Belgrado, prime condanne di ribelli di Giuseppe Zaccaria

Belgrado, prime condanne di ribelli Un comitato spontaneo che aveva chiesto di trattare: dure pene pecuniarie e sequestri Belgrado, prime condanne di ribelli La repressione si inasprisce Giuseppe Zaccaria inviato a BELGRADO Il portavoce della Nato comunica da Bruxelles che in Serbia i segnali di rivolta contro il regime cominciano ad infittirsi. Sarebbero otto le città o i paesi che nelle ultime settimane hanno visto accendersi fuochi di rivolta, proteste, manifestazioni di ogni tipo. Qualcosa di serio deve cominciare a delincarsi se tv e giornali tacciono ma un finto rivoluzionario come Vuk Draskovic tenta di trasformarsi in pompiere. Ieri lo pseudo eretico del regime è tornato a prendere la parola per commentare le notizie che continuano a giungere dal Sud. «Non sono proteste né contro il governo, né contro il regime né contro la guerra - dice lui - ma solo contro la politica burocratica seguita in certi comuni». Nel comune di Cacak, grande centro della Sumadia, il sindaco Voja llic è uomo che ha abbandonato il partito di Draskovic per creare una sua piccola formazione («Nuova Serbia») e governare con le opposizioni. Ieri proprio a Cacak le leggi di guerra sono state applicate per la prima volta e non contro i «riservisti» che sfuggono al richiamo, ma nei confronti di quella che da noi si chiamerebbe un'assemblea cittadina. Si tratta di sette condanne contro i membri di un comitato spontaneo, nato sull'onda dei bombardamenti che nelle ultime settimane hanno devastato l'area. A comporlo erano docenti, medici, qualche giornalista e perfino il «difensore civico» della città, la dottoressa Verica Barac. Il gruppo non esprimeva posizioni eretiche, ma aveva chiesto solo di accelerare lo trattative per la pace e di nominare nuovi rappresentanti per i contatti diplomatici Nato-Onu. L'altro ieri, otto fra i maggiori esponenti del comitato erano stati convocati dalla polizia sotto l'accusa di aver tenuto un comizio non autorizzato. Ieri mattina il giudice Zoran Belcevic li ha condannati a pone in apparenza meno dure di quelle che ci si potevano aspettare, ma abbastanza severe da mettere sull'avviso chiunque d'ora in poi pensasse di contrastare la linea del regime. Agli agitatori sono state inflitte multe da 2500 a 7000 dinari: si parla di cifre da due a quattro milioni che però vanno pagate entro ventiquattr'ore, se si vuole evitare che la multa si trasformi in carcere. In questo caso i primi 1800 dinari si sconterrebbero con un mese di detenzione, e gli altri col sequestro di parte dei beni. Del primo gruppo ufficiale di dissidenza fanno parte un medico, Mirjana Hercog, una professoressa, Nada Despotovic, un docente universitario, Milan Bozovic, un uomo d'affari di nome Dragan Sipetic, un imprenditore, Vladimir Stegnjajic, la giornalista dell'agenzia «Beta» Vesna Bijelic ed il difensore civico del Comune. La condanna è per aver tenuto «raduni illegali» in luoghi come la sala del Comune e la casa della cultura «esprimendo pubblicamente opinioni personali già rese note in un comunicato diffuso anche via Internet». Il sindaco Voja llic fino a qualche ora fa veniva dato per scom¬ parso. Adesso invece risponde al telefono, sia pure con tono sbrigativo: «Non mi pare che a Cacak sia accaduto nulla di rilevante - dice e gradirei non essere disturbato da chi insegue le speculazioni occidentali sugli effetti della guerra...». Anche certe posizioni di dissidenza possono rientrare, quando la reazione del regime si fa dura. Sta accadendo anche in altre città, rispetto ai «riservisti» ed alle loro famiglie. Ieri a Krusevac gruppetti di dimostranti hanno tentato di riunirsi ancora, ma questa volta a disperderli c'erano i blindati della polizia. Per questa mattina s'annuncia un altro tentativo di manifestazione, ma un comunicato della polizia locale annuncia reazioni pesanti. «Ai riservisti è stato richiesto di restituire ai comandi dell'esercito l'equipaggiamento e le armi entro mezzogiorno di oggi. Qualsiasi mancanza di obbedienza condurrà all'applicazione delle leggi di guerra. A tutti i riservisti tornati in licenza nelle proprie case, viene intimato inoltre di registrarsi presso i comandi locali per essere inviati nelle zone di guerra». Alle popolazioni di Krusevac e dei centri vicini viene anche intimato di sospendere qualsiasi riunione pubblica «durante gli allarmi», che ormai si susseguono senza soluzione di continuità. «La polizia interverrà con decisione per assicurare che queste misure siano applicato», conclude il messaggio. Forse dalla Serbia meridionale cominciano davvero a giungere segnali di rivolta. E il pugno di ferro poliziesco si estende anche in Kosovo: dove la polizia ha annunciato di aver arrestato tre albanesikosovari. Sono accusati di aver guidato i bombardieri Nato con i telefonini satellitari, E i raid si susseguono con devastante regolarità: ultimi bersagli un'altra residenza di Milosevic, una caserma di pohzia, un ripetitore tv, la sede radiotelevisiva serba di Novi Sad. Centrato anche con una bomba perforante uno dei principali centri di comando dell'esercito di Belgrado, un bunker vicino al centro della capitale. Trovato da un bagnante vicino a un villaggio turistico, ancora incerta la provenienza Forse lanciato da un sommergibile Le tre presunte spie della Nato arrestate ieri in Jugoslavia

Persone citate: Barac, Draskovic, Milan Bozovic, Milosevic, Nada Despotovic, Vesna, Vladimir Stegnjajic, Vuk Draskovic

Luoghi citati: Belgrado, Bruxelles, Jugoslavia, Kosovo, Serbia