Veltroni offre il nuovo Ulivo a Cossutta di Guido Tiberga

Veltroni offre il nuovo Ulivo a Cossutta Il leader Ds pensa al dopo 13 giugno e prova a ricucire: percorsi paralleli, non alternativi Veltroni offre il nuovo Ulivo a Cossutta Ma il Pdei non ci sta: noi siamo, e resteremo, comunisti Guido Tiberga inviato a FIUGGI Walter Veltroni sbarca al congresso dei cossuttiani con un messaggio chiaro: «Voi dovete essere una parte costituente del nuovo Ulivo, quello che dovrà nascere dopo le Europee del 13 giugno...». Un'ambasciata che Armando Cossutta accetta fino a un certo punto: «Noi siamo per l'intesa, ma siamo diversi. Noi siamo comunisti, e vogliamo restare comunisti. Comunisti, comunisti...». Il presidente del Pdci grida con forza la sua identità, prima di essere sommerso dalle note dell'Internazionale e di Bandiera rossa, dalle lacrime di commozione e dai pugni chiusi del «suo» congresso. Veltroni gli dà corda: lo conforta ricordando i due «atteggiamenti sbagliati» che hanno caratterizzato la storia della sinistra. «Il primo è la tendenza a dividersi - spiega -. Il secondo è il tentativo del più grande ad annettersi il più piccolo. Ora è giunto il momento di affermare che la sinistra italiana ha una pluralità di voci, senza che da questo debba per forza nascere una conflittualità». Poi un'aggiunta sibillina: «I nostri percorsi sono paralleli - dice il leader della Quercia . Ma non escludo che, non so come e non so quando, possano anche incrociarsi...». Veltroni arriva a Fiuggi nel segno della ricucitura. Prima smorza la polemica sul terrorismo con Fausto Bertinotti, poi si rivolge direttamente ai cin- quecento delegati del Pdci. Affronta lo scoglio della guerra, che divide i comunisti italiani dal resto della sinistra di governo. «Abbiamo un giudizio diverso - dice - ma ci unisce la consapevolezza che bisogna lavorare con intensità per costruire una pace giusta». In chiusura torna su uno dei temi forti della sua campagna elettorale: ognuno per sé fino al giorno del voto per le Europee. Ma dopo, «per non consegnare il Paese al Silvio Berlusconi», sarà necessario «ricostruire la coalizione». Rispetto all'intervento di Massimo D'Alema, che sabato aveva parlato genericamente di «centro-sinistra» - senza risparmiare le stoccate a Romano Prodi -, Veltroni fa un passo più in là. Il leader della Quer¬ cia usa la parola «Ulivo», un Ulivo «nuovo», spiega, nel quale «ci siano tutte le forze della maggioranza e della sinistra di questa maggioranza». Da questo orecchio, i comunisti nicchiano: «Per noi, tra Rifondazione e i democratici di sinistra, c'è un grande spazio politico», dice Cossutta. Che rivela: «Io ci ho riflettuto spesso, fin dai tempi della Bolognina. Quando ci chiedevano di entrare in un partito unico della sinistra. Magari come corrente autonoma, come succede in altri Paesi d'Europa...». La risposta? «Non poteva essere che una sola: che senso avrebbe diventare corrente di una forza politica che dichiara di non essere più comunista, che non si propone più come obiettivo il superamento del capitalismo? No, noi non possiamo assecondare le tendenze volte a cercare un rapporto di unificazione. Le condizioni per farlo non ci sono, e non ci saranno domani...». Cossutta - che il comitato centrale eletto dal congresso confermerà prossimamente alla presidenza - insiste sull'identità. Prende le distanze da Rifondazione: «Non siamo un pezzo di quel partito. Abbiamo voltato pagina rispetto a una linea e a dei comportamenti che non condividiamo. Siamo un'altra cosa». Ribadisce il suo «no» alla Nato, «organizzazione militare assurda, sorta per fronteggiare un presunto attacco dell'Unione Sovietica. E che nega quegli stessi presupposti che noi abbiamo sempre respinto». Rivendica i meriti del Pdci, «sentinella di pace dentro il governo», nell'opposizione a una guerra «illegittima, disumana e inconcludente». Due mesi fa «eravamo soli», ripete tra gli applausi, «ma ora mi pare di poter dire che non c'è soltanto una differenza di posizioni tra i comunisti italiani e il governo. Ora il dissenso si sta manifestando fra il Parlamento della Repubblica e il governo...». Infine lo slogan, salutato da un'ovazione, contro la «possibile» soluzione finale del conflitto: «Non un soldo né un soldato per la guerra in terra di Jugoslavia». Uscire dal governo? «Ci sarebbero una montagna di ragioni per farlo conclude Cossutta -. Ma quali sarebbero le conseguenze per la crisi, per il Paese, per la pace?». Armando Cossutta con Walter Veltroni e Oliviero Diliberto

Luoghi citati: Europa, Fiuggi, Jugoslavia, Unione Sovietica