GATES: GENIO E MONOPOLIO

 GATES: GENIO E MONOPOLIO GATES: GENIO E MONOPOLIO Accusa e difesa di mister Dos BUSINESS ALLA VELOCITÀ DEL PENSIERO Gates Mondadori pp. 428. L 34.000 IL RAPPORTO MICROSOFT Rohm Garzanti pp. 304. L 32.000 leso solo a riempire la sua cassaforte ovate benefico di un futuro entusiasmante? responsabili dell'organizzazione e i dirigenti di ogni livello, per descrìvere in che modo un sistema nervoso digitale possa trasformare le aziende e renderle più dinamiche». Ma poi uno si domanda: quanti dirìgenti csono in Italia a cui serva un libro così? E' possibile che ce ne siano abbastanza da farne un best-seller? Mondadori sembra convinta di andare sul sicuroUE libri col faccione occhialuto di Bill Gates in copertina, usciti a breve distanza l'uno dall'altro, mandano messaggi radicalmente diversi sul creatore di Microsoft. Uno è opera dello stesso Bill (ma internamente si segnala che lo ha scrìtto «con» Collins Hemingway, il direttore del settore comunicazioni della sua azienda); dell'altro invece è autrice la giornalista d'assalto Wendy Rohm, alla quale Gates ha detto di non avere «il permesso» (dei suoi legali) di parlarle. Uno disegna un monopolista senza scrupoli che ha sempre soltanto inteso «impadronirsi dell'intero mercato per riempire le sue casseforti»; l'altro presenta un genio benefico che vede lucidamente tutte le enormi potenzialità del futuro digitale e fa del suo meglio per «entusiasmare» in casf c'è%ia1rosa da imparare! UomO SeUZO SCnipoU forse anzi qualcosa di più di quel che gli autori volessero insegnarci. Cominciamo con il testimone d'accusa: il rapporto Microsoft. Prima sorpresa: per quanto artefice di una favolosa fortuna, Gates non corrisponde all'immagine del self-made man venuto dal nulla. Mamma Mary era un «personaggio molto in vista a Seattle» e conosceva bene l'amministratore delegato dell'Ibm John Opel, al quale presentò il figlio. Seconda sorpresa: Bill non è l'ideatore del sistema operativo Dos, sul quale ha costruito il suo impero. Ma sapeva che l'Ibin voleva strappare alla Apple il controllo dei personal computer e conosceva un'altra azienda (la Seattle Computer Products) che aveva realizzato un sistema operativo (Dos, appunto). Così, «dando prova di grande astuzia», si accordò con l'Ibm per fornirle un sistema operativo e comprò Dos dalla Seattle Computer Products, senza dire nulla all'una dell'altra. Poi, con un vero col- Iio di genio, convinse Opel a asciare a lui i diritti di Dos; in questo modo, tutta la potenza dell'Ibm avrebbe lavorato per imporre Dos sul mercato e arricchirlo. Al momento opportuno, introducendo Windows, avrebbe tolto di mezzo l'Ibm. A partire da quella «brillante» operazione commerciale, Wendy Rohm racconta ventanni di storia della Microsoft, fra contratti capestro imposti ai produttori di computer, fornitori sottoposti a ricatti, errori introdotti appositamente perché i programmi della concorrenza non funzionassero, accordi rinnegati, microspie e una lotta senza quartiere con gli agenti dell'Antitrust. Tutto, insiste l'autrice, rigorosamente documentato. Ma leggendo questo libro non ho potuto evitare di chiedermi: con tanti fatti esplosivi a disposizione, perché la Rohm non si è limitata a enunciarli? Perché adotta uno stile da romanzo d'appendice? Perché, nel leggere dei funzionari della Commissione Federale per il Commercio, sono costretto a subire una frase come questa: «La sua testa era un faro biondo platino in fondo alla sala»? Passiamo al libro di Gates. Qui l'atmosfera è molto edificante: computer e Internet permetteranno ai medici di essere più informati ed efficienti, ci garantiranno una pubblica amministrazione vicina ai nostri bisogni e interessi, riempiranno le scuole di studenti volonterosi, trasformeranno la guerra in una pratica più «intelligente» e meno distruttiva. E soprattutto ci faranno vendere a più non posso: qualsiasi cosa, a tutti, in ogni angolo del pianeta. Eviteranno inutili accumuli di scorte, lungaggini burocratiche, pile di moduli cartacei, renderanno il mercato un meccanismo assolutamente fluido, con la velocità del pensiero. In prima battuta, questo libro sembra un'inserzione pubblicitaria di oltre quattrocento pagine. A confermare l'impressione, lo stesso Gates dichiara: «Ho scritto questo libro per i Cultura e Industria E' il programma Enel di tutela e vadustria elettrica. Prevede l'apertudegli archivi storici dell'Enel, la prrazione con Università e centri di e tesi di laurea sulla storia dell'indwwvy.enel.it responsabili dell'organizzazione e i dirigenti di ogni livello, per descrìvere in che modo un sistema nervoso digitale possa trasformare le aziende e renderle più dinamiche». Ma poi uno si domanda: quanti dirìgenti ci sono in Italia a cui serva un libro così? E' possibile che ce ne siano abbastanza da farne un best-seller? Mondadori sembra convinta di andare sul sicuro; pensa davvero di venderne decine di migliaia di copie a dirìgenti aziendali? Gli interrogativi posti dai due libri rivelano suggestive risonanze! Seguendoli arriviamo a pensare che quel che conta qui non siano né il futuro digitale né l'etica dei rapporti d'affari, ma invece una nuova, scalcinata mitologia. Il pubblico cui sono rivolti prodotti simi¬ li non è costituito dagli addetti ai lavori, ma da quanti sono affascinati dalla ricchezza e dal potere di Gates e vogliono sbirciarlo dal buco della serratura. Lo stesso pubblico che si appassiona alla vita sentimentale di Tom Cruise o spulcia con grande cura il rapporto Kenneth Starr. Ermanno Bencivenga leso solo a riempire la sua cassaforte ovate benefico di un futuro entusiasmante? Qui sopra Steve jobs il concorrente di Bill Gates (a destra) da Mondadori che pubblica il suo manifesto su informatica e business; da Garzanti l'atto d'accusa degli avversari di Microsoft RICERCA E SOCIETÀ* *

Luoghi citati: Italia, Seattle