Mailer: non si fanno le guerre a metà

Mailer: non si fanno le guerre a metà Mailer: non si fanno le guerre a metà DALLA PRIMA PAGINA I L combattimento, per chi vi entra, è un'esperienza tanto strana e misteriosa quanto il primo amore. Avere tali uomini (più Madelaine Albright) al nostro comando in Kosovo è dunque come chiedere a un ragazzino ignaro d'ogni esperienza carnale di diventare un consigliere matrimoniale. Probabilmente un genio ce la farebbe. Guardiamo invece alla strategia di Milosevic. Se, prima che i bombardamenti iniziassero, avesse commesso tutti gli atti odiosi che ha poi compiuto, be', sarebbe probabilmente stato condannato. L'indignazione del mondo sarebbe stata immensa. Così ha aspettato. Ed ha teso una trappola. Sette mesi fa, in ottobre, sotto la minaccia dei bombardamenti Nato, aveva fatto promesse sul proprio comportamento futuro m Kosovo che, nei mesi successivi, ha risolutamente evitato di mantenere. I negoziati, quindi, ricominciarono. E arrivarono al dunque a Rambouillet. Ma lui si rifiutò di presentarsi. La Albright, furiosa, decise che probabilmente, in fondo, era un debole. Se noi non solo lo minacciamo ancora, ma passiamo davvero ai fatti, si arrenderà presto. Così abbiamo iniziato i bombardamenti con la Nato. Si poteva avere una magnifica rapida guerra per festeggiare il cinquantesimo compleanno dell'Alleanza. E noi abbiamo alzato il sipario con le bombe intelligenti, Milosevic era più che pronto. La Nato è caduta in una trappola la cui profondità è meglio scandagliata dal peso dei trucchi maligni che Milosevic ha collezionato nella sua carriera. Nessuno aveva previsto che una pulizia etnica totale sarebbe immediatamente iniziata? In 24 ore intere co¬ lonne di rifugiati erano in movimento, e le case, i villaggi e le città del Kosovo erano in fiamme. Il «genocidio» era iniziato. Se Clinton e la Nato non avessero fatto altro, avrebbero sicuramente brandito il potere di questa parola. L'Olocausto è alle fondamenta del suo significato. Quindi la parola va usata con accortezza. La Cambogia ci ha dato un genocidio, come il Ruanda, ma la pulizia etnica e la conseguente perdita di cose, passaporti, città e campagne, la sua rabbia cieca e le sue atrocità, non è comunque pari allo sterminio di milioni. La pulizia etnica è piuttosto vista come un genocidio psichico. Per la maggior parte di chi è sottoposto ai suoi travagli, il passato viene amputato dal presente. Anche il bombardare è una forma di genocidio psichico. Con la differenza che m questo caso è il tuo futuro ad essere amputato dal presente. Non sai più di avere un futuro. Il tuo attuale senso delle aspettative - cosa farò domani, la prossima settimana, tra un anno - è pericolante come una casa da cui è stato tranciato via un muro. Che cosa abbiamo realizzato, allora? Non appena i bombardamenti sono iniziati le atrocità di Milosevic sono cresciute probabilmente di 50, 100 volte rispetto a quel che accadeva prima che tutto iniziasse. Eppure un simile caos e un simile orrore è stato ancor più accresciuto dall'orrore che la Nato imponeva ai serbi. Il serbo medio, dopo tutto, non aveva a che fare con questa guerra più del kosovaro memo. Il caos, dunque, è stato aggiunto al caos. E non c'era alcun piano militare per la conclusione della guerra. Solo speranze, oltre ali arroganza incosciente con cui la Nato esponeva i propri buoni motivi. Per quel che vale, vogliamo esaminare da vicino i motivi personali di Clintona? Visto il modo in cui è stato insozzato dalla nausea dell'impeachment, non è difficile credere che, oltre al motivo dichiarato che dobbiamo combattere il genocidio in ogni dove, possa aver anche cercato di deviare l'attenzione della stampa. (E in realtà c'è riuscito). D'altra parte, quegli stessi dettagli dell'impeachment hanno sporcato la presidenza al punto che Clinton non può chiedere agli americani di versare il proprio sangue. Ma doveva vendere la sua merce. Bombarderemo, ha detto, ma non useremo le truppe. Questo è ora il grumo di un portentoso imbarazzo nazionale. Non è mai facile difendere la guerra, eppure c'è una differenza viscerale tra un combattimento dedicato solo al bombardare e la partecipazione ad una guerra di terra. La guerra di terra è sempre troppo crudele per la comprensione umana, ma dà esempi di eroismo o sacrificio, e siccome entrambi gli avversari perdono i propri giovani, c'è. oltre al resto, anche un'ombra di cordoglio condiviso dalle due parti. Dopo anni o decenni ciò può perfino consentire una riconciliazione. Il bombardare, invece, è oppressione. E se il bombardamento si fa per non versare il proprio sangue, è osceno. Gran parte dei bombardati non perdonerà mai l'aggressore. E' chiaro che non ci fa piacere meditare sull'odio verso l'America che stiamo seminando tra tutti i popoli poveri del mondo. Volendo spiegare la riluttanza di Clinton all'invio di truppe, Tony Blair ha detto che «il Kosovo è molto lontano dal Kansas». Lo è. Potrebbe anche essere troppo lontano. Se noi come nazione non desideriamo versare sangue per aiutare i kosovari, allora è tempo di smetterla di credere che possiamo prevenire i genocidi, veri o psichici. Tutto ciò che possiamo fare, con questi metodi, è diffondere rovina. Cosa avremmo dovuto fare, allora? Be', quando Rambouillet è fallita avremmo potuto raccogliere le truppe alla periferia del Kosovo, e dare risonanza alla minaccia lanciando volantini in tutta la Serbia in modo da illustrare le atrocità che Milosevic ha commesso. Poi, se Milosevic avesse comunque rifiutato di negoziare, una guerra di terra rafforzata dalla guerra aerea avrebbe potuto cominciare. Anche se ci sarebbero state notevoli perdite tra gli europei e gli americani, una guerra simila sarebbe probabilmente stata vinta in fretta dalla Nato. Per Clinton, ovviamente, era l'ultima soluzione possibile da affrontare. Visto che la nostra è una strategia da poltrona, la vera domanda è: e adesso che facciamo? La risposta: facciamo la pace. Negoziamo. I problemi di ricostruzione di Milosevic sono già abbastanza grossi da costringerlo ad accettare dei risultati ambigui. Se pensa a futuri crediti finanziari - e come potrebbe non pensarci? - non può permettersi di dichiararsi vittorioso. Da parte della Nato, che non vuole sembrare troppo pavida nell'acconsentire ad una pace negoziata, possono venire a galla storie sulle atrocità commesse centro i serbi dall'Esercito di liberazione del Kosovo. Clinton, a sua volta, salverà la faccia quel tanto da permettere alle sue teste d'uovo di conquistargli un vantaggio. Dato il gran cuore di Clinton, che soffre così affidabilmente per tutti noi, è molto probabile che sia lui a prendere la decisione. La Nato, comunque, non può. Tanto peggio per la Nato. La sua funzione principale è finita con la guerra fredda, e si è dimostrata propagandistica e ottusa nel suo desiderio di fabbricarsi un nuovo ruolo. Potrebbe essere meglio ricostruirla come una seria forza d'attacco, una Legione straniera internazionale pronta a morire, se necessario, al servizio dell'Europa e dell'America. Se non dovessero esserci abbastanza volontari per un'esercito così speciale, scrupolo¬ so, e plausibilmente letale, al lora riconosciamo almeno che quando si tratta di contrapporsi al genocidio sotto qualsiasi forma, non siamo pronti a sa crificare i nostri figli e le no stre fighe, no: il nostro cuore non è pronto quanto la nostra lingua. Questa coscienza di sé, per quanto umile, potrà comunque essere utile m futuro. Può servire ad inibire quegli atti di compassione program matica che comunque troppi pochi, tra noi, provano nel vi vo. L'emozione virtuosa, quando è manipolata a livello nazionale ed internazionale, ha mol te probabilità di generare catastrofi. The Washington Post La Stampa-AdnKronos Norman Mailer scrittore «Milosevic è uno degli uomini più astuti spietati e dotati che la Albright abbia mai incontrato» si Presidente può permettersi la pace, la Nato no: tanto peggio per l'Alleanza» A sinistra il presidente Bill Clinton a destra il segretario di Stato Madeleine Albright