PIAZZA DI SPAGNA BARRIO DI ROMA

PIAZZA DI SPAGNA BARRIO DI ROMA PIAZZA DI SPAGNA BARRIO DI ROMA I quartieri stranieri in Italia LA CITTÀ ITALIANA e I luoghi degli stranieri A diradi Donatella Calabi ePaola Lanaro Laterza pp.J05.LJ8.000 N albanese, Nicolaus de Drivasto ribattezzato Nicolò di Biagio, divenne alla fine del Quattrocento il Gastaldo dell'«Arte dei Vetrai» di Murano. Era arrivato in laguna con altri emigrati dai Balcani, trovando lavoro nelle officine che già in quegli anni erano prospere e famose, integrandosi così bene da raggiungere una carica direttiva. L'esempio costituisce un precedente storico non isolato. Nel Trecento gruppi di albanesi vivevano nel sestiere di Castello; nei secoli successivi ebbero a Venezia scuole e chiese. Lavoravano nelle vetrerie e nelle tessiture. Il potere di attrazione delle città italiane era forte per diverse ragioni: a Venezia e Genova i commerci marittimi, a Verona e a Brescia ì lavori artigianali. I nomi di strade, quartieri e chiese testimoniano la presenza di comunità straniere. Ancora a Venezia il Fondaco dei Tedeschi nei pressi di Rialto, il Fondaco dei Turchi, San Giorgio dei Dalmati e degli Schiavoni, San Gallo degli Albanesi, calle e salizada dei Greci. L'Adriatico è sempre stato la via preferita da migliaia di profughi. I greci costretti a lasciare la loro terra dopo l'occupazione ottomana ebbero un rifugio sicuro nella città lagunare, ottenendo privilegi speciali e formando attorno alla Chiesa ortodossa di S. Giorgio una confraternita florida quanto culturalmente vivace. Nel 1509 erano quattromila, saliti a 14 mila nel 1606, pari a un decimo della popolazione veneziana. Commercianti, armatori, marinai, artigiani, ed anche artisti, editori, stampatori. Il dramma odierno degli emigranti e profughi dalle coste albanesi e quelle pugliesi e i problemi dell'accoglienza, poi dell'integrazione, accentuano 1 interesse per questa ricerca sugli insediamenti stranieri nelle nostre città, curata da Donatel- Comefin dal '300 turchi, albanesi, greci e «giudei» crearono città nelle città da Venezia a Ferrara, da Firenze aTorino la Calabi (professore di storia urbana allT.U AV. di Venezia, presidente della European Society of Urban Historians) e da Paola Lanaro (docente di storia economica a Cà Foscari), con contributi di diversi studiosi. Il libro illumina vicende che stanno dietro luoghi sommamente noti nella forma che ci è stata tramandata, come Piazza di Spagna, Roma, ridotta a 30 mila abitan la Calabi (professore di storia urbana allT.U AV. di Venezia, presidente della European Society of Urban Historians) e da Paola Lanaro (docente di storia economica a Cà Foscari), con contributi di diversi studiosi. Il libro illumina vicende che stanno dietro luoghi sommamente noti nella forma che ci è stata tramandata, come Piazza di Spagna, Roma, ridotta a 30 mila abitanti agli inizi del secondo millennio, ebbe dal Quattrocento un prodigioso sviluppo urbanistico, artistico ed economico che attirò abitanti e capitali da ogni parte d'Europa, con predominio dei banchieri fiorentini. Francesi e spagnoli rafforzarono la loro presenza politica ed economica fino a pretendere la giurisdizione di interi rioni. Alla metà del Seicento il «barrio» comprendeva, oltre al Palazzo di Spagna, 850 case, 206 botteghe e la Chiesa della Trinità dei Monti. Dopo lunghe dispute tra papi e imperatori, nel primo Settecento il quartiere spagnolo si era allargato a via Vittoria e Bocca di Leone in basso, a Villa Medici in alto. La scalinata di Trinità dei Monti fu costruita con denaro francese, ma il «barrio» rimase sotto la giurisdizione spagnola fino alla prima metà dell'Ottocento. I capitoli sugli insediamenti di ebrei e sulla formazione dei ghetti nelle città italiane riconducono ai primi decreti che proibiscono la coabitazione tra «giudei e cristiani», a Bologna (1417) e Torino (1425), seguiti dalla nascita di zone segregate a Venezia (1516), Roma (1556), Firenze! 1570) e altre città italiane. A Venezia il «Ghetto Vecchio» e il «Novissimo» arrivarono presto a cinquemila abitanti. A Roma l'area vicina al Teatro di Marcello era abitata da ebrei dal xiv secolo, come testimoniano i toponimi antichi «Ruga Judeorum», «Platea Judeorum» e l'esistenza di una sinagoga. Verso la fine del Cinquecento gli ebrei furono rinchiusi in un recinto con due portoni custoditi da guardie. Una caso singolare è quello di Ferrara, dove gli ebrei furono a lungo protetti dagli Estensi, per trasferirsi successivamente a Modena dove i duchi li accoglievano con favore «per essere gente ricca et atta a introdurre traffici e mercanzie di qualità». Ben presto, però, si moltiplicarono le manifestazioni di intolleranza e nel 1636 anche Modena rinchiuse gli ebrei nel ghetto da cui erano stati espulsi i cristiani. Non rimane più traccia del ghetto di Firenze, sorto sull'area centrale del Mercato Vecchio e distrutto negli anni del trasferimento della capitale da Torino. 5800 ebrei furono costretti a sgomberare; al posto delle loro case e botteghe furono costruiti i palazzi che racchiudono l'attuale piazza della Repubblica. Gli ebrei del ghetto fiorentino non ebbero alcuna alternativa, furono buttati sulla strada. Mario Fazio Comefin dal '300 turchi, albanesi, greci e «giudei» crearono città nelle città da Venezia a Ferrara, da Firenze aTorino