in latino) che chiedono rimedi per i loro malanni; il farmacista risponde e alle sue spalle si illumina un'ampolla, e cliccando su questa si può conoscere la ricetta tradita da Plinio il Vecchio. Un discorso a parte meritano i modelli di macchine dell'epoca, ricostruiti a cura dell'Istituto di storia della scienza di Firenze, che i visitatori possono azionare per meglio comprenderne il funzionamento. Ci sono la noria e la «vite di Archimede», usate per trasferire l'acqua da un punto basso (fiume, lago) a uno più in alto per poi redistribuirla. C'è la ruota càlcatoria, in scala 1 a 5, che con l'intervento di un paio di schiavi, costretti a camminarvi dentro, per mezzo di un complicato sistema di argani e leve consentiva di sollevare blocchi da costruzione pesanti molti quintali. C'è perfino mi antenato del contachilometri, l'odometro, che veniva utilizzato per determinare le distanze da segnare sulle pietre miliari: riprodotto grazie alle descrizioni di Vitruvio, trasferisce il movimento della ruota di un carro attraverso una serie di ingranaggi, fino a far cadere un sassolino in un contenitore ogni volte che è stato percorso un miglio romano (1478 metri). All'uscita, un montaggio gigantografico di volti pompeiani, tratti dagli affreschi, fa venire in niente i fotogrammi finali di American Graffiti con la rassegna dei protagonisti: sono (anche) loro, probabilmente, che si sono serviti ili quegli oggetti, che hanno suonato quegli strumenti, si sono spalmali con quegli unguenti, hanno cacciato con quelle anni, hanno misurato sollevato irrigato edificato con quei macchinari. E nell'era della globalizzazione non è forse privo di significato il fatto che ormai possiamo conoscere, virtualmente, la civiltà pompeiana come e magari meglio della nostra. Siamo appena all'inizio: chi ha detto che la globalità non vada intesa anche nel senso della dimensione temporale? Lare di bronzo impegnato in un passo di danza (Pompei, I secolo d. C.) In basso un affresco dello stesso periodo: rappresenta un chirurgo con il forceps, che opera la gamba di Enea ferito Pompei nViaggio nella onne, i lamora chi rte inlti altri più e non ra l'uldram Plinio a sua astrofi la stodel 79 o): un nna di tina di ielo, a termi vento gas. e «fera davanti di bia, di notte. non inna del re che ù nella l tasto dietro, e vedepeiani, ano, si i, negli uzione i estrenza re di pla multimo faca nel un'ala zionale. e ha rioro inlla Sodi Pom équipe rischioarcheo di ogice una iarallo, mo voo di vio fuori La mostra Homo fa ber. Natura, scienza e tecnica nell'antica Pompei è aperta fino al IB luglio presso il Museo archeologico nazionale di Napoli (tutti i giorni dalle IO alle 20, martedì chiuso; per informazioni 081 -440315/444403). Visitabile anche nel sito Internet www.imss.fi.it/ pompe i/indice.html Catalogo Electa dai depositimai stati eprivi di dignChi sperac i mosaici dpompeiana lavori sonoveduta. Mare di attrarruna mostral'estero, conin GermanFrancia, Inpezzi forti rasce e seghoperate darealizzare lmo appena liche, arnevaginali, chdi fusione?può funziocaso, gli opiù vili soncorso atto metterli in ne, filmatiquario di pas^o ed etro murenquelle che allevare n(e che la mtonia, parpreziosi otra vetrinmenti da cvo marmomostra unvanile all'arnesi, e sda le ammre medicagiovane d La mostra Homo fa ber. Natura, scienza e tecnica nell'antica Pompei è aperta fino al IB luglio presso il Museo archeologico nazionale di Napoli (tutti i giorni dalle IO alle 20, martedì chiuso; per informazioni 081 -440315/444403). Visitabile anche nel sito Internet www.imss.fi.it/ pompe i/indice.html Catalogo Electa

Persone citate: Annamaria Ciarallo, Tacito, Vecchio