Everett: «Farò uno 007 gay»

Everett: «Farò uno 007 gay» L'ATTORE INGLESE SCHERZA SU UN MITO Everett: «Farò uno 007 gay» «L'unico problema saranno le bondgirls» personaggio inviata a CANNES Impeccabile nelle giacche attillate puntigliosamente abbellite da un fiore sempre fresco all'occhiello di Lord Arthur Goring, protagonista della trasposizione cinematografica della commedia di Oscar Wilde «Un marito ideale» che ieri ha chiuso in bellezza il Festival. Ma anche nella maglietta aderente color fango con cui è sbarcato all'ultimo momento sulla Croisette, abbandonando per ventiquattr'ore il set dove, al fianco di Madonna, sta interpretando un nuovo film intitolato «The next best thing». Per Rupert Everett, due metri d'altezza scolpiti da un accurato body building, questo è un momento d'oro: dopo anni di ottime interpretazioni che però non avevano colpito al cuore il grande pubblico, l'attore inglese, cresciuto nelle più importanti scuole di recitazione del Regno, è letteralmente esploso grazie alla parte dell'amico solidale di Julia Roberts nella commedia «Il matrimonio del mio migliore amico». Da.quel momento proposte di lavoro, interviste, ritratti, riconoscimenti si sono moltiplicati e Everett si trova adesso nella felice posizione di una star che può fare quasi tutto quello che vuole, anche dissacrare un mito del cinema come James Bond, l'eroe della saga di 007, ancora oggi viva e vegeta grazie agli epigoni di Sean Connery: «E' vero - fa sapere l'attore -, sto scrivendo la sceneggiatura di un James Bond in versione gay, ma è un lavoro ancora agli inizi e non posso dirne molto». Da ragazzino Everett racconta di essere stato un grande fan dell'agente segreto al servizio di Sua Maestà ed è da questa vecchia passione che è nata l'idea del film: «Mi sembra un soggetto divertente. Bond è così compiaciuto di sé stesso e della sua virilità che prenderlo un po' in giro rendendolo gay non può che giovargli. Il mio potrebbe essere un Bond molto violento, molto aggressivo; sarà coinvolto in qualunque tipo di avventura e comunque non si rifarà alle pagine di nessuno dei romanzi di Ian Fleming». Un problema si porrà di certo, ed è quello delle Bond girls, presenze fisse in tutti i film della serie. Magari saranno rimpiazzate da una squadra di Bond boys? Everett risponde che non ci ha ancora pensato, ma troverà una soluzione adeguata. Nel frattempo avrà modo di gustare il successo che gli verrà dal personaggio che ha perfettamente delineato in «Un marito ideale» di Olivier Parker: la prima accoglienza al Festival è stata calorosissima ed è facile prevedere che il Lord Goring di Everett, concentrato all'ennesima potenza dello spirito geniale e brillante di Oscar Wilde, piacerà molto al pubblico. «Sono stato immediatamente colpito dalla bellezza della sceneggiatura, - racconta l'attore -, da un testo che è un fuoco di fila di battute e ogni battuta contiene un senso profondo e originale oltre a essere terribilmente divertente. Questo è proprio il tipo di cose che preferisco fare, anche se naturalmente sono interessato a ogni tipo di cinema». L'amore di Everett per Oscar Wilde viene dalla prima giovinezza «quando mia madre mi leggeva i suoi testi che poi mi sono rimasti impressi per sempre», ed è cresciuto con gli anni e con il lavoro: «Ho recitato molti testi di Wilde in teatro; penso che sia un autore assolutamente contemporaneo e credo che non abbia ricevuto finora la gloria che merita, non solo come letterato, ma anche come persona. Mi pare interessante, quindi, ora che siamo alle soglie della fine del millennio e sono passati un bel po' di anni dalla sua morte, tornare a riflettere su di lui, sulla sua opera e su quanto, poco o molto, le realtà che ha descritto siano cambiate». Dopo l'immersione nell'amato universo di Oscar Wilde, Everett, che compie tra pochi giorni quarantanni, ha scelto un nuovo ruolo brillante: in «The next best thing» è l'amico gay che rende madre Madonna. Ma, tra una ripresa e l'alt/a, l'attore, che non ha mai fatto mistero dei suoi passati problemi con la droga, non perde di vista il senso della vita: «Non mi piace pensare che recitare sia tutto nella mia esistenza; anche quando mi capita di lavorare moltissimo come adesso, mi piace coltivare il resto, vedere gli amici che spesso sono colleghi di lavoro, ma anche quelli che non c'entrano niente con il cinema. E con cui sto benissimo, perché gli attori, si sa, non fanno altro che parlare del loro mestiere».