«Serve un nuovo piano Delors» di Marina Cassi
«Serve un nuovo piano Delors» «Serve un nuovo piano Delors» Umberto Agnelli: Prodi stimoli l'impegno di finanza e imprese Marina Cassi TORINO Non l'Italia ma neppure Germania e Francia «riusciranno a risolvere separatamente il problema dell'occupazione e dello sviluppo». Umberto Agnelli - intervenendo a un dibattito de «I martedìsera» organizzato dal Centro congressi dell'Unione industriale dal titolo «A quando la ripresa?», coordinato dal condirettore de «La Stampa», Gianni Riotta - non ha dubbi: la dimensione nazionale non è più sufficiente a governare l'economia. Ed è l'Europa a costituire uno stimolo anche al superamento di cronici ritardi del nostro Paese, dalla riforma della pubblica amministrazione, ai tempi della giustizia, alla formazione. Pensando all'Europa del domani, Agnelli si appella a Prodi affinché «stimoli un impegno delle imprese e dei leaders dell'imprenditoria e della finanza europee». E aggiunge: «Come era avvenuto 15 anni fa, con il lavoro progettuale della "European Roundtàble" delle grandi imprese, che è stato alla base del piano Delors. Se la priorità di un grande progetto europeo di sviluppo è condivisa anche le risorse diventano reperibili. L'euro insegna». E per guardare al futuro di una possibile ripresa Umberto Agnelli indica - oltreché ovviamente l'indu- stria - i settori «dell'artigianato di alta classe» e di un turismo più sofisticato rispetto al passato. Terreni nei quali l'Italia sconta un ritardo e per i quali sono necessarie «politiche che stimolino ad assumere rischio imprenditoriale, a riqualificare e innovare, a fare rete tra aziende minori e non essere frenati dalle burocrazie pubbliche e politiche». Ma Agnelli nella sua analisi non tralascia di citare il cosiddetto terzo settore che «genera occupazione retribuita e flessibile» e che in Italia «è forse meglio organizzato rispetto a altri Paesi europei». L'impresa sociale «può dar vita a un nuovo mercato in campi che appaiono poco attraenti per le imprese, dai servizi alla persona, alla cultura, all'educazione. «Atleta stanco» è la suggestiva sintesi che l'economista e autore del rapporto «A quando la ripresa?», Mario Deaglio, dà dell'Italia che, dopo aver tagliato il traguardo di Maastricht, «si è accasciata». Un Paese «che va a tre cilindri» con una crescita del prodotto rallentata e precisa: «Se negli Anni Novanta fosse andata sempre a quattro cilindri, cioè al livello dei suoi partner, ora avrebbe un milione di occupati in più». E per Deaglio per «trasformare l'attuale "non crisi" mondiale in ripresa» bisogna che «il mondo smetta di essere un tavolo a una gamba sola, sorretto principalmente dallo slancio dell'economia americana, che si presenta abbastanza vulnerabile». L'altra gamba del tavolo deve diventare la «maggiore espansione europea». Per l'economista Domenico Siniscalco i rischi legati alle crisi '97-'98 sono in gran parte superati e le economie sono entrate m una fase di trasformazione. Ma ora è necessario «passare da un atteggiamento di chiusura e protezione» a un atteggiamento che assecondi il cambiamento sia riferito ai movimenti di merci, che di capitali, che di uomini. E aggiunge: «Bisogna guardare più largo che alla sola Europa, guardare a Est, ma anche a Sud, al Nord-Africa». Umberto Agnelli
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