D'Alema:«Nè timore, nè vendetta»

D'Alema:«Nè timore, nè vendetta» Bertinotti lancia una campagna antiterrorismo e attacca Cossutta «in cerca di notorietà» D'Alema:«Nè timore, nè vendetta» E sull'indulto è polemica tra Rifondazione e Polo ROMA Non ci faremo né intimorire, né condizionare: nel consueto appuntamento del lunedì con la stampa, Massimo D'Alema ha commentato così il fatto che sulla sua casa al mare, «in affitto in un condominio di Gallipoli», sia comparsa la stella a cinque punte delle Brigate rosse. «Non dobbiamo farci trascinare in una logica di vendetta, perché la logica dello Stato non sta nella ferocia, ma nella sua efficienza». E non a caso, infatti, si è riacceso nel mondo politico, in quello giudiziario e in quello dell'informazione, il dibattito sull'indulto, il provvedimento più volte riproposto e sempre accantonato con il quale lo Stato voleva chiudere definitivamente gli «anni di piombo». E la polemica sui tema dell'indulto nei prossimi giorni, certamente continuerà. D'Alema ha promesso una valutazione serena, «non ci faremo condizionare, né ci abbandoneremo a reazioni ritorsive». Ma già rullano i tamburi. Verdi, Rifondazione e Comunisti italiani fanno sapere che non c'è motivo per non procedere. Ma il Polo protesta. Tra i primi leader a prendere posizione, Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini, con un bel «no» secco. Per Forza Italia parlano La Loggia e Pisanu, ed è pollice verso. Il governo non si aspettava una ripresa del terrorismo, dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Franco Bassanini. E nella capitale, dentro e fuori i palazzi che contano, esattamente come vent'anni fa, si vocifera di un «regista* del ritorno del terrorismo rosso. La cosa vien fuori con una domanda di un giornalista, proprio durante il briefing di Palazzo Chigi, e ciò non è strano, perché se gli inquirenti valutano in una ventina gli aderenti delle nuove Br, è evidente che, dati gli elevati costi per mantenere anche solo una persona in clandestinità, qualcuno deve pur averli finanziati. Il primo nome che gira è quello di Milosevic che, del resto, aveva avanzato lo stesso generale Clark, domenica scorsa parlando alla base Nato di Vicenza: «Il governo deve avere riserbo, le ipotesi le fanno gli inquirenti, noi non siamo in grado di confermare questa ipotesi», dice D'Alema. Il ministro degli Esteri Dini, da Firenze, è stato più categorico: «è un'ipotesi che escludo completamente. Non capisco su quali basi il generale Clark possa dire cose di questo genere». Sta rientrando, sia pur timidamente, la violenta polemica che aveva scatenato la famosa frase pronunciata a caldo, dopo poche ore dell'attentato a D'Antona, da Fausto Bertinotti: «Nel documento delle Br l'analisi socio-economica è condivisibile». Ieri, il segretario ha indetto una vera e propria campagna contro il terrorismo. Prima, una riunione della direzione nazionale a porte aperte, accessibile cioè agli organi d'informazione, poi una conferenza stampa, e infine una manifestazione anti-terrorismo, la prima di una serie, a Genova, coronata dall'incontro con la figlia di un sindacalista che proprio dalle Br fu ucciso, Guido Rossa. E' totalmente falsa la nostra ambiguità contro il terrorismo, ma rivendichiamo il diritto di preservare la dialettica democratica del Paese, ha detto Bertinotti. Ovvero: le Br non ci piacciono per niente, ma non per questo smetteremo di combattere contro «il governo liberista». Bertinotti ha condannato come «molto gravi» le scritte delle Br sulla casa del presidente del Consiglio a Gallipoli, e a Polena che gli rimproverava mancanza di solidarietà con i ds per gli attentati contro le loro sedi ha ricordato di aver personalmente scritto, non appena accaduto il primo episodio, personalmente una lettera al segretario di sezione. E ha invece attaccato i Comunisti italiani, «in cerca di notorietà elettorale e vittime del senso di colpa che gli provoca stare al governo», che dal loro primo congresso, e per bocca di Cossutta, lo avevano attaccato. Ma la verve polemica di Bertinotti non si placherà facilmente: reputando di essere stato oggetto di una vera e propria campagna denigratoria, quando ha saputo che D'Alema aveva apprezzato le parole di condanna del terrorismo, ha commentato «il presidente del Consiglio alla fine ha capito quel che agli altri era chiaro sin dall' ini zio». Ma intanto, ieri, il numero due di Botteghe Oscure ha incontrato il ministro degli Interni: Pietro Folena ha chiesto a Rosa Jervolino come mai, dopo 50 attentati a sedi diessine in tutt'Italia, non ci sia stato nemmeno un fermo. Il partito di maggioranza del governo è allarmato, anche, per via delle dchiarazioni di alcuni questori, come quello di Bologna, che sembrano «minimizzare» quanto accade, [aut. rain.] Dopo gli attentati alle sedi diessine chiesto l'intervento del ministro Jervolino La pista Milosevic? Il premier: ci vuole riserbo. Il ministro Dini: «Lo escludo del tutto»

Luoghi citati: Bologna, Firenze, Gallipoli, Genova, Italia, Roma, Rosa Jervolino, Vicenza