I segreti del maresciallo di Paolo Colonnello

I segreti del maresciallo LE RELAZIONI PERICOLOSE CON UN FACCENDIERE I segreti del maresciallo Una cascina e un mucchio di soldi retroscena Paolo Colonnello IMILANO L maresciallo e il faccendiere s'incontravano il sabato, a Milano o a Torino. Si scambiavano idee, informazioni, forse anche soldi. Un'amicizia ormai quasi a prova di bomba ma non d'intercettazioni. E di pedinamenti. E di una «gola profonda», un oscuro commercialista di Piacenza, Vincenzo Iride, amico del faccendiere, che con i suoi racconti davanti ai pm milanesi di Mani Pulite e le carte prodotte, ieri li ha spediti in galera, facendo iscrivere nel registro degli indagati anche altri «pubblici ufficiali» del palazzo di giustizia torinese, tra cui due stretti collaboratori del maresciallo. Il faccendiere, tale Menotti Spanò, si faceva chiamare «avvocato», anche se con i tribunali aveva dimestichezza solo per una serie di condanne per bancarotta fraudolenta e peculato subite nel 1993, tanto da essere tutt'ora in affidamento ai servizi sociali con obbligo di residenza. Il maresciallo, Rocco Stasi, era invece considerato un investigatore di punta della Procura di Torino, tanto da poter gestire direttamente alcune inchieste delicate come quelle sulle sponsorizzazioni televisive. Ed era stato proprio in seguito a una di queste indagini, quella sulla società di sponsorizzazioni (e fatture false) Intermedia Pubblicità, che i due si erano conosciuti. Decidendo, secondo le accuse, di collaborare: «Spanò - racconta la gola profonda Iride - acquisì la disponibilità di Stasi a limitare i danni delle inchieste, si trattava di elaborare una strategia per ottenere il risul¬ tato voluto». Strategia che secondo i pm si riassumeva in verbali edulcorati compilati dal maresciallo e in danni limitati per le aziende che si affidavano a Spanò ottenendo patteggiamenti veloci e pagamento minimo delle multe. In cambio tanti soldi, 950 milioni dicono i magistrati. E per incastrarlo, lo hanno pedinato e intercettato per mesi trovando perfino il sacchetto da scarpe con il quale, nel gennaio di quest'anno, il maresciallo Stasi pagò un anticipo in contanti di 123 milioni per acquistare una cascina vicino a Torino. Una cascina costata 500 milioni (più 2-300 milioni per la ristrutturazione) che difficilmente si spiegano con il suo stipendio e con un reddito dichiarato nel 1997 pari a 49 milioni. Non solo. I pm hanno trovato anche gli assegni circolari che un suo amico imprenditore, tale Sabino Palermo, ora indagato per riciclaggio, gli aveva messo a disposizione per coprire l'acquisto della cascina. E poi hanno trovato anche un elenco dei soldi, in contanti, che il maresciallo gli restituiva l'indo¬ mani di ogni assegno circolare emesso. Perfino l'auto della moglie, una Citroen da 20 milioni, regalata da un imprenditore del giro Intermedia (Renato Casiroli, titolare della Sopran, arrestato ieri), è finita nell'elenco della corruzione. Il maresciallo del resto godeva della massima stima del suo capo, il procuratore aggiunto Bruno Tinti che, quando il 28 marzo scorso è stato interrogato come testimone, ha confermato che a Stasi delegava buona parte delle indagini riponendo in lui una completa fiducia. Fin troppa, se si dimostrerà che il sottufficiale delle Fiamme Gialle, come ritiene la procura di Milano, negli ultimi anni della sua carriera era diventato il perno di un impressionante giro di corruzione in grado, come si legge nelle carte dell'incliiesta, di conoscere in anticipo le mosse di ben due procure, sia quella di Milano (forse attraverso una «talpa» che si sta cercando d'individuare) che quella di Torino e di condizionare, almeno in territorio piemontese, alcune indagini. Un giro che coinvolgeva princi¬ palmente la Intermedia Pubblicità e Videosport (sedi diverse ma stesso dominus: Vittorio Colombo, da ieri latitante) specializzate nella creazione di fatture false da rivendere a grosse aziende per creare fondi neri e abbattere i conti del fisco. Tra queste, la Reggiani Illuminazioni di Sovigo, la Noberasco (frutta secca) di Albenga, la Blumen spa (giardinaggio) di Piacenza e, come emerse clamorosamente a fine aprile, anche la Sisal, proprietaria del Superenalotto. Ieri Rocco Stasi, difeso dall'avvocato Salvatore Catalano, davanti al gip Silvana D'Antona, che ha spiccato nei suoi confronti e in quello di altre tre persone un ordine di cattura per corruzione, si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Si tratta di una vicenda molto delicata ha spiegato il legale - e il provvedimento, così com'è articolato consiglia molta prudenza. Con questo escludo categoricamente che la decisione di non rispondere possa essere interpretata come ammissione di debolezza difensiva o peggio come sottintesa ammissione di responsabilità». Il procuratore aggiunto Bruno Tinti Sentito come teste, ha confermato di aver sempre avuto la massima fiducia nel sottufficiale arrestato che era suo diretto collaboratore

Luoghi citati: Albenga, Milano, Piacenza, Torino