C'è l'identikit di uno dei killer di D'Antona di Francesco Grignetti

C'è l'identikit di uno dei killer di D'Antona Forse otto persone nel gruppo di fuoco, trovate impronte digitali sui furgoni utilizzati per l'assalto C'è l'identikit di uno dei killer di D'Antona Una supertestimone ha visto il commando uccidere Francesco Grignetti ROMA Il giorno dopo l'omicidio, superato lo choc per il sanguinoso ritomo in scena delle Brigate Rosse, comincia il lavoro dogli investigatori. Sarà un impegno lungo e certosino. A palazzo Chigi si sono incontrati i vertici dei servizi segreti. A palazzo di Giustizia, un pool di magistrati ha discusso a lungo con polizia e carabinieri, Sono tutti impegnati per venire a capo, il più presto possibile, di questo gruppo criminale che si propone come l'erede delle vecchie Br. Qualche idea comincia a prendere corpo: le nuove Br sarebbero un gruppo di 10-15 persone, abbastanza impermeabili verso l'esterno, senza troppi rapporti verso i movimenti dell'estrema sinistra, con un intellettuale sui quarant'anni come leader. Un esperto in questioni sindacali, molto probabilmente. Le indagini procedono su un doppio binario: l'attentato e il documento. Gli investigatori stanno cercando di ricostruire nella maniera più approfondita possibile la dinamica dell'omicidio. Il piano assassino viene definito «sofisticato». Ma è anche innovativo nelle modalità, se cosi si può dire, rispetto agli attentati del passato: l'uso di un revolver che non lascia cadere i bossoli, ad esempio, è nuovo per le Br. Il ministro dell'Interno, Rosa Russo Jervolino, riferendo al Consiglio dei ministri, ha sottolineato il'livello di «freddezza e determinazione» dei killer. Il gruppo di fuoco non era piccolo: sei, forse otto persone, con compiti diversi. Due furgoni sistemati in posizioni strategiche, rubati una decina di giorni fa. Il primo è stato parcheggiato là dove poi l'hanno trovato per una settimana. L'altro à stato posizionato solo la sera prima. Conclusione: da qualche parte esiste un garage che ha ospitato il furgone rubato per almeno una settimana. Forse si tratta di un box piccolo che non riusciva a ospitare entrambi i furgoni. Ma le targhe erano rimaste al loro posto: guidando per la città un mezzo rubato, i brigatisti hanno corso il rischio di essere fermati da una qualsiasi pattuglia. L'autopsia, effettuata ieri, ha intanto stabilito che Massimo D'Antona è stato ucciso con sei colpi d'arma da fuoco. Uno, quello mortale, diretto al cuore. Ci sareb¬ bero tre testimoni, due ragazzi e una donna, considerati particolarmente attendibili - soprattutto la donna - che stanno collaborando per arrivare a un identikit degli assassini (uno è pronto). La polizia ascolta con attenzione un gruppo di turisti americani, ora a Venezia, che sarebbe partito in pullman da via Salaria nei minuti dell'attentato per dirigersi verso il nord Italia. La polizia scientifica ha trovato anche molte impronte digitali sui due furgoni. Vengono esaminate attentamente, per controllare quali sono state lasciate dai pro- Enotori e quali da eventuali ladri rigatisti. Ma si ricorre anche a tecniche più sofisticate: agenti della scientifica hanno raccolto in strada i mozziconi di sigaretta per vedere se sia mai possibile risalire al Dna degli assassini. E i tabulati telefonici vengono passati al computer per controllare quali cellulari fossero in funzione nell'area al momento dell'omicidio. A tavolino, intanto, viene letto e riletto il documento in 28 pagine che i brigatisti hanno fatto ritrovare dopo l'omicidio. E' stata disegnata una sorta di identikit psico¬ culturale dell'estensore. O meglio, degli estensori. Si pensa che ci abbiano messo le mani in tre o più persone. Uno ò sicuramente un intellettuale addentro alle questioni sindacali. Forse conosceva personalmente D'Antona. Quantomeno sapeva molte cose di lui, della sua vita e della sua carriera. Nel documento brigatista, il ricorrere di un gergo sindacalese a un certo punto lascia il passo invece a una analisi più tradizionale della società. Conclusioni di un investigatore: «Molto probabilmente, su un ceppo delle vecchie brigate rosse, intendo quelle degli anni Ottanta che uccisero Tarantelli e Rufaili, s'è innestato un filone nuovo che viene dal mondo del sindacalismo di base». L'analisi dei contenuti si accompagna a una lettura stilistica del documento. Sono state sottolineate certe forme linguistiche, dei «tic» come li ha chiamati il sottosegretario alla Difesa Massimo Brutti, che portano a definire le caratteristiche del nuovo leader: dovrebbe trattarsi di un intellettuale di mezza età, sociologo o economista, probabilmente romano, affascinato dall'esperienza ormai antica delle Brigate Rosse. Ma in queste ore, la polizia non sottovaluta lo scandaglio nel mondo dell'estremismo rosso. Ci sono ancora dei brigatisti latitanti: potrebbero aver tirato su una nuova leva di giovani. Si parla di perquisizioni. Vengono sentiti anche molti pentiti e dissociati. Si lavora intorno alla famiglia D'Antona, anche, per controllare che non vi sia una «talpa» che abbia portato indicazioni utili ai terroristi. Nino Abbate, che negli anni Ottanta celebrò alcuni tra i processi più noti alle Brigate Rosse e che oggi è alla procura generale presso la Cassazione, dice: «Certo, notizie relative a questa struttura eversiva di sinistra circolavano già in ambienti qualificati. Un omicidio di questa portata mi lascia però sorpreso».

Persone citate: D'antona, Massimo Brutti, Massimo D'antona, Nino Abbate, Rosa Russo Jervolino, Tarantelli

Luoghi citati: Italia, Roma, Venezia