DEBENEDETTI ALL'INCROCIO FRA DESTINO E VOCAZIONE

DEBENEDETTI ALL'INCROCIO FRA DESTINO E VOCAZIONE DEBENEDETTI ALL'INCROCIO FRA DESTINO E VOCAZIONE Nei Saggi, ipercorsi di un Maestro del Novecento OMO accidioso, sia pure, che non s'era peranche trovato, e procedeva con infinito stento; ma non illuso né condiscendente a quello che potesse, comunque, apparirgli meschineria e viltà;>:il ritratto di Amedeo, nel primo racconto (1923) di Giacomo Debenedetti porta l'impulso e l'esortazione di Umberto Saba ed «era nato sotto la costellazione proustiana» (Nota ad Amedeo del 1966). L'osservazione retrospettiva dell'autore bene suggella, ad un anno dalla morte, un percorso critico ricco e vano - dalla letteratura al cinema - ma fondamentalmente legato a Saba e Proust, ad un unico, forse, ritratto, in essi di sé, a lungo rimeditato, ritoccato, ombrato sino alla perfezione: «Si capisce ora perché il protagonista della Rechercne non possa coincidere con Proust. Quel protagonista non è che il teatro di una serie incessante di intermittenze del cuore: le quali, susseguendosi, creano tutto il tessuto del ro- SAGGI Giacomo Debenedetti Mondadori pp. 1734 L 85.000 EDIOEVO IN LATINO NO PERANNO TOLO PER TITOLO N ponderoso volume dì Cronologia e bibliografia conduco a pimento la vasta opera lopedica Lo spazio letterario del oevo che, curata da Guglielmo llo. Claudio Leonardi e Enrico esto, viene ad affiancarsi agli altri analoghi monumenti relativi alle à letterarie greca e romana licati dalla Salerno Editrice. Si tratta a precisione di una «prima metà» escursione nel medioevo letterario, a riguardante la produzione in o. Sono già In cantiere altre strazioni della pregevole serie: una ernente il Medioevo in volgare, a dedicata all'immediato o-Medioevo, cioè alla letteratura nistica. Va debitamente sottolineato manzo. Egli è passività continua, passività allo stato puro. Proust, invece, è l'organizzatore consapevole di questa passività: è colui che, con un atto di volontà, con una illuminata decisione, Ubera il suo protagonista da ogni iniziativa, per esporlo intero al gioco delle intermittenze del cuore». (Commemorazione di Proust, 1928). £ non meno, ragionando di Saba: «D'altro canto, la stanchezza infusa nel temperamento di Saba gli dà come un esperto presentimento che l'infinitesimale degli affetti finirà, prima o poi, per sboccare in una situazione conosciuta, vecchia da quanto l'umanità» (La poesia di Saba, 1923). Saba e Proust ricorrono costantemente, spesso associati, nella prima serie dei Saggi critici, 1929, raccolt initorno alla stesse «inermittences du coeur», a quel «continuo rinascere di "intermittenze" locali e puntuali» (Proust e la musica), che è il segno più certo anche della poesia di Saba: «E' stato osservato che Saba non presenta mai profondi rinnovamenti; e certo il giro di certi dati percettivi e la qualità di certe esperienze sono l'invariante della sua poesia; semmai anzi, precisandosi, Un interesse acuto anche per l'Alfieri e i Profeti, con i loro scatti sonori e terribilisi restringono». Così si affina il lavoro critico di Debenedetti, sempre ripreso, sino alla fine rendendo più stretta e acuta la cadenza di quelle intermittenze, che da ultimo si estendono anche a Joyce: «Tutti i lettori del Temps retrouvé ricordano l'affluire di segni e messaggi che fanno riconoscere l'ora decisiva, radunando in un sol punto e contraendo in una sola scena tutti motivi che hanno deciso il protagonista a intraprendere le ricerche del tempo perduto (...Così se Tindall ha potuto dire che ciascuno dei racconti dublinesi di Joyce "può essere considerato come una grande epifania e come il contenente dpiccole epifanie, un'epifania di epifanie" a molto maggiore ragione si può ripetere che iromanzo di Proust può essere considerato come una grande si restringono». Così si affina il lavoro critico di Debenedetti, sempre ripreso, sino alla fine rendendo più stretta e acuta la cadenza di quelle intermittenze, che da ultimo si estendono anche a Joyce: «Tutti i lettori del Temps retrouvé ricordano l'affluire di segni e messaggi che fanno riconoscere l'ora decisiva, radunando in un sol punto e contraendo in una sola scena tutti i motivi che hanno deciso il protagonista a intraprendere le ricerche del tempo perduto (...] Così se Tindall ha potuto dire che ciascuno dei racconti dublinesi di Joyce "può essere considerato come una grande epifania e come il contenente di piccole epifanie, un'epifania di epifanie" a molto maggiore ragione si può ripetere che il romanzo di Proust può essere considerato come una grande intermittenza del cuore e come il contenente di piccole intermittenze, una intermittenza di intermittenze». (Joyce e Proust 1962-1963). E' per questo oppositivo, e pure affascinato dalla specularità, il ricercare più volte ripreso, su D'Annunzio, del quale trova alla fine la cifra del congedo, una «favilla del maglio» che Debenedetti cita isolando il tema a lui sì caro: «Io, che pur tante volte mi sono compiaciuto nelle più sottili analisi e nell'assottigliare il mio strumento di ricerca sino all'insoffribile acuità, sento che, se la nostra arte fosse per innovarsi, ella non s'innoverebbe per sottigliezza ma per non so cnial potente rudezza ingenua » .(Alcun i aspetti del romanzo, 1963-1964). Da un lato l'impercettibile variazione timbrica, Saba e Proust, dall'altro l'Ur-Schrei, il «grido primordia- le». Schonberg, Picasso, «il tormentoso tentativo di riscossa, da parte di certi contenuti psichici che l'uomo civile teneva in uno stato di repressione». Di qui anche l'interesse acuto per 1 Alfieri, per le «sapienze dell'apprensività», e insieme, opposto e contiguo, il «martellamento delle parole» (L'Alfieri, «Ingegnoso nemico di se stesso», 1945). Alla fine dell'affascinante percorso, la prosa critica di Debenedetti si rivela come la più sapiente ause ulta t rice della Frotonda «sconcordanza» deiarte del XX secolo, ch'egli ha saggiato ai punti estremi e opposti, Saba e D'Annunzio sempre cercando quell'apice ove il «destino coincidesse finalmente con una vocazione». Così, in fondo, erano nati i suoi Profeti, le mirabili conferenze del 1924, da poco pubblicate da Cesare Segre (Mondadori, 1998); di essi Amos - nella conferenza: Lo «scoppio» del profetismo: Amos pastore - già porta la duplice impronta che avrà poi il suo tracciato critico; da un lato la voce di «questi scatti sonori e terribili» («Con uno di questi scatti sonori e terribili esce nella storia il primo vero profeta: Amos»), dall'altro il vano discendere del pastore-profeta dall'«altopiano di Giudea»; «La Giudea aveva una civiltà già un poco raffinata e cosmopolita e stanca: era più immemore dell'antico dio dei pastori». Ricorderemo di lui queir «estro infallibile ardito» e insieme quel «fluttuare di tonalità» che - scrìvendo come nuovo Osea il talento di Amos - lo rese sicuro di un solo granello di polvere, nella macchina cupa del XX secolo: «Quello che ci incanta in Osea non è mai, come succede per Amos, l'estro infallibile e ardito che lo guida a cacciare le sue dita negli ingranaggi più segreti della macchina sociale, per toccare il granello di polvere che, domani, ne arresterà il movimento (...] Per intenderci, vi direi che Amos ferma, nel suo libro, delle figure inesorabilmente decise; mentre Osea crea un magico, e suggestivo - e non pertanto meno avvincente - fluttuare di tonalità» (Terza lezione:AmosOsea). E' il tono stesso che aleggia nella risposta ( 1949)a un'inchiesta Rai sui dieci libri da salvare in caso di conflitto atomico, e che la preziosa cronologia di Marco Edoardo Debenedetti ci restituisce in quella biblica profetica visione: «Se non saremo stati capaci di evitare il flagello, allora vedremo distrutti anche i dieci libri che ci sono parsi i più belli, anche le opere dei maestri» divenuti ormai, in un mondo irredento, «combustibile, buono ad arrostire le locuste, ultimo cibo degli sciagurati». Carlo Ossola Un interesse acuto anche per l'Alfieri e i Profeti, con i loro scatti sonori e terribili Sapiente ascoltatore della sconcordariza dell'arte, esplorata ai punti estremi: Saba e D'Annunzio SAGGI Giacomo Debenedetti Mondadori pp. 1734 L 85.000 Glacomo Debenedetti (sopra) Accanto: Saba Il poeta triestino è una presenza assidua nel primi «Saggi critici»

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