Tutti bianchi per Spike lee di Alessandra Levantesi

Tutti bianchi per Spike lee Tutti bianchi per Spike lee EMonteiro sceglie il sesso esplicito Alessandra Levantesi inviata a CANNES Favola ironica firmata dal portoghese Joao Cesar Monteiro, «Le nozze di Dio» si è piazzato subito fra i film scandalo del festival: in questo nuovo capitolo (e anche l'ultimo giura il regista-interprete) delle avventure di «Joao di Dio», il bizzarro erotomane protagonista si avvinghia nudo e scheletrico a una efebica ed altrettanto nuda fanciulla in una disinibita scena di sesso. Ciò nonostante non c'era in sala un gran numero di spettatori ad apprezzarla, perché l'aristocratico autore attira solo i più sofisticati, mentre alla Quinzaine «L'estate di Sam» di Sik L h itt il ttt Spike Lee ha registrato il tutto esaurito: con un pubblico di fans entusiasti fin dai titoli di testa e un clima di grande attesa. E' la prima volta infatti che il cineasta nero si cimenta con una storia di bianchi, dove l'unico personaggio di colore è lui stesso, una partecipazione marginale nei panni di un telecronista: ma il film non è diverso dagli altri di Spike, anzi è un puro concentrato della sua opera precedente e ruota immancabilmente intorno al problema razziale. Solo che qui il regista lo prende alla lontana, mostrando su quale tessuto di incultura si innesca la miccia paranoica contro il diverso, insomma in che modo si scatena la caccia alle streghe. A introdurre la vicenda è lo scrittore Jimmy Brislain il quale ci riporta al luglio del '77, caratterizzato dal caldo torrido, dal «blackout» e dai delitti a catena di un misterioso maniaco, soprannominatosi «il figlio di Sam», che uccidendo ragazze e coppiette con una calibro 44 semina il terrore nel Bronx. Per scovare il folle la polizia chiede aiuto a un capomafia (Ben Gazzara), che per la sua cattura offre una grossa taglia; e allettati dal denaro, un gruppuscolo di picciotti stende una lista in cima alla quale viene a trovarsi il chitarrista Ritchie (Adrien Brody), sospettato per il suo travestimento punk e l'alone alternativo. Dell'aspetto thriller della faccenda all'autore tuttavia importa poco: quello che gli sta a cuore è ricostruire un affresco d'epoca con la febbre del sabato sera, il baseball, l'amore libero e le canne prima dell'Aids; fare dell'antropologia, dipingendo un quadro piuttosto puntuale della comunità a con i suoi pregiudizi mentali e italo-americana con i suoi pregiudizi mentali e sessuali. E di spingere il pedale del melò attraverso la storia d'amore del parrucchiere Vinny (John Leguizamo) che tradisce ogni momento la bella moglie Dionne (Mira Sorvino) e infine si fa convincere a tradire anche l'amico Ritchie. Fragile e inconsistente, Vinny è il centro morale negativo del film e l'attore con il suo fisico nervoso e il suo viso ambiguo incarna bene questo personaggio privo di simpatia, mentre la Sorvino e Brody hanno una dolcezza stoica e raffinata. Naturalmente Spike Lee impasta gli elementi da par suo: debordante, raffinato nella forma e nella scelta musicale, alterna la tecnica sintetica del videoclip a tirate pari a t issi me d'impostazione quasi teatrale, passa dalla chiave intimista al disegno eorale, a volte indugia, a volte è fin troppo ellittico. Ma alla fine scopri che non ha mai perso il filo e questo film violento e arrischiato arriva in fondo con grande forza d'impatto. Spike Lee: ressa e code per il suo film