I QARANTENNI DI CRONENBERG di Lietta Tornabuoni
I QARANTENNI DI CRONENBERG I QARANTENNI DI CRONENBERG Lietta Tornabuoni TRE premi a uno dei film più nuovi e più detestati dalla critica e dagli spettatori, «L'Humanité» di Bruno Dumont. 1 premi maggiori a registi quarantenni, Du mont e i fratelli Dardenne autori di «Rosetta , film vincitore della Palma d'oro. I premi .igli attori, divisi tra i giovani interpreti di qutSii due film. A Lynch, Kitano, Chen Kaige, Bellocchio, niente. Due piccoli premi a de Oliveira e a Pedro Almodóvar: un riconosci mento che somiglia a un ceffone. Il verdetto della giuria premia la Francia, i giovani, i poco noti, i personaggi di esclusi dalla società, il presente e il futuro del cinema: e due filili molto interessanti, uno realistico, l'altro inno vativo. Per quanto inattesi, i premi non possono scandalizzare, al contrario: il lou. anticonformismo è vitale, rifiuta i valori acquisiti, punta sulla nuova generazione di cineasti. E il 52° festival? E' stato bellissimo. Non s'è avvertita l'assenza di «Guerre stellali nè di quasi tutte le maggiori società degli Staii Uniti, le Majors; s'è avuta la prova che il cinema europeo, il cinema americano dei produttori indipendenti e il cinema asiatico bastano a formare una rassegna d'alto livello. Non si son visti quei nauseabondi film-riempi tivo che affliggono i festival: sulle ventidue opere in concorso, forse soltanto una era brutta, alcune erano stupende e per il resto tutte offrivano occasioni d'ammirazione, d'in teresse, di novità. Si temeva d'assistere al logorato ripetersi di celebri registi che a Cannes non mancano mai: invece gli autori abbonati o abituali hanno sorpreso con i loro mutamenti, con le loro svolte, coi cambiamen ti portati dall'evoluzione di loro stessi t della società (dalla politica ai sentimenti, dal fui un. al presente, dal catastrofismo alla speranza, dal terribilismo alla pietà). L'Italia aveva in gara un solo film, «La balia» di Marco Bellocchio: ma così bello, tanto classico c moderno da lasciar sperare in una nuova maturità del nostro cinema. Star, quante se ne voleva: per dire. Liz Taylor, Mei Gibson, Catherine Deneuve, Sean Connery, Faye Du naway, Gong Li, Rupert Everett, Michel Piccoli, Raoul Bova, Greta Scacchi, Jeremy Irons, Anouk Aimée; divi spesso vecchiotti, ma nessuno è star a vent'anni tranne che nello sport, nella musica, nella matematica, nell'elei ironica o tra le modelle che a Cannes sono state presenti in massa, capitanate da Claudia Schiffer. Feste molte, anche divertenti, ma non troppe: non è mai capitato, come torse accadrà l'anno prossimo con il Festival Duemila, che scemenze, volgarità e mondanità sopraffacesse ro i film. Della guerra nei Balcani, quasi neppure una parola: come se quel conflitto di prepotenze, sangue, cecità e fallimenti fosse appena un'escrescenza trascurabile sulla pelle della normalità. Del mare, quasi nessuna immagine: occultato da costruzioni, tendoni, cartelloni, radiotelevisioni e sponsor, il mare è sparito e Cannes s'è confermata un luogo mediatico, un paese-Convention, una Cinedi tà popolata soltanto di cinelavoratori.
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