Un'invasione di corsa coi bersaglieri

Un'invasione di corsa coi bersaglieri In trentacinquemiia a Biella per il raduno nazionale dei «fanti piumati» Un'invasione di corsa coi bersaglieri La grande parata conclude 4 giorni di festa Daniele Cabrai; BIELLA Ed eccoli finalmente i bersaglieri. Un fremito attraversa la gente assiepata lungo i bordi della strada, mentre un venditore ambulante cerca di piazzare alla mamma con bambino l'ennesima bandierina tricolore. Il rullo dei tamburi copre le trattative per il prezzo, arrivano, arrivano. Ma sono gli alpini a venire avanti a passo di marcia: non è il raduno dei bersaglieri questo? Tra penne e piume c'è qualche confusione, poi si chiarisce che le «penne nere» hanno aperto il corteo per ragione di ospitalità e infatti, dietro di loro, con gli ottoni che luccicano sotto il sole, arrivano i tanto attesi bersaglieri. Esplode l'applauso nel centro del capoluogo tessile, scelto per ospitare il 47" raduno nazionale dei «fanti piumati». Una manifestazione imponente: Biella è stata raggiunta da almeno 35 mila persone, una cifra che ha messo a dura prova l'apparato organizzativo. L'appuntamento, durato quattro giorni, ha visto crescere gradualmente la presenza degli ospiti, sino appunto alla grande parata conclusiva di ieri che per circa 4 ore ha bloccato il centro. Qualche incomprensione con i vigili urbani, ma ci vuol ben altro per turbare l'atmosfera e alla fine passa anche l'automobilista distratto, che non ha fatto caso a quei manifesti con il volto barbuto del generale Alessandro La Marmora, fondatore del Corpo, che annunciavano l'arrivo dei bersaglieri. Dall'altra parte del centro, attorno al palco delle autorità l'attenzione è per il discorso ufficiale del sottosegretario alla Difesa Fabrizio Abate: la festa c'è, ma c'è anche la crisi dei Balcani, quella non si dimentica. Il sottosegretario affronta subito la questione: «L'Italia non sta predisponendo nessun intervento di terra nel Kosovo e l'addestramento dei soldati in Ungheria è di routine e riguarda giovani di leva che in nessun caso verrebbero impegnati in un'operazione del genere». Fabrizio Abate commenta i timori espressi da alcuni e riportati dai giornali, secondo i quali l'addestramento in corso di uomini dell'esercito italiano in Ungheria potrebbe prefigurare un attacco di terra da quel paese ritenuto il più vicino e il più «comodo» per un ipotetico attacco nei Balcani. Abate poi aggiunge che «proprio in questi giorni si stanno intensificando le trattative in ambito europeo perché venga rilanciata l'ipotesi italiana di una tregua dei bombardamenti e di un ritiro dei reparti armati serbi dal Kosovo. Su questa ipotesi c'è stato, in questi ultimi giorni, un recupero di posizioni, da quella tedesca a quella francese e olandese». Gli echi di una guerra lonta- na sono presto smorzati. Passano le fanfare regionali e, sorpresa, tra gli striscioni ed i medaglieri che annunciano le varie rappresentative, si aggiudicano un'ovazione quegli arzilli vecchietti sulle auto militari che sono arrivati da New York e da Ottawa per rendere omaggio ad Alessandro La Marmora, nel bicentenario della nascita e per visitare la mostra allestita nel palazzo in cui visse il generale. Sotto gli occhi della folla scorrono i nomi di altre città, altre regioni: non c'è retorica in quei tricolori formato vela che si alzano per lasciare passare un bersagliere che pedala su una bicicletta grigioverde, testimone di guerre lontane. Seguire il corteo è come sfogliare un libro di storia: Goito, Porta Pia, la Cernaia, i campi di battaglia dei due conflitti mondiali, sino alle recenti missioni di pace in Libano e in Bosnia. Corrono i bersaglieri suo¬ nando gli ottoni, ma all'improvviso un «fante piumato» perde il passo, si gira verso la folla e, con lo stupore negli occhi, esclama: «Ma tu sei Meneghini». Già, in quel punto del corteo, in polo verde e tuta blu, a sovrastare tutti in altezza, c'è il pluricampione del basket italiano, Dino Meneghin, in città a seguito della nazionale azzurra, impegnata in una serie di allenamenti in vista dei campionati europei. E la festa raddoppia: i bersaglieri applaudono Meneghin e il campione risponde con gli applausi, accetta di firmare autografi, di posare per la foto ricordo con il mano il cappello, piumato dei bersaglieri. Arriva la sezione di La Spezia: «Arrivederci a La Spezia nel 2000». La sfilata sta per finire, gli applausi conclusivi vanno ai «fanti piumati» di casa, la guardia d'onore alla tomba di La Marmora. In una mattina, sotto il sole di Biella, sono passati 200 anni di storia. All'appuntamento c'è chi è arrivato da Ottawa o da New York La guerra nei discorsi di tutti. L'arrivederci è a La Spezia per il Duemila Un momento della parata che ha portato migliaia di persone a Biella

Persone citate: Alessandro La Marmora, Dino Meneghin, Fabrizio Abate, La Marmora, Meneghin, Meneghini