Il grande fiume dei profughi di Vincenzo Tessandori

Il grande fiume dei profughi Nuovi racconti di atrocità nei campi serbi. Intanto è iniziato il trasferimento da Kukes Il grande fiume dei profughi Altri dodicimila entrano in Macedonia Vincenzo Tessandori Inviato a TIRANA Forse questo esodo non finirà mai. Forse chi fugge è condannato a farlo per sempre. Forse la guerra non ha ancora mostrato il suo volto peggiore. Forse per questo, quando in 12.000 sono arrivati al posto di frontiera presso Blace, fra il Kosovo e la Macedonia, neppure hanno tentato di bloccarli, a dispetto dei tanti timori per gli equilibri etnici e sociali. E lo sanno tutti che non è finita, che «almeno» altri 6000, al di là della terra di nessuno, attendono di lasciare quello che è divenuto un inferno. E da Morii)i, che è il valico a ridosso di Kukes, su nel Nord-Est dell'Albania, sono filtrati altri 2400 esuli: fra costoro, 400 sono ex detenuti di Smrckovnicc, un carcero sul quale hanno fermato la propria attenzione gli investigatori del tribunale per i crimini di guerra dell'Aia. Racconti che sgomentano, quelli che filtrano da Smrekovnice, e provi disagio quando guardi in faccia quegli uomini che paiono vecchi e quei ragazzi che sembrano uomini. Fehmi K. di anni ne ha 16, e in quel lager, lui c'è stato. «Durante il giorni ci portavano con un autobus fino a una scuola e ci interrogavano. Io non parlo serbo e quelli non volevano crederci, così mi picchiavano con bastoni. Erano in quattro, e l'interrogatorio è andato avanti fino a quando uno ha detto: «Va bene, non sai il serbo, ma almeno "Viva la Serbia" devi imparare a dirlo». Durante gli interrogatori, racconta Abedin Mehmcti, 45, di Podgorica, «mettevano della musico credo per coprire le grida di chi veniva torturato». Altri hanno riferito che i soldati serbi «giocavano» con i prigionieri. Bedri Libishi, 34 anni: «Ci chiudevano in una stanza, a due a due, e ordinavano di batterci a mani nude. "Chi rimane in piedi, è salvo", dicevano». Nel carcere, che è presso Mitrovica, sarebbero in 4000. Negli ultimi giorni, raccontano, è avvenuto un ricambio: quelli arrivati nei primi giorni o costretti a firmare confessioni redatte in serbo nelle quali ammettono di essere terroristi o di far parte dell'Uck, l'esercito di liberazione del Kosovo, sono (;taii sostituiti da altri. La raccolta dei documenti è puntigliosa, secondo gli esuli. Forse, perché i serbi li considerano strumenti di difesa per le accuse che già si trovano sulle spalle. Da Kukes continuano la discesa dei profughi, ma non si tratta di un trasferimento generale, non ancora, perlomeno. «Non esiste un piano numerico di evacuazione preventivo: solo chi vuole partire, ora può farlo», precisa Steffan de Mistura, coordinatore per Albania e Macedonia delle operazioni umanitarie dell'Onu. «Si tratta solo dell'inizio». Ieri, l'inizio è cominciato alle 6,30, quando una dozzina di camion dell'esercito albanese ha caricato 300 fra donne e ragazzi. Tre ore più tardi su tredici camion olandesi e belgi son saliti altri tre-quattrocento esuli del campo «Kukes due», quello che dovrebbe essere smobilitato, anche se nelle tende rimangono quasi 5000 persone. Ma i tempi della guerra restano incerti. «Potrebbe andare avanti altri due mesi», ha osservai De Mistura. E forse di più, così ogni giorno viene scandito dai combattimenti, dalle bombe. Anche da quelle sganciate per errore dagli aerei Nato. L'altra mattina, a Koshare, oltre il confine del Kosovo, uno di questi ordigni ha ammazzano sette dell'Uck e feriti quindici, secondo la versione dei kosovari. Per tre minuti Bill BUI K. è salvo. Lo incontro all'ospedale militare di Tirana. Una barba rada non riesce a nascondere mille punti neri: il segno delle tante piccole schegge che lo hanno investito quando quella bomba è esplosa. Ha 19 anni, e assicura che tornerà a combattere. «Avevo vegliato due morti, con me c'erano Ilir ed Eiup. Di loro non so più niente. Ho lasciato il posto alle 7,27, con tre minuti di anticipo. Ho visto il cielo terso e ho pensato a quel libro che avevo appena letto, "La seconda guerra mondiale" di Raymond Carrier. Dice: "Con il sorgere del sole la foschia scomparirà dalla pianura. La giornata sarà serena, assolata, estremamente favorevole alle azioni aeree". Come oggi, mi son detto, speriamo che la Nato bombardi. Non ricordo altro». Profughi kosovari si accalcano al confine di Blace tra Macedonia e Albania In 24 ore ne sono arrivati dodicimila Soldati italiani con un bambino kosovaro a Kukes

Persone citate: Abedin Mehmcti, Bill Bui K., De Mistura, Kukes, Raymond Carrier, Steffan