«Atto di banditismo politico»
«Atto di banditismo politico» «Atto di banditismo politico» «Non sono i nostri eredi, è mia pr&vocazione» ROMA Ieri mattina Franco ha telefonato a Mario, poi ha chiamato Prospero: «Hai visto il documento?». «Non ancora». «Te lo mando, poi ne parliamo». Mario invece l'aveva già avuto, e ha detto a Franco: «Lo leggo e ci risentiamo». Franco è Franco Piccioni, brigatista pluri-ergastolano che proprio ieri ha compiuto 19 anni di detenzione; Mario è Mario Moretti, «regista» del caso Moro, mentre Prospero è Prospero Gallinai-i, il carceriere del leader De assassinato nel 1978. Piccioni sta a Roma, e di giorno esce dal carcere per lavorare come Moretti, che però si trova a Milano. Gallinari invece vive a Reggio Emilia, e ha lasciato la cella per motivi di salute. Tre ex brigatisti che da anni fanno vite separate, ma l'omicidio di Massimo D'Antona rivendicato da un documento firmato Brigate rosse li ha improvvisamente riawicinati. «Non so se prenderemo una posizione comune spiega Piccioni -, però una cosa è certa: per quanto mi riguarda questo documento di rivendicazione è un atto di banditismo politico». Sul delitto D'Antona, Piccioni non ha idee chiare, ma sulle ventotto pagine fatte trovare poche ore dopo sì: «Non sono le Br-pcc che fummo noi, e lo dicono loro stessi, nella prima pagina». Ha sottolineato la frase con l'evidenziatore: dicono che «possono svolgere un ruolo d'avanguardia in continuità oggettiva con la proposta delle Brpcc, ed assumersi perciò la re¬ sponsabilità politica di prenderne la denominazione». Commenta l'ex Br: «Visto? Sono loro a dire che sono un'altra cosa, ma decidono di chiamarsi col nostro nome. Una cosa del genere, vent'ànni fa, si sarebbe risolta a pistolettate, perché a sinistra si chiama con un solo nome: provocazione». Che esca o no una posizione comune degli ex Br, l'idea di Piccioni - il quale nel 1988, dopo gli ultimi arresti, scrisse materialmente un documento firmato dove era scritto che le Br coincidevano coi prigionieri politici, e dunque la storia era chiusa - è che «le nuove Br» possono essere «quattro matti esaltati oppure un'invenzione dei Servizi segreti occidentali, ma di sicuro non i nostri eredi». Anche il linguaggio del documento, secondo l'ex Br, «tenta di assomigliare al nostro, ma è diverso». Insomma, il nuovo atto terroristico che ha insanguinato Roma potrebbe avere l'effetto di ricompattare alcuni brigatisti «autentici», almeno per rivendicare un'esperienza che a sentire loro non può avere eredi. E un altro ne ha prodotto sul fronte opposto, quello degli investiga- tori: l'Arma dei carabinieri ha chiamato a raccolta quegli ufficiali che negli Anni Ottanta si dedicarono con successo ' alla disarticolazione del «partito armato», oggi disseminati per l'Italia a svolgere tutt'altri incarichi, sollecitando analisi e pareri sull'attentato di via Salaria. Uno dei carabinieri più esperti di quello che fu il reparto anti-terrorismo dell'Arma è impegnato a scrivere la sua relazione, e spiega che ci potrebbe essere un filo comune tra il documento dell'altro ieri e la cosiddetta «secondo posizione» delle Br, quella che si staccò a metà degli Anni Ottanta per dare vita all'Unione dei comunisti combattenti. E' un'ipotesi, ma lo stesso ufficiale invita a tener conto anche di ciò che si è potuto raccogliere sul luogo dell'agguato: gli assassini di Roberto Ruffilli, ricorda, furono inchiodati dalle molte tracce trovate sul terreno, compresa un'impronta digitale lasciata sul vetro di un'auto utilizzata dal commando Br. Il lavoro investigativo procede in parallelo: da un lato le indagini classiche (testimonianze, rilievi ecc.), dall'altro le analisi sull'ultimo e sui precedenti documenti. C'è quello recapitato a la Repubblica due mesi fa, che preannunciava «la ripresa della lotta armata» a nome delle Brpcc e dei Nuclei Territoriali antimperialisti. E ce n'è un altro dell ottobre 1997, diffuso via Internet e firmato da un gruppo di brigatisti detenuti - tra cui gli autori dell'omicidio Ruffilli, richiamato esplicitamente nel documento dell'altro ieri - che incita ancora ad «attaccare e disarticolare il progetto antiproletario e controrivoluzionario di riforma dello Stato». Forse è proprio a quei «compagni prigionieri» che si rivolgono gli assassini di D'Antona, e Franco Piedoni commenta: «La risposta spetta a loro, e se tacciono sarà un elemento di ambiguità in più in una storia niente affatto chiara». [gio, bia.] Franco Piccioni «Una cosa del genere 20 anni fa si sarebbe risolta a pistolettate» «Possono essere quattro matti esaltati o un'invenzione dei servizi segreti» IL LINGUAGGIO IERI E OGGI ... Organizzare il potere proletario oggi, significa individuare le linee strategiche su cui tare marciare lo scontro rivoluzionario, ed articolare ovunque a partire da queste, l'attacco armato contro i centri fondamentali politici, economici, militari dello Stato Imperialista. Un quadro politico generale che impone al proletariato e alle sue avanguardie rivoluzionarie di assumersi la responsabilità politica di costruire l'alternativa di potere storicamente adeguata a questi progetti, attraverso la ripresa dell'attacco rivoluzionario... A sinistra Mario Moretti
Luoghi citati: Italia, Milano, Reggio Emilia, Roma
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