Forse filmati gli assassini di D'Antona di Francesco Grignetti

Forse filmati gli assassini di D'Antona Le telecamere in via Salaria hanno ripreso dei volti che corrisponderebbero agli identikit Forse filmati gli assassini di D'Antona Treu e Bassolino rivelano alla polizia i loro sospetti Francesco Grignetti ROMA Gli investigatori speravano in un colpo di fortuna. Forse l'avranno. Passando e ripassando alla moviola i nastri registrati dalle telecamere sistemate in via Salaria, all'ingresso della facoltà di Sociologia e davanti a una banca, ci sono dei volti che tornano. Potrebbe essere un caso. Ma quei volti rassomigliano molto agli identikit preparati dalla polizia scientifica sulla base delle testimonianze. L'analisi comparata delle videocassette è un lavoro lento e noioso. Potrebbe diventare risolutivo. Così come l'analisi dei tabulati telefonici. I telefonini portatili, si sa, lasciano una traccia della loro presenza nei computer della Telecom. Anche in questo caso il risultato potrebbe trasformarsi in una prova risolutiva sulle presenze in via Salaria sia il mattino del delitto, sia i giorni precedenti. Questo lavoro «tecnologico» della polizia s'incrocia con i metodi più tradizionali. La ricerca di testimoni, ad esempio. C'è un'altra donna che ha visto due terroristi, uno giovane e uno sui 40-45 anni, in via Salaria. Li ha notati la sera prima dell'omicidio, all'angolo con via Basento, e si è incuriosita per il loro strano comportamento: i due erano scesi da una macchina, lasciando le portiere ancora aperte, e si guardavano intorno. Sguardi febbrili in su e giù. Poi sono risaliti e sono andati via. Era un sopralluogo. Qualche ora dopo i terroristi avrebbero portato il secondo furgone per completare la scenografia del piano omicida. Prime certezze anche dall'autopsia: Massimo D'Antona è stato colpito con sei proiettili di calibro 38, sparati da un revolver senza silenziatore. Il killer, che gli si era posto di fronte, ha scaricato addosso al professore l'intero tamburo, continuando a sparare anche quando l'uomo era in terra.' Il colpo mortale era quello diretto al cuori-. Gli altri l'hanno raggiunto in diverse parti del corpo. L'impressione è che l'assassino fosse molto determinato, ma non esperto. Quindi la fuga: i due giovani su un motorino parcheggiato poco distante, l'uomo adulto su una macchina ancora misteriosa. E intanto è partita ufficialmente la caccia alla presunta «talpa». Sono stati sentiti dalla polizia i ministri Treu e Bassolino, più alcuni alti dirigenti del ministero del Lavoro. Evidentemente sono finiti a verbale alcuni sospetti che finora erano rimasti in discorsi e interviste. D'altra parte che ci sia la mano di un sindacalista, nel documento di rivendicazione dell'omicidio, è convinzione di tutti gli investigatori. Nel testo non ci saranno argomenti segreti, anzi. Però solo un addetto ai lavori si potrebbe muovere con tanta disinvoltura tra leggi, regolamenti, comitati di esperti, regole sulla rappresentanza. Fanno notare, a margine di vertici tra investigatori, che è anche inedito un documento terroristico che non inneggi alla «unità del proletariato» quanto ad abbattere la legge sulla rappresentatività dei sindacati minori. Gli investigatori sono sempre più alla ricerca di un filo rosso che leghi le vecchie Br «movimentiste» alle nuove «parasindacaliste». D'altra parte è evidente il rifarsi, nel testo del documento di rivendicazione, a formule presenti in altri documenti di brigatisti in carcere. Passaggi dei volantino, «Non è questa la libertà che voghamo» ad esempio, con data 1997 e firma di dieci Br irriducibili responsabili dell'o¬ micidio Ruffilli, tornano spesso e volentieri nel documento ultimo. Da notare che il testo del 1997 è facilmente rintracciabile su Internet. Continuano così le perquisizioni nelle carceri. Ieri è toccato a Novara, Opera, Napoli, Milano e Roma. Sono state rovistare le celle di molte decine di brigatisti. La polizia cerca l'originale del documento di rivendicazione. Ai giornali sono arrivate solo fotocopie. In qualche computer, o dischetto, dovrebbe essere immagazzinato il testo base. Si fanno ricerche «mirate», dicono gli investigatori. Forse è saltato agli occhi che il testo ha una strana numerazione: le pagine pari hanno il numero in alto a sinistra, le dispari in alto a destra. Queste particolare, insieme alla scoperta di diversi errori di battitura e l'attenzione vezzosa al simbolo ben sistemato in apertura di pagina, fa pensare a un software un po' particolare. Non un semplice programma di scrittura, quanto un programma per impaginazione. Uno di quei programmi professionali che usano i grafici pubblicitari o editoriali. E poi è ripresa con nuova lena la caccia ai latitanti. Ce ne sono diverse decine, di brigatisti, che si sono dileguati. Secondo l'on. Franco Frattini sarebbero addirittura «oltre cento quelli di cui si è persa traccia». Perde consistenza, però, la pista-Scarfò. Pista, a dire il vero, più giornalistica che investigativa. Infatti Gregorio Scartò, genovese, latitante insieme ad altri sei brigatisti dell'ultima colonna ligure, ultima segnalazione in Nicaragua, era stato indicato come protagonista di una recente rapina a Prosinone. La rapina era stata atipica: i malviventi erano entrati gridando «Non sono i vostri soldi che ci interessano, ma quelli di Prodi!» e si erano poi allontanati con appena cinque milioni e le pistole di sei agenti di polizia. I presunti responsabili sono però stati arrestati. E Scartò non sembra entrarci per nulla. Un'altra testimone aveva notato due attentatori

Persone citate: Bassolino, D'antona Treu, Franco Frattini, Gregorio Scartò, Massimo D'antona, Ruffilli, Treu

Luoghi citati: Milano, Napoli, Nicaragua, Novara, Opera, Roma