Uccisa dai killer davanti alla figlia
Uccisa dai killer davanti alla figlia Nuoro, la donna era sulla porta di casa, i sicari hanno sparato da un'auto e poi sono fuggiti Uccisa dai killer davanti alla figlia Mistero nelpaese del sequestro Melis Corrado Grandesso NUORO Mariangela, otto anni, era dietro il vetro della finestra e ha urlato, quando ha visto l'assassino puntare la pistola contro la madre. Il grido disperato non è servito a nulla: il sicario ha premuto il grilletto, la mamma della piccola, raggiunta alla tempia da un proiettile, si è afflosciata sull'asfalto di via Roma. Il corpo di Dina Cabiddu, 50 anni ancora da compiere, sposata, due figlie, è rimasto a lungo per terra, coperto da un telo mimetico militare, mentre due rigagnoli ai sangue si allungavano sulla viuzza in discesa, nel centro di Urzulei, poco più di 1500 abitanti, a una settantina di chilometri da Nuoro. Un omicidio che richiama modelli estranei al mondo deH'Ogliastra, regione salita prepotentemente alla ìibalta oltre due anni fa per il sequestro di Silvia Melis. E che sottintende in chi l'ha commesso un odio profondo, tale da scatenare una vendetta fuori degli schemi tradizionali. E' stato un agguato in stile mafia, come ha sottolineato il sindaco del centro. Franco Murgia, o comunque con caratteristiche da criminalità metropolitana. E, in più, il bersaglio è stala una casalinga, un fatto inconsueto negli annali del banditismo sardo, che tende a rispettare le donne, anche se è vero che le «regole» della malavita isolana ormai sono cambiate, e non in meglio. «Gente venuta da fuori», hanno sentenziato, elaborando la tesi del sindaco, diversi compaesani della vittima. Un'eventualità corroborata da un particolare ancora una volta insolito: accompagnato da due complici, il killer è fuggito a bordo di una Fiat Uno grigia targata Vicenza o, forse, Vercelli, le sigle si assomigliano e possono essere confuse. Se è vero seconda ipotesi, un filone delle indagini svolte da polizia e carabinieri ha già imboccato una pista piemontese. Anche perché Maria Luisa Cabiddu, ma tutti la chiamavano Gina, aveva lavorato a lungo come colf a Torino. Era rientrata ad Urzulei una quindicina di anni fa, per sposarsi con un operaio forestale, Antonio Mulas, dal quale ha avuto due figlie, Marta, dieci an¬ ni, e Mariangela, otto. Una famiglia dall'esistenza semplice, «benvoluta, tranquilla», spiega una vicina di casa. Eppure otto anni fa qualcuno aveva esploso una fucilata contro l'abitazione dei coniugi Mulas. Un episodio allora inspiegabile, ma che acquista ora un significato in valori diversi alla luce della spietata «esecuzione» di ieri. Gina Cabiddu rientrava a casa, verso le 8,20, dopo aver accompagnato in una vicina piazzetta, la figlia maggiore al quotidiano appuntamento con lo scuolabus. Da dietro la finestra la piccola Mariangela l'ha vista arrivare, affiancarsi alla Uno grigia che procedeva lentamente. «Erano in tre, mamma ha parlato con loro», pare abbia raccontato più tardi la bimba agli mquirenti. Poi dal finestrino si è materializzata una pistola. Mariangela ha urlato, ma non è servito a niente. La vittima, apparentemente non aveva nemici. Ha visto qualcosa che non doveva, o forse si è trovata in un luogo sbagliato? Sconvolta, ma non muta, la gente di Urzulei non ha spiegazioni da offrire, condanna con sincerità il delitto e sembra rifiutare qualsiasi collegamento con la fine superlatitante Adolfo Cavia, trovato nei mesi scorsi morto in una chiesetta campestre. Cavia forse è il rimorso della memoria collettiva, anche se il suo nome era ricorso a lungo nel clamoroso sequestro di Silvia Melis, la giovane di Tortoli rapita nel febbraio del '97 e sfuggita ai banditi nel novembre successivo. La bimba di otto anni era alla finestra e ha assistito al delitto Nel paese era stato trovato il cadavere di uno dei superlatitanti sardi che sarebbe stato coinvolto nel rapimento Gli inquirenti davanti all'abitazione di Gina Cabiddu. Nascosto da una coperta, il corpo della donna uccisa a Urzulei, vicino a Nuoro
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