«Ma noi vogliamo gridare senza essere presi per br»

«Ma noi vogliamo gridare senza essere presi per br» t SINDACATI ANTAGONISTI «NON CI LASCEREMO CRIMINALIZZARE» «Ma noi vogliamo gridare senza essere presi per br» reportage Aldo Camillo ROMA ALLORA: il nostro referente al Lavoro è Raffaele Morose. Se preferite: con Antonio Pizzinato abbiamo lavorato per tre anni. Non vorrei che, di questo passo, dessero la colpa a noi se, mettiamo, un matto va al ministero o alla Cgil e...» «...Non lo dire, Vincenzo, che porta male. E poi non si sa mai», interviene Emidia Papi, guardando con sospetto il cronista in ascolto. Sospettosi in effetti un po' lo sono; oltre che, come sempre, indignati e smagriti dalla rabbia antagonista, qui in via Appia Nuova, sede della Federazione delle rappresentanze sindacali di base «tre milioni al mese d'affitto, non abbiamo accordi di comodo con enti pubblici, noi» - e da ieri avamposto nella terra di nessuno del dissenso radicale. Rivendicano il diritto di gridare «D'Alema assassino» senza essere confusi con gli assassini, quelli veri. Sostengono che tra governo e terroristi «c'è un'oggettiva concordanza di interessi: togliere spazi alla sinistra antagonista, ricondurla sotto l'ala della sinistra di guerra». A Ottaviano Del Turco, che invita a vigilare sul loro estremismo, ricordano «i bei tempi dei soldi di Craxi». Rinnegano volentieri il loro anticonformismo per attaccare i giornalisti, «caduti in trappola», protagonisti di «un attacco sproporzionato al sindacalismo di base». Respingono qualsiasi correlazione con i nuovi brigatisti, sia che si rivelino «sciagurati epigoni di quelli vecchi», come non escludono, sia «sprovveduti eterodiretti», come forse pensano (Robin Hood li chiama Piero Bernocchi, il più magio di tutti, come fece Lotta Continua nel '72, all'indomani dei primi sequestri-lampo). E ripetono che «non arretreremo di un millimetro nel denunciare la concertazione, le privatizza- zioni, la flessibilizzazione, l'attacco allu democrazia, le trasformazioni sociali, il conflitto nei Balcani...» «Insomma, fermeremo non solo la guerra, ma anche le nuove Br», è i) vasto Iirogramma di Vincenzo Miiucci, che di tutti è invece il più indignato. Dalle pareti, la copertina della rivista Proteo minaccia improbabili lettori di intrattenerli sulle «tendenze macroeconomiche del processo di ristruttu¬ razione capitalistica» (quella del numero ante-scissione ha invece in copertina il volto tranquillizzante di Nerio Nesi e un cartello contro «il privato brutto e ladro»). E poi poster con operaio di Belgrado davanti alla fabbrica distrutta dalla Nato, il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo riprodotto in scala e rivisitato in versione naDIERESIif, citazioni ambiziose di Bacone - «è necessario che colui che indaga le manifestazioni della materia capisca la totalità delle cose» -, la vignetta di Giannelli con Lama che arringa i «compagni lavoratori» e il suo sciagurato epigono Cofferati che si rivolge agli «amici disoccupati». Nell'impreciso revival Anni 70, che sembra inverare il motto marxiano sui fenomeni storici destinati a manifestarsi come tragedia e ricomparire come farsa, gli antagonisti di fine secolo assicurano che non saranno la nuova zona grigia, che coltivò con il partito armato rapporti di competizione, disprezzo, comprensione. «Guardi, noi non ripeteremo l'errore della sinistra extraparlamentare - spiega Bernocchi -. Per noi i brigatisti rossi non sono "compagni che sbagliano": sono nemici. E come tali li combatteremo». Il coordinatore nazionale Pierpaolo Leonardi combatte nel frattempo per vie legali: è annunciata una querela per diffamazione contro Alfiere Grandi, responsabile Ds per le questioni del lavoro, e contro direttore e articolista del Corriere della Sera, rei di averne riportato «gli accostamenti tra le "posizioni estreme" delle rappresentanze di base e dei Cobas e le argomentazioni delle Br». Il risarcimento, spiega Leonardi preconizzando la vittoria legale, andrà agli operai jugoslavi, quelli del poster, che ci auguriamo informati dei tempi della giustizia italiana. «Certo che conoscevamo D'Antona - dice Leonardi -. E lo av¬ versavamo. Ad esempio, sull'ipotesi di modifica della legge sul diritto di sciopero. Ma i rapporti con i nostri avversari non li risolviamo a pistolettate». Invece i giornalisti, denuncia Miliucci, «hanno scritto che abbiamo organizzato l'assalto alla sede Inpdap di via Nazionale come diversivo all'attentato. Poi hanno dovuto smentire. Ma intanto la diceria è passata... Così a Firenze hanno perquisito sedi, sequestrato computer e dischetti al leader locale, emesso trenta avvisi di garanzia per la nostra manifestazione del 13 contro la guerra, datati 21 maggio, dopo l'agguato di Roma...». «Qui vogliono criminalizzare un movimento di massa, che alle elezioni per le rappresentanze sindacali del pubblico impiego ha avuto un gran successo», taglia corto Emidia Papi, snocciolando i risultati: duemila eletti, 5 per cento in media, con punte del 13 tra i parastatali e del 9 nella roccaforte dei vigili del fuoco. «E poi ci danno degli incendiari...». «Confonderci coi killer questa è la trappola di governo e terroristi» «Non rifaremo l'errore degli extraparlamentari negli Anni Settanta» Una manifestazione organizzata dai Cobas nelle strade di Napoli la scorsa estate

Luoghi citati: Belgrado, Firenze, Napoli, Roma, Volpedo