Napoli, una «città polveriera»

Napoli, una «città polveriera» Napoli, una «città polveriera» Allarme del giudice Alemi: c'è un rischio-terrorismo PENSA a quello che accadde diciotto anni fa, e si passa una mano sugli occhi come a volere scacciare immagini angosciose. Allora, quando le Br rapirono l'assessore regionale Ciro Cirillo, il presidente del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Carlo Alemi era un giovane giudice istruttore che per quasi 10 anni avrebbe scavato nei misteri dell'armata brigatista guidata dal criminologo Giovanni Sensani. «Ci risiamo, sono tornati, o forse sarebbe meglio dire che non se ne sono mai andati», dice con amarezza, e aggiunge che proprio Napoli rischia di trovarsi ancora una volta al centro delle strategie dei terroristi: «Non mi meraviglierei affatto se in città accadesse qualcosa di grave o se si individuassero tracce della presenza di organizzazioni eversive». Sono solo sensazioni, le sue, o piuttosto opinioni dettate da una lunga esperienza. E sono sospetti anche quelli degli inquirenti che dopo l'omicidio dell'avvocato Massimo D'Antona hanno puntato i riflettori su Napoli per verificare eventuali collegamenti fra la capitale della disoccupazioe dilaniata da mille tensioni sociali e la nuova strategia del terrore inaugurata giovedì scorso a Roma. Certo, c'è il fatto che i terroristi hanno colpito in D'Antona uno dei più stretti collaboratori di Antonio Bassolino, il quale oltre ad essere ministro è anche sindaco di Napoli. Ma c'è dell'altro. Come dice Carlo Alemi, «questa città costituisce un terreno straordinariamente fertile per faro attecchire la pianta delì'eversione: accadde nell'8I, nulla di più facile che succeda oggi». Non a caso, ricorda il giudice, il sequestro di Ciro Cirillo segnò anche uno strappo in saho alle Br: Giovanni Sensani non solo condusse le trattative per la liberazione dell'ostaggio con settori della De, con i servizi segreti e con la camorra in assoluto disaccordo con gli altri capi brigatisti, ma fu anche il padre del - l'ala «movimentista» che nei suoi comunicati si rivolgeva al «proletariato marginale ed extralegale» nella speranza folle di raccogliere il massimo del consenso e dei proseliti. Il «proletariato marginale» allora era costituito soprattutto dalle migliaia di senzatetto costretti a vivere nelle roulottopoli dopo il terremoto dell'80. Oggi può essere individuato nei disoccupati, negli aderenti alle decine di «liste» e movimenti di lotta che da anni scendono in piazza con manifestazioni a volte violente. Una mappa della protesta a Napoli è difficile da tracciare a causa dell'arcipelago delle sigle che la caratterizzano. C'è il mondo del precariato, quello cioè dei disoccupati storici assorbiti nei lavori socialmente utili e in cerca di un'occupazione stabile; ma c'è anche un mare di piccole associazioni formate da ex detenuti, ex operai esclusi definitivamente dal ciclo produttivo, ex giovani che nella loro vita non hanno mai visto una busta paga. «Oggi come in passato le Br, vere o presunte che siano, battono sul tema del lavoro, e Napoli, su questo fronte, è una città estremamente inquieta», ha detto dopo l'attentato a D'Antona il sostituto procuratore della direzione antimafia Lucio Di Pietro, un altro magistrato un tempo impegnato nella lotta al terrorismo. Tutto sommato, agli strateghi dell'eversione non resta che accendere il fiammifero ed accostarlo ad una polveriera che può esplodere da un momento all'altro. Ci hanno provato mille volte, l'ultima nel 94, quando fecero trovare un pacco di volantini firmati dai Nuclei comunisti combattenti dopo un attentato a Roma. Possono farlo oggi, con le strade attraversate almeno un giorno alla settimana da cortei non sempre pacifici. Ma loro, i rappresentanti del «proletariato marginale», non accettano quelle che definiscono «criminalizzazioni». E' furente e proccupato Roberto Ascione, leader degli «Lsu organizzati», un movimento che raggruppa circa settecento degli oltre trentamila disoccupati assorbiti nei lavori socialmente utili in Campania. «Se qualcuno crede di potere criminalizzare il dissenso ha fatto un grosso sbaglio - avverte - la nostra lotta continuerà». Né con lo Stato né con le Br, sembra dire Ascione, che giudica «pericoloso e inopportuno mescolare fatti gravissimi come l'omicidio di D'Antona con le rivendicazioni legittime dei mo¬ vimenti di protesta». Il potere politico, aggiunge, «farebbe bene ad ascoltare e dialogare invece di liquidarci come criminali e usare il pugno di ferro ogni volta che intensifichiamo le azioni di lotta». Ma come definirebbe Ascione un terrorista? «E' impossibile qualificare una persona che mentre dice di lottare per i diritti degli oppressi commette un omicidio». Ma quando gli chiedi se si sente di escludere che fra i disoccupati'/vi siano frange sensibili al richiamo delle Br, il leader degli Lsu organizzati diventa cauto: «Per la mia organizzazione sono pronto a mettere la mano sul fuoco. Naturalmente non conosco tutti gli aderenti delle altre liste, quindi non posso escludere nulla». Non può escluderlo neanche il giudice che per per dieci anni o giù di lì ha indagato sul terrorismo. «Io non ho elementi concreti per dire che ci sono infiltrazioni di questo genere nelle fasce sociali più deboli. Però so per certo che in Italia c'è un bel numero di terroristi mai arrestati che in tutto questo tempo hanno continuato a vivere perseguendo l'obiettivo della lotta armata», commenta Carlo Alemi, e la sua voce assume toni duri quando aggiunge: «Non sono mai stato d'accordo con chi ha frettolosamente dichiarato chiusa la stagione dell'eversione. Alcuni anni fa io e 25 colleghi impegnati in istruttorie sul terrorismo firmammo un documento in cui sostenevamo che occorreva stare attenti e non considerare impossibile l'ipotesi di una ripresa degli attentati. Fummo tutti bollati come «la lobby dei 26». Lo Stato ha abbassato troppo presto la guardia, e purtroppo il risultato tragico della sottovalutazione del fenomeno è sotto gli occhi di tutti». Il magistrato che indagò nell'81 sul rapimento di Ciro Cirillo: «Non se ne sono mai andati via» «Oggi come in passato le Br vere o presunte che siano battono sul tema del lavoro» D'Antona era uno dei più stretti collaboratori del sindaco Bassolino. I rappresentanti del «proletariato marginale»: non criminalizzateci A fianco, il corteo di disoccupati napoletani organizzato l'estate scorsa dai centri sociali e dai precari. A sinistra, i disordini di via Marina nell'agosto scorso: scoppiarono dopo la notizia del rinvio della decisione sul futuro di duemila addetti alla raccolta dei rifiuti