FILOSOFI E SCIENZA ERRORI E IMPOSTURE

FILOSOFI E SCIENZA ERRORI E IMPOSTURE FILOSOFI E SCIENZA ERRORI E IMPOSTURE Sokal e Bricmont contro i postmoderni ALI t LIO Maramotti a canzone a nel White e che nei re lo scivolo n inglese one di lusionato. cato titolo dretti» i ni 0). n scena nell'altra, onaggi; ard, llerine), nte città di va) votata al nciato. ni scena è sul più bello elenovela rico. mpazzire il ente, presenta o, una miccante e ote ma non ro «da tagne russe re da soli se, i giovani e di una a», edita e a Sofia, a ma la coerente di leopardo, aPuglia di un indirizzo ori per avere dita: L nocciolo del libro di Sokal e Bricmont, che, preceduto da discussioni, prese di posizione, scomuniche e tormentoni, esce finalmente anche in traduzione italiana, è l'analisi critica di numerosi errori, o di vere e proprie «imposture», in cui incorrono certi filosofi recenti, soprattutto francesi, quando credono di poter liberamente estrapolare dalle «scienze dure» - fisica o, prima, matematica (come accade nell'uso che ne fa per esempio, in psicoanalisi, Lacan) - concetti o leggi che applicano per affermazioni di carattere generale sui più vari terreni della filosofìa e delle scienze umane. Nelle loro critiche, i due autori hanno per lo più una montagna di buone ragioni. Si deve tuttavia suggerire di tener conto proprio del loro metodo ai tanti che, sia prima, sia ora dopo la pubblicazione del libro in italiano, credono di poter estrapolare dal testo una generale crìtica di gran parte della filosofia recente, soprattutto di quella che si richiama a Nietzsche, a Heidegger, all'ermeneutica. Nietzsche, Heidegger, Gadamer non sono mai nominati nel volume - si confronti l'indice dei nomi, che tuttavia trascura di segnalare il nome di Heidegger citato di sfuggita in una nota di pagina 58. E' vero che a questi autori classici dell'ermeneutica contemporanea si può fondatamente pensare in quanto la polemica di Sokal e Bricmont è in generale puntata contro ciò che essi ritengono di poter raggruppare sotto il nome di postmodernismo, un orientamento che, almeno in alami suoi aspetti, ha sicuramente da fare con l'ermeneutica. Tuttavia, proprio queste pretese più generali della critica condotta nel libro sono le più deboli e le meno «scientifiche», un bruite grave dato il tono e l'assunto del libro. Ma, ripetiamo, a parte questo limite e in generale l'imprecisione e la genericità di tutto ciò che il libro chiama relativismo postmodernista, le pagine in cui si stigmatizza il linguaggio pseudoscientifico di molti autori francesi arcipopolari anche da noi (da Julia Kristeva a Lacan, da Deleuze a Baudrillard) sembrano del tutto condivisibili, Non però ciò che i «sokaliani» italiani, che si segnalano per la loro assidua presenza sulle pagine del «Sole-24 ore», credono di poterne ricavare. Qui è in corso una vera e propria crociata contro il relativismo e il nichilismo, cioè (ma perché mai?) contro l'ermeneutica. Con gran sfoggio di scritti di pensatori analitici, anglosassoni o anche italiani, i cui testi, però, proprio come accade con il libro di Sokal, molto di rado si lasciano utilizzare allo scopo. E' il caso del bell'articolo di Paolo Panini uscito sul numero del 9 maggio, che difende la ragionevolezza delle tesi convenzionalistiche in epistemologia distinguendole da quel nichilismo relativistico contro cui Armando Massarenti ha intrapreso, impegnandovi la pagina filosofica del giornale, la sua battaglia. Ma nemmeno l'articolo di Haitiane (sempre nel numero del 9 maggio), e prima quello di Michael Dummet con il quale il giornale ha riaperto la discussione (già ampiamente sviluppata due anni fa; l'estate è evidentemente alle porte), portano al mulino del «ritorno ali ordine» realista quell'acqua che Massarenti sembra aspettarsi. Gli autori criticano l'ignoranza scientifica di filosofi come Julia Kristeva e Derrida (sopra, da sinistra) Unfaccusecheha forti limiti ma si può wndwùlere mentre è altra cosa la crociata contro l'ermeneutica La tesi teorica di Sokal e Bricmont, poi, si limita a sostenere che «il miglior modo di spiegare la coerenza della nostra esperienza è di supporre (corsivo mio) che imondo esterno corrisponda, almeno approssimativamente, all'immagine che di esso ci offrono sensi» (pag. 62). Ma questa supposizione la condividono volentieri anche i più efferati filosofi postmoderni. I quali - ma solo glesponenti francesi della correntese mai si può chiamare tale fanno poi una serie di errori quando, seguendo un vizio che la filosofia antipositivistica francese ha probabilmente ereditato proprio dai suoi avversari, pretendono di argomentare le loro tesi su La tesi teorica di Sokal e Bricmont, poi, si limita a sostenere che «il miglior modo di spiegare la coerenza della nostra esperienza è di supporre (corsivo mio) che il mondo esterno corrisponda, almeno approssimativamente, all'immagine che di esso ci offrono i sensi» (pag. 62). Ma questa supposizione la condividono volentieri anche i più efferati filosofi postmoderni. I quali - ma solo gli esponenti francesi della corrente, se mai si può chiamare tale fanno poi una serie di errori quando, seguendo un vizio che la filosofia antipositivistica francese ha probabilmente ereditato proprio dai suoi avversari, pretendono di argomentare le loro tesi sul postmoderno utilizzando a sproposito una terminologia scientifica, matematica o fisica, che evidentemente non maneggiano con conoscenza di causa. Si può essere post-modernisti, ermeneutici, e anche, almeno in un certo senso, nichilisti, senza mettere in questione la supposizione di cui sopra? Sì, a nostro modesto parere, solo che si abbia anche il coraggio intellettuale di domandarsi in che senso questa supposizione sia la «migliore» spiegazione del nostro lavoro scientifico. L'ermeneutica si liinita a ritenere che la conoscenza non è mai puro rispecchiamento disinteressato del «dato» - giacché se non cercassimo qualcosa, an¬ che solo il cibo per sopravvivere, non rispecchieremmo un bel niente. E se, come pare, lo sguardo sul dato non è disinteressato, sarà lecito legare la conoscenza alle aspettative, interessi pratici, modi di pensare sociali storicamente mutevoli. Dunque relativismo, morte di Dio, fine della razionalità? No, solo attenzione al significato vitale del conoscere, e certo anche ai legami sociali della scienza, alla necessità, anche politica, che essa non sia presa come la verità con la maiuscola a cui tutti noi «laici» dovremo sottometterci, facendone il centro e la base ultima di ogni nostro sapere collettivo. Come faremmo - senza quelle mutevoli «visioni del mondo», che possiamo criticare razionalmente solo in termini di scelta di valori, e in definitiva sulla base dell'esperienza storica dell'umanità prima di noi e intorno a noi - come faremmo anche solo a stabilire quale sia la supposizione «migliore» circa l'esistenza del mondo esterno, che saggiamente Sokal e Bricmont ci suggeriscono di condividere, senza pretendere assurdamente di provarcela una volta per tutte? Gianni Vattimo Unfaccusecheha forti limiti ma si può wndwùlere mentre è altra cosa la crociata contro l'ermeneutica A destra, Lacan- è lui uno dei bersagli preferiti da Sokal e Bricmont in «Imposture intellettuali» IMPOSTURE INTELLETTUALI Alan Sokal e Jean Bricmont Garzanti pp. 305 L. 39.000 Gli autori criticano l'ignoranza scientifica di filosofi come Julia Kristeva e Derrida (sopra, da sinistra) Sopra, da sinistra, Deleuze e Baudrillard, qui a fianco Heidegger: l'ermeneutica è il vero avversarlo degli adepti nostrani di Sokal LA POLEMICA

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