LE PALESTRE DI ARRAMPICATA

LE PALESTRE DI ARRAMPICATA GUIDA ALLE ESCURSIONI LE PALESTRE DI ARRAMPICATA La parete intesa come pretesto per una giornata nella natura CMERANO una volta le palestre di •arrampicata. Erano dei luoghi un po' misteriosi e molto esclusivi dove gli alpinisti scioglievano i muscoli e si «rifacevano le dita» dopo la lunga inattività invernale. Erano pareti, creste e cime in mi datura destinate al ruolo di cenerentole della montagna vera, modeste anticamere dell'avventura, palestre - appunto - su cui misurare il proprio stato di forma in vista dell'estate. Gabriele Boccalatte, uno dei migliori alpinisti torinesi tra le due guerre, il 3 maggio 1936 annota sul suo diario: «Andia¬ mo ai Denti di Cumiana in 27, col torpedone. In cordata con F. Palozzi. Nonostante un mal di stomaco e la totale mancanza di allenamento, faccio i passaggi abbastanza bene». Questi rituali si ripetevano ogni primavera ai Tre Denti e alla Rocca Starila, le palestre storiche del Pinerolese, a Rocca Setta e al Monte Pirchiriano all'imbocco della Valle di Susa, ai Picchi del Pagliaio in Vai Sangone, alle Lunette e al Monte Più in Val di Lanzo, tanto che le vie normali oggi sono levigate come acquasantiere. Ma poi è venuto il Sessantotto anche in montagna e Gian Piero Motti ha scritto: «Sarei molto felice se su queste pareti potesse evolversi una nuova dimensione dell'alpinismo .spogliata di eroismo e di gloriuzza da regime, impostata su una serena accettazione dei propri limiti, in un'atmosfera gioiosa, con l'intento di trarre, come in un gioco, il massimo piacere possibile». Così la «palestra» è diventata la «parete» e si è cominciato ad arrampicare per il gusto di arrampicare, al sole, in compagnia, anche a pochi minuti dall'auto senza l'alibi dell'allenamento e la giustificazione catarchicadella vetta. Si sono riscoperti i vecchi luoghi con occhi nuovi, splendidi belvedere dove sembra di essere sospesi sulla pianura, e si sono esplorati tanti posti nuovi, tra faggi, betulle, antiche mulattiere e borgate di pietra abbandonate. Oggi, dopo la sistematica applicazione degli spit (i tasselli a espansione che permettono ovunque una perfetta assicurazione), le valli vicine a Tonno offrono una gamma ineguagliabile di possibilità agli amanti delfarrampicata, dal rugoso gneiss del Pinerolese al calcare stratificato della Valle di Susa al serpentino delle Vani di Lanzo. Molti luoghi sono così belli che meritano anche una visita escursionistica, abbinando lo sport alle curiosità culturali e a una sosta gastronomica. Per i neofiti è assolutamente indispensabile la compagnia di una giuda alpina. Nel Saluzzese c'è un balcone sul Monviso che un tempo era conosciuto soltanto per le sue cave e il suo panorama, ma negli Anni Ottanta è diventato uno dei più grandi centri di arrampicata del Piemonte: è il Monte Bracco, nella bassa Valle del Po. La guida di Flavio Parussa Arrampicare in Valle Po: Monte Bracco, Rocciavrè e altre zone (edizioni San Giuseppe) riporta 550 itinerari di scalata, che in gran parte si sviluppano sull'ottimo gneiss del Bracco caratterizzato da curiose intrusioni di quarzo. Da Sanfront ( 18 km da Saluzzo) si svolta a destra seguendo l'indicazione «Mombracco», si raggiunge la chiesetta della Madonna delle Grazie, e si imbocca una ripida stradina a destra di un rio che termina in un parcheggio tra i castagni. A piedi si raggiungono in pochi minuti i cascinali La Balma dove si trova il posto-tappa MlravMi, gestito da Maria Rosa Raso (tel. 0175/94.88.35), che offre camere in affitto (10 posti) e servizio di trattorìa con cucina piemontese. E' aperto nei fine settimana e su prenotazione. Continuando per il sentiero tra muretti di pietra, massi e castagni secolari, in circa mezz'ora si raggiungono le prime rocce, disposte ad anfiteatro in pieno sole e affacciate sulla piramide innevata del Monviso. Per chi non ama il vuoto è molto consigliabile la salita alla cima del Monte Bracco (1307 m), su sentiero segnato che richiede meno di un'ora di sai ita. In alternativa, poco oltre Sanfront, si può visitare la suggestiva Malga Bovet, un antichissimo insediamento incastonato sotto un enorme tetto di pietra e abitato fino a una trentina di anni fa. La storica «palestra» del Pinerolese è la Rocca Sbarua (toponimo che vuol dire «spavento» in piemontese), frequentata già negli Anni Trenta da personaggi come Ettore El'iena, Giusto Gervasutti e Gabriele Boccalatte. Dopo la guerra venne Guido Rossa e tracciò 1 itinerario più spettacolare sulle Placche Gialle, una parete strapiombante di cento metri ben visibile anche dalla pianura. Recentemente la Sbarua è stata completamente riattrezzata e ampliata verso settori un tempo inesplorati, con centinaia di possibilità per tutti i gusti e tutte le capacità. La roccia è splendida e ricorda le conformazioni granitiche del Monte Bianco. La recente guida di Michele Carbone Rocca Sbarua, 70 anni di arrampicata descrìve quasi 200 itinerari. Per arrivarci bisogna imboccare la Val Lord na da Pinerolo, superare l'abitato di Talucco e continuare fino alla frazione di Bruii (parcheggio) o di Dairin. Valicato a piedi il Col Giardonet, si attraversa su mulattiera un magnifico bosco di faggi e dopo circa mezz'ora si raggiunge il rifugio Melano, ai piedi delle pareti, gestito da Piergiorgio Manavella (tel. 0121/35.31.60); offre una ventina di posti letto ed è aperto nei fine settimana e durante le feste; ottimi i toni ini e le acciughe. L'escursione al rifugio è consigliabilissima, come pure la salita al Colle Spedita e al Monte Freidour, su comoda mulattiera. La terza meta è Traversane, nel Canavese, capoluogo della ValchiuseUa. Già quarant'anni fa alcuni arrampicatori locali cominciarono a frequentare le rocce rossastre che si alzano sopra i boschi della media valle, disegnando alcune vie di pregio, ma la recente riscoperta ha fatto d Traversella un centro importante per qualità e quantità tiegli itinerari (quasi 300), in parte descrìtti nella guida di Amateis, Caresio e Getto Arrampicare a Traversella. L'accogliente rifugio, la dolcezza del paesaggio e le notevoli opportunità escursionistiche ne fanno una meta ideale per arrampicatori e famiglie, con un settore - quello delle Speranze - espressamente dedicato ai bambini. Dal parcheggio di Traversella il sentiero ben segnalato porta in circa mezz'ora al rifugio Bruno Plana, gestito da Gianni Getto (tel. 0125/74.92.33), con 30 posti e una buona cucina rustica. Le pareti sono a pochi minuti, ottimamente attrezzate per tutti i gusti, ma chi volesse continuare per il Sentiero delle Anime scoprirà la magia delle incisioni rupestri indicate in nove stazioni lungo il percorso. Enrico Cantarmi