LA NAVE LENTA FRENA IL CONVOGLIO
LA NAVE LENTA FRENA IL CONVOGLIO LA NAVE LENTA FRENA IL CONVOGLIO Carlo Bastasin IL maggior dubbio che aveva accompagnato la nascita dell'euro riguardava la possibiltà di avere un unico tasso d'interesse per undici economie diverse tra loro. Prima o poi, si diceva, le economie di tutti i Paesi avrebbero finito per convergere e allora non ci sarebbero stati più problemi. Nel frattempo era questione di trattenere il respiro. Ma cinque mesi sono un periodo lungo per stare in apnea e breve per modificare in firofondità le economie. Il risultato è che 'euro si è subito trovato in debito d'ossigeno. I Paesi critici per la loro divergenza sono Italia e Germania. Insieme rappresentano oltre metà del pil di Eurolandia e la debolezza della loro crescita non è di natura solo congiunturale, magiche strutturale: sono le due economie più cariche di rigidità, con mercati regolamentati e conTaflancrpùibliciTàppèna sotto i limiti posti dal Patto di stabilità) che non consentono di mobilitare risorse per stimolare l'economia. Su Germania e Italia inoltre grava il sospetto di non essere politicamente in grado di attuare quelle riforme strutturali che riducendo le spese correnti hberino risorse per gli investimenti e rilancino la crescita. Al rallentamento italo-tedesco ha risposto finora, più prontamente del previsto, la Banca centrale europea. Riducendo i tassi in due riprese, la Bce ha cercato di guadagnare tempo e favorire la convergenza dei Paesi lenti. La premessa su cui si basava la Bce era che i governi sfruttassero lo stimolo monetario per attuare le riforme strutturali senza passi indietro nel contenimento del deficit. Questo mix di politica economica (tassi bassi e deficit in discesa) poteva sì causare un indebolimento dell'euro, che si è puntualmente verificato con effetti positivi per l'economia, ma avrebbe evitato che ciò coincidesse con una crisi di credibilità. La decisione dell'Ecofin di accordare all'Italia un rallentamento nella riduzione del deficit, ha tolto credibihtà al gioco congiunto della Bce e dei governi: i tassi bassi continuano a sfavorire l'euro sul dollaro, ma i governi dimostrano una propensione ad assolversi l'un l'altro anche quando i deficit aumentano e le riforme tardano. La reazione di ieri dei mercati non è tanto un giudizio negativo sulla mancata manovra di bilancio italiana, quanto una reazione al vuoto di disciplina e severità nel controllo reciproco tra ministri. Il gioco assolutorio che ieri ha fatto capolino infatti toglierebbe in futuro l'incentivo politico esterno che avrebbe dovuto spingere i governi a realizzare le riforme strutturali. In buona parte la risposta dei mercati rappresenta un eccesso di reazione di fronte a un «gioco» nuovo, in cui i giocatori devono ancora dare prova di sé. Le riforme strutturali non avvengono in pochi mesi, mentre un piccolo allentamento di bilancio nei Paesi più deboli può essere giustificato economicamente, anche avendo cura della convergenza europea. Per quanto eccessiva, tuttavia, si tratta di una reazione utile. Mancando il controllo incrociato dei governi è utile che resti in atto il controllo dei mercati. Non si tornerà forse più al «voto quotidiano» con cui i mercati sanzionavano ogni giorno ogni eingoia, moneta nazionale, ma il fatto che a patire sarà la «moneta comune» e che quindi ognuno paghi un poco gli errori degli altri, ricreerà un incentivo ai governi a essere meno accondiscendenti l'uno con l'altro. Anche per questo la giornata di ieri sarà ricordata come una data importante nella storia dell'euro. Lo sarà ancor più se in Italia, prima che altrove, sarà diventata chiara la responsabilità che i ritardi politici interni hanno nei confronti dell'integrazione economica e politica europea. LL::::e^zi
Persone citate: Carlo Bastasin
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