Forse il «grande vecchio» è un Br in carcere di Francesco Grignetti

Forse il «grande vecchio» è un Br in carcere Gli inquirenti stanno confrontando gli identikit di via Salaria con filmati di manifestazioni Forse il «grande vecchio» è un Br in carcere Perquisizioni a Rebibbia e al ministero del Lavoro Francesco Grignetti _ ROMA Si sta cercando l'originale del documento delle Brigate rosse. Le 28 pagine di rivendicazione dell'omicidio di Massimo D'Antona circolano in fotocopia, infatti. Ma dov'è l'originale? Su quale computer è stato scritto e ora è immagazzinato? L'analisi di quel testo, fatta a tavolino dagli analisti, - conclusioni: sono almeno tre le teste che hanno scritto il documento, una proviene dal sindacalismo estremo, un altro è un reduce di vecchie Brigate rosse - è diventata traccia per le indagini sul campo. Ecco dunque che si vanno facendo alcune perquisizioni mirate nel mondo degli irriducibili del terrorismo, in carcere e fuori. Si cerca un biglietto, degli appunti, qualche dischetto da computer. La polizia è in caccia di un qualche indizio per arrivare al famoso documento originale. Molte perquisizioni sono state fatte a Rebibbia, ieri. Una delle celle interessate ospita Vittorio Antonini, detto Alvaro, in carcere dal 1985. E' stato condannato a 26 anni di reclusione per il sequestro del generale americano James Dozier (Verona, dicembre 1981) e fu arrestato alle porte di Roma, a Palestrina, dopo quattro anni di latitanza. Vittorio Antonini, cresciuto nella borgata di San Basilio, è accusato di aver partecipato a attentati minori per molti anni nella cosiddetta Brigata Tiburtina. Solo agli inizi degli Anni Ottanta, dopo le retate che sconvolsero l'organizzazione terroristica, avrebbe fatto il salto di qualità. Si scava negli ambienti degli irriducibili, insomma, che non hanno mai abiurato del tutto alla lotta armata. Così sono iniziate indagini precise anche nei confronti di alcuni brigatisti dell'ultima generazione. Quelli che furono coinvolti nell'attentato alla base Nato di Aviario del settembre 1993, ad esempio. In quell'occasione finirono in carcere Francesco Aiosa, genovese; Ario Pizzarelli, bresciano; Angelo della Longa e Paolo Dorigo (fratello di un ex parlamentare di Rifondazione comunista), veneti. Ma l'inchiesta è molto articolata. Si cerca di individuare la famosa «talpa» interna al movimento sindacale e forse allo stesso ministero del Lavoro. Agenti deU'Antiterrorismo sono andati ieri al ministero e hanno sequestrato molti documenti legati all'attività di D'Antona. Ripercorrendo questo suo lavoro, e confrontando con quanto già era pubblico e quanto no, si può capire, ad esempio, se nel documento brigatista sono finiti davvero alcuni temi che non erano di domi¬ nio pubblico. Un'inchiesta certosina che però potrebbe restrìngere il campo intorno alla persona che avrebbe dato le informazioni - anche «inconsapevolmente», si sottolinea - ai killer. E poi c è il lavoro di polizia più tradizionale. La scientifica ha messo a punto, sulla base delle testimonianze, quattro identikit. Ci sono i due giovani che furono visti correre per via Adda, prima a piedi e poi in motorino. C'è la donna che era sotto casa D'Antona e potrebbe aver avuto una funzione di vedetta. E c'è un uomo sui 45-50 anni che era con gli assassini quando hanno avvicinato il professore. Ragionando sulla dinamica, si pensa anche che ci fosse un quinto uomo a bordo di una macchina dove è salito il «regista». E forse anche un fiancheggiatore proveniente dalla malavita comune che nei giorni precedenti ha rubato i furgoni. Ma la polizia, forte anche delle convinzioni maturate sul documento, non è poi così meravigliata che ci fosse un «vecchio» del terrorismo in via Salaria. Sarebbe lui un leader del gruppo. Un uomo che ha partecipato già ad azioni sanguinose in passato (fino a metà degli Anni Ottanta) e ora è l'uomo di passaggio tra la vecchia e la nuova leva del terrorismo. Un uomo del genere, però, non è sicuramente uno sconosciuto. Ecco dunque che l'identikit viene pazientemente confrontato con vecchie foto segnaletiche e con filmati ripresi in occasione di manifestazioni non autorizzate e sfociate in atti violenti. Da qui, sperano gli investigatori, potrebbe venire un colpo di scena. Una strada da battere, dunque, è quella di un «vecchio del brigatismo» che ha ripreso le armi e ha trovato dei giovani che credono nelle sue parole. Di qui la seconda ragione di perquisizioni e indagini nel mondo degli irriducibili. In carcere, tra gli ex terroristi di sinistra si contano 75 ergastolani. Una metà è dietro le sbarre. Gli altri beneficiano di benefici vari che vanno dalla sospensione della pena al lavoro esterno, alla semilibertà. Possibile che un uomo simile sia sconosciuto a tutti? Che non abbia fatto partecipi di questa sua decisione di ridiscendere in campo i vecchi compagni di organizzazione? Sono ipotesi di lavoro. Ci crede poco Mauro Palma, però, presidente di «Antigone», un'associazione che si occupa dei diritti dei carcerati: «Se ci fosse stato un volantino pronto in carcere - dice - sarebbe già saltato fuori. Io non credo che ci sia un collegamento con i brigatisti della terza generazione. Penso piuttosto a un gruppo scellerato che cerca una autolegittimazione usando una sigla vecchia». li generale americano James Dozier sequestrato a Verona net 1981 Sotto, il giudice Giancarlo Caselli

Luoghi citati: Palestrina, Roma, San Basilio, Verona