«C'è la firma di un vecchio brigatista»

«C'è la firma di un vecchio brigatista» «C'è la firma di un vecchio brigatista» L'esperto del linguaggio: un testo molto curato intervista Brunella Giovata CONOSCE perfettamente la «filosofia» Br, l'ha vissuta in prima persona, in un gruppo che non ha avuto pentiti né dissociati (come quello di Firenze). E' vissuto per anni nascosto nel fiume carsico dei militanti sfuggiti alla cattura. Più o meno un mese fa, ha cominciato a scrìvere la rivendicazione dell'omicidio D'Antona. Ieri, a cadavere caldo, l'ha rifinita : ha aggiunto il riferimento a Ciampi, e l'incipit, «Il giorno 20 maggio 1999, a Roma, le Brigate Rosse per la Costruzione del Partito Combattente hanno colpito...». Poi l'ha spedita a destinazione. E' l'identikit tracciato da Francesco Maria Biscione, studioso delle carte delle Brigate rosse, ex consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi e sul terrorismo, autore della ricostruzione filologica del memoriale Moro trovato nel covo di via Montenevoso, e di un libro sul delitto Moro. Subito dopo aver letto il documento, si è posto il problema dell'autenticità, o no? «No. La prima rivendicazione dei delitto è stata fatta dalla Falange armata, ma non era verosimile. La seconda sì, era quella giusta. Ci* seno troppi richiami e troppo precisi - ad un'ideologia ben digerita e convissuta. In più, frammenti di altri documenti fine Anni Ottanta, e anche di scritti di questo decennio. E poi c'è la coerenza perfetta con l'obiettivo, purtroppo raggiunto». Come lo valuta dal punto di vista stilistico? «L'ispirazione di fondo è quella storica delle Brigate rosse. Per l'ideologia (impedire la pace sociale, impedire allora il compromesso storico e oggi di concordare gli obiettivi nazionali...), e per la scrittura. Ma chi ha scrìtto non ha usato il linguaggio dei tempi di Moretti, che era infini¬ tamente più violento, più offensivo e truculento. Ha usato una lingua più fine dal punto di vista logico. Complessa ma più comprensibile. I documenti della tradizione brigatista erano scrìtti molto meno bene. Questo è molto curato, molto pensato. Meno contorto di quelli Anni Settanta, scrìtto da una persona sicuramente colta, che padroneggia bene l'italiano ed è capace di costruire un ragionamento più facile da seguire». Un vecchio brigatista <dn sonno»? «Probabilmente è così. Esiste un gruppo di militanti che ha continuato l'attività, minacciando più volte di tornare allo scoperto, e lasciando traccia di questa volontà in rivendicazioni e altri documenti. Ad esempio il gruppo di Firenze, perché lì non ci sono stati pentiti e dissociati, quindi molti elementi sono rimasti "coperti" fino ad oggi. Evidentemente c'è qualcuno che ha continuato a coltivare l'ideologia brigatista, e adesso è tor¬ nato all'azione. Abbiamo avuto i segnali della loro presenza, e forse li abbiamo trascurati». Un militante degli Anni Ottanta, una specie di reduce? «Escluderei che il documento sia stato scrìtto da un brigatista della prima o della seconda generazione. Penserei piuttosto ad un appartenente ai gruppi di fine Anni Ottanta. Per averne una conferma, bisognerebbe analizzare la rivendicazione D'Antona alla luce delle altre azioni - piccole, ma e? sono state - e relative rivendicazioni degli ultimi dieci anni». Lei ha studiato centinaia di documenti simili. Cosa ha pensato appena letto quest'ultimo? «Che si tratta di disperati. Ho davvero colto un elemento di profonda disperazione in questo scrìtto. La consapevolezza di'essere tagliati fuori come soggetto politico. Di essere testimoni di un passato che non esiste più». Da cosa lo capisce? «Si danno come obbiettivo la dittatura del proletariato, la rivoluzione comunista... Sono tutte espressioni di cui si è praticamente perso il significato nel corso degli anni. Questo documento, tanto più analizza la situazione degli assetti economici, politici e sociali, tanto più dimostra una forte proiezione ideolo¬ gica. Ma teorizzano concetti del passato, e di questo passato sono puri testimoni». Teorizzano, ma D'Antona l'hanno ucciso. «Ma sanno di essere dei perdenti. Non rilanciano nemmeno un discorso di lotta sociale... Sono assassini. E molto pericolosi, per i loro futuri obiettivi».

Persone citate: Ciampi, D'antona, Francesco Maria Biscione, Moretti

Luoghi citati: Firenze, Roma