SUL MULTIPLEX

SUL MULTIPLEX SUL MULTIPLEX Continua su «TorinoSette» il dibattito sui Multiplex. Nei giorni scorsi si è svolta all'Agis una riunione fra rappresentanti di Anec, Epat, Confesercenti e sindacati di categoria da cui ne è scaturito un documento in cui si richiede un intervento degli enti locali. Questa settimana ospitiamo un contributo dell'avvocato Claudio Ferrara, direttore generale dell'Epat. ^jfek UALE tipo di cultura cinematograSfJBfica e di cultura in genere ci si può ^BLaspettare dall'ipotesi Multiple?:? Una cultura dettata dalla scelta a monte dello spettacolo a cui si vuole assistere, quindi dallo sviluppo personale del proprio gusto, o piuttosto una scelta condizionata da altri in un megacontenitore che offrirà certamente prodotti di questa o quella casa di produzione? Non vi è ombra di dubbio sulla seconda ipotesi. Nasceranno quindi feudi dell'intrattenimento, opportunamente integrati da concentrazioni di consumo anch'esse indirizzate da grandi interessi commerciali e la possibilità di scelta, o meglio la capacità di comprendere che non si sta scegliendo, ma si viene scelti, si affievolì- rè inesorabilmente. I Megaplex o Multiplex partendo da un numero di 12 o 15 schermi in su, sposteranno verso le periferie i giovani, uccideranno i cinema del centro e con loro tutta quella rete di consumo che ad essi è collegata. Non convince la superficiale contestazione: tuttavia i bar, i ristoranti, il commercio non sono collegati solo marginalmente alle visioni cinematografiche. Di certo quando la scelta è cinematografica o musicale o di teatro, il bar, il ristorante sono l'indotto di questa e dalla stessa traggono vita e con essa si caratterizzano. Basti pensare alla denominazione: i bar «Conservatorio» o i ristoranti con il nome del cinema e del teatro adiacenti sono all'ordine del giorno nelle città italiane. E non è difficile comprendere la motivazione di questo fenomeno: la vivacità culturale e il movimento che ne deriva sono un motivo di consumo e di intra ttenimento per le persone. Ma ancora di meno convince l'osservazione che i Multiplex sono ineluttabili, perché vengono da esperienze estere e nascono in America o ancor peggio rispondono ad un'esigenza. Torino ha il centro e le periferie. Queste ultime si fondono inscindibilmente con i centri limitrofi. Si può realmente pensare che venti schermi a Nichelino, Beinasco, piuttosto che a Settimo faranno bene al cinema e a Torino intesa appunto come «grande città»? Lo può pensare solo quel sindaco che, con notevole miopia, ritenga che nella nostra realtà si possa arricchire un transetto indebolendo la navata centrale. Il centro di Torino non va indebolito perchè in primo luogo esiste, poi perchè si sforza di ripulirsi e mobilitarsi per i turisti e i torinesi. Basta recarsi nella zona dell'antico quadrilatero romano per vedere l'embrione di una possibile rivitalizzazione con locali anche di stampo etnico, caffè storici ed enoteche di qualità. A Torino il locale storico rivisitato in chiave moderna vive e «fa tendenza» proprio perchè ha la fortuna di trovarsi vicino al Bene Culturale; non si può pensare che in questo contesto la sala cinematografica emigri: cambiando la geografia dell'intrattenimento non potrà che essere minata la geografia e la qualità del consumo. Tonno ha delle chanches, ovvero le molte realtà industriali dismesse nel centro cittadino: perchè non sfruttare la possibilità di rivitalizzare queste aree come centri multimediali di svago e intrattenimento, piuttosto che creare cattedrali nel deserto? Claudio Ferrare

Persone citate: Claudio Ferrara

Luoghi citati: America, Beinasco, Nichelino, Torino