Rimpasto di governo un valzer di poltrone di Augusto Minzolini
Rimpasto di governo un valzer di poltrone DOPO IL 13 GIUGNO Rimpasto di governo un valzer di poltrone Augusto Minzolini IN politica ci sono cose di cui si parla ma che non si fanno. Di nuovo, dopo l'assassinio di Massimo D'Antona, si è annunciata la decapitazione dei capi dei Servizi. La notizia è stata per qualche giorno sui media, poi ieri - è stato lo stesso Massimo D'Alema a dire che non se ne fa nulla. Anzi, a quanto pare, il Consiglio dei ministri di venerdì non affronterà neppure il tema della riforma dei nostri apparati. Insomma, l'argomento è stato messo in pentola troppo presto Perché? O chi si è sentito sotto mira ha fatto trapelare questa possibilità per bruciarla. O, più probabilmente, gli aspiranti hanno approfittato del «caso» per agitare le acque: da chi come il sottogretario alla Difesa, Massimo Brutti, vorrebbe quel coordinamento dei Servizi contenuto nella riforma; oppure da chi, come il vicecapo della Polizia De Gennaro, punta al vertice del Sisde. La cosa però è morta lì. Il motivo è semplice: Brutti è diessino, De Gennaro è vicino alla Quercia e in una situazione del genere, con un governo e una maggioranza in ebollizione dopo le vicende quirinalizie, il premier ha preferito non eccedere. Ci sono, invece, cose di cui si vocifera e che alla fine saranno realizzate. Sono appuntamenti che le fonti ufficiali smentiscono, ma che di fatto sono già in calendario. Tra queste, ovviamente, spicca il fatidico rimpasto di governo. Ieri l'Imitò, che è pur sempre il giornale del presidente del Consiglio, ha scritto che Ciampi e D'Alema ne hanno parlato nel colloquio di Castelporziano. E il Capo dello Stato probabilmente ne accennerà nei colloqui che avrà in questi giorni con i segretari dei partiti, almeno quelli della maggioranza. Del resto il premier aveva già preannunciato da settimane ai diversi leader del centrosinistra che .all'indomani delle elezioni europee ci sarebbe stata una ristrutturazione dell'esecutivo. «Dopo il 13 giugno - aveva spiegato - punto ad avere un governo più forte e più rappresentativo di tutte le aree del centrosinistra. C'è un problema di rappresentatività e di funzionalità del governo». Il tema è, quindi, all'ordine del giorno. La compagine dovrà essere registrata tenendo conto degli equilibri che usciranno dal voto e del peso che le diverse forze hanno nell'attuale Parlamento. E, per tanti motivi, i margini di manovra a sua disposizione D'Alema li conosce fin d'ora: dovrà dare più peso ai democratici di Prodi ma nel contempo, anche se il Ppi subisse una batosta elettorale, non potrà penalizzarlo più di tanto, visto che il premier già non ha onorato il patto che prevedeva un popolare al Colle e non può trascurare il fatto che il partito di Marini continua avere un centinaio di eletti in Parlamento. Così, al dunque, chi pagherà il probabile successo di Prodi sa ranno soprattutto gli altri moderati del centrosinistra. I cossighiani, ad esempio, spariranno del tutto. Il ministro della Difesa Scognamiglio (Piero Fassino è il principale pretendente alla successione) e quello per i rapporti con il Parlamento, Folloni, perderanno la poltrona. «Il governo D'Alema-Cossiga - già annuncia Clemente Mastella - è finito. Il rimpasto si farà tenendo conto di chi crede al processo politico del centrosinistra e chi no». Parole enfatiche quelle di Mastella, che non per nulla pensa ad una poltrona di ministro per se stesso: «Al governo - è la sua chiosa finale - debbono andare tutti i segretari dei partiti della coalizione». Con l'uscita degli uomini del Picconatore dovrebbe aprirsi un giro di valzer che investirebbe l'intera compagine. Franco Bassanini dovrebbe lasciare il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per diventare ministro della Funzione Pubblica: il socialista Piazza andrà altrove. Nello spostamento c'è chi vede uno strascico di una polemica di qualche mese fu, quando proprio Piazza ammutolì Bassanini con una frase ormai divenuta celebre: «Lei stia zitto, io sono un ministro, lei ò solo un sottosegretario». 11 posto di Bassanini a Palazzo Chigi, invece, dovrebbe essere assegnato a Pierluigi Bersani che a sua volta lascerà il dicastero dell'Industria a Enrico Micheli. L'ex-uomo di Prodi conclude così il suo «pellegrinaggio»: da collaboratore ombra del Professore, Micheli è finito nell'area del Ppi e ora è diventato uno degli intimi del presidente del Consiglio. In partenza dovrebbero essere anche Antonio Bassolino (ma la vicenda D'Antona potrebbe far ripensare l'operazione) e Tiziano Treu che pagherebbe in prima persona l'estinzione del partito di Lamberto Dini. E i democratici di Prodi? Nessuno vuole Di Pietro nel governo, per cui o il solilo Muccanico sarà cooptato al ministero delle Riforme Istituzionali, o troverà posto nel governo qualche sindaco prodiano. E' superfluo aggiungere che molte di queste elecubrazioni sono frutto della mente di qualche aspirante new-entry, come il capogruppo diessino Cesare Salvi, e che a Palazzo Chigi qualche consigliere del presidente affronta l'argomento con una domanda seguita da un sospiro: «Ma chi l'ha detto che ci sarà un rimpasto, invece, di una crisi di governo?».
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