Un arcobaleno tutto naturale

Un arcobaleno tutto naturale COLORANTI VEGETALI Un arcobaleno tutto naturale Riscoperti fiori e piante con qualità tintorie Ametà dell'Ottocento un ricercatore inglese ha messo a punto il primo colorante di sintesi: la malveina. In passato per colorare tessuti, cosmetici, ecc. si impiegavano poche specie vegetali spontanee nell'area mediterranea come il cartamo, lo zafferano e la rabbia (Rubia tinctorium, à&ruber, che significa rosso), accanto ad altre introdotte dall'Oriente come l'indaco, la curcuma e l'henne. Dopo la scoperta dell'America si verificò una vera e propria esplosione di colori naturali; d'altra parte, viviamo in un mondo colorato: dall'abbigliamento ai cibi, dall'arredamento alla natura che ci circonda, in grado di regalarci, in ogni mese dell'anno, sinfonie colorate superbe anche quando predomina il solo verde come avviene in primavera. Il colore ha avuto ed ha una grande influenza sul lavoro dei genetisti che per soddisfare le esigenze dei consumatori cercano di ottenere fiori e frutti dai colori sempre più intensi, vivaci, brillanti, con screziature, maculature, venature. La maggior parte delle piante viene impollinata dagli insetti attirati dai colori più sgargianti; nei fiorì esistono tre grandi grup- Si di pigmenti: i carotenoidi, risolubili e localizzati nei cromoplasti che danno le tinte rosse e gialle; gli antociani solubili responsabili dei colorì dal rosso al blu e i flavonoidi idrosolubili portatori di molti gialli. A seconda che i coloranti di un gruppo siano predominan ti o meno d fiora assume una tinta S'uttosto che un'altra. Se possiei soltanto una modesta quantità di flavonoli appare bianco; le combinazioni possìbili sono pressoché infinite, anche se prevalgono i gialli e i rossi. Il Ministero delle Risorse Agrìcole Aumentali e forestali, particolarmente sensibile all'evolversi delle problematiche interessanti la realtà agricola nazionale, ha promosso e finanziato un progetto di ricerca sulle colture alternative (Prisca). Si ritiene che nei differenti scenari simulati per i prossimi decenni new crops (nuove colture) chiamate anche «no food» ossia specie non alimentari, destinate ad impieghi non tradizionali, diventino sempre più im- portanti. In questo ambito un gruppo di ricercatori di differenti Università italiane ha voluto riscoprire alcune specie ormai dimenticate con buone potenzialità tintorie, semplici da coltivare, adattabili a terreni anche marginali per riproporle in coltivazione. Dalla ricerca è scaturito anche un interessante volumetto a cura di Mauro Marioni (Lepiante coloranti, Edagricole, lire 35.000). Apprendiamo così che l'Amaranto (Amaranthus tricolore A. cruentus). specie tropicale ormai coltivata come orna¬ mentale nei giardini, e, se pure introdotta dall'India e dalla Malesia da molto tempo presente negli incolti come infestante, fornisce, grazie all'amarantina e alla isoamarantina, due pigmenti presenti nelle foglie e nei fusti, colore rosso. Mentre la calendula possiede carotene nei cloroplasti delle cellule vegetali dei capolini prestandosi a colorare lana e seta di giallo anche se il colore può presentare sfumature di verde. Il carcadè (Hibiscus sabdarìffa>, originario del Sudan secondo alcuni e secondo altri della Male- sia, molto diffuso in Egitto e importante per l'economia egiziana grazie alla produzione di fibre, possiede nel calice due pigmenti, la cianidina e la delfinidina, che colorano di rosso. Il cartamo (Carthamus tinctorius) la cui etimologia significa, dall'arabo, appunto tingere, già adoperato hi Egitto 3500 anni fa, possiede anch'esso pigmenti di colore rosso e giallo, forniti dai capolini, adatti per tingere tessuti fini come cotone e seta, ma anche per colori da pittura. Dalle bacche della fitolacca (Phytlacca americana), originaria dell'America Settentrionale, ma naturalizzata in Italia dove è divenuta una infestante delle colture di mais, infestazione che negli Usa si cerca di contenere tramite un fungo (Phoma sarghina), si ottiene un succo rosso intenso utilizzato tra l'altro per preparare l'inchiostro, mentre gli africani utilizzano la radice della pianta ricca di saponine come fonte di detergenti per i tessuti. Dell'Jsaf l'i- tinctoria, unabrassicacea (della stessa famiglia di cui fa parte il cavolo), spontanea in quasi tutta l'Europa, impiegata dagli antichi britannici per tingersi i corpi forse per incutere terrore ai nemici, si utilizzano le foglie per ottenere l'indaco, oggi soltanto più sintetico. Era assai popolare nel medioevo in Toscana, e soprattutto in Normandia, provincia che forniva il famoso blu di Persia di cui i paesi orientali erano incredibili compratori (da Bordeaux venivano esportate ogni anno oltre due-' cento balle di questa pianta, del peso di 100 kg ciascuna). L'henne, invece, proviene dalla Lawsonia alba, una litracea (famiglia di cui fa parte anche una popolare ed amata pianta per il giardino, la Lagerstroemia). Le sue foglie e gli steli essiccati e compressi si presentano sotto forma di una polverina giallo-verdastra che secondo una millenaria tradizione viene usata cone tintura arancione, rossa e marrone sia per colorare manufatti e tessuti, sia per tingere i capelli, le unghie e la pelle. Talvolta si miscela all'indaco. Betta Accatl Università di Torino Promosso un progetto di ricerca su colture «no food» facili e adatte a terreni marginali Cartatno (Carthamus tinctoriia) Fam. Asteraceae Amaranto k (Amaranthus tiicchr L.) w Fam. Amararnhaceae ' m (Phitolacco americana L) Fam. Phytoiaccaceae

Persone citate: Amaranto, Mauro Marioni, Prisca, Rubia