Condannato a morte il vice di Ocalan

Condannato a morte il vice di Ocalan A Semdin Sakik non è servito pentirsi e dirsi pronto a testimoniare contro «Apo» Condannato a morte il vice di Ocalan Identiche le accuse rivolte all'esponente del Pkk e al suo capo in attesa di processo ANKARA_ Con un verdetto che suona quasi come un'anticipazione della sarte di Abdullah Ocalan, il suo ex vice Semdin Sakik, numero due del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), è stato condannato a morte per tradimento, omicidio plurimo e separatismo. Con Sakik è stato condannato a morte anche suo fratello Arif, Le stesse accuse rivolte a Sakik sono state formulate contro «Apo», che sarà giudicato nel carcere di massima sicurezza dell'isola di Inorali, nel Mar di Marmerà, a partire dal 31 maggio. La Procura del resto ha già annunciato che chiederà per lui la pena capitale. Sakik, 40 anni, noto con il nome di battaglia di «Zeki Senzadito» poiché gli manca un pollice, era stato catturato dai militari turchi con un blitz nel Nord dell'Iraq agli inizi del 1998. Poco prima dell'arresto aveva rotto con Ocalan. Il processo contro di lui e il fratello si era aperto nel giugno dello stesso anno. I due imputati si sono difesi da soli, dopo aver rinunciato ai loro avvocati che erano stati minacciati di morte. Prima della sentenza, Sakik ha espresso rimorso e chiesto clemenza ai giudici, come riconoscimento per la sua dissociazione da Ocalan: «Io sono colui che ha condotto all'interno dell'organizzazione la più radicale battaglia contro la lotta armata, perché ho visto che quello che si faceva era terrorismo. Chiedo che la Corte ne tenga conto», ha affermato. L'ex numero due del Pkk ha dato la sua disponibilità a testimoniare contro Ocalan. E già durante il processo, gli ha rivolto pesanti accuse. Secondo Sakik, fu Ocalan a ordinare personalmente l'eccidio di 33 militari disarmati, malgrado lui fosse nettamente contrario. «Mi sono sempre battuto contro il capo dell organizzazione e contro la stessa organizzazione. Voglio continuare a farlo», ha detto l'ex vice di «Apo». Ma la sua veste di pentito non gli è servita a evitare la condanna. La sentenza contro il braccio destro di Ocalan ò stata emessa a Diyarbakir, nella regione curda del Sud-Est della Turchia, da una Corte per la sicurezza dello Stato formata da un giudice militare e due magistrati civili. Il vice, pentito, di Ocalan è stato riconosciuto colpevole della morte di 283 persone in 191 azioni armate compiute dal Pkk. Il capo d'imputazione più grave riguardava la strage dei 33 soldati disarmati, trucidati nel 1992 su un autobus a Bingol. Contro la condanna a morte, Sakik e il fratello potranno proporre ricorso in appello. In Turchia non viene giustiziato nessuno dal 1984. Per le esecuzioni, che avvengono tramite impiccagione, è necessaria l'approvazione del Parlamento. Frattanto il ministro dell'Interno turco ha messo al bando una serie di parole ed espressioni poco gradite riguardanti i curdi e la questione curda, indicando con quali altre forme esse devono essere sostituite da istituzioni, enti pubblici e mezzi di informazione statali. Secondo la circolare emanata dal ministero il 26 aprile - che prende in considerazione 37 fra parole ed espressioni - «Apo», soprannome del leader curdo Abdullah Ocalan in attesa di processo - deve esser rimpiazzato da «il terrorista Ocalan», mentre «appello alla pace» dovrà trasformarsi in «temporanea sospensione delle attività terroristiche». Sulla stessa linea cambieranno le espressioni «Pkk», «sostenitori di Apo», «frange e/o forze separatiste» che a piacere dovranno essere sostituite da «l'organizzzione terroristica del Pkk», «la sanguinaria organizzazione terroristica», «la rete assassina». Il ministro dell'Interno ha effettuato tali cambiamenti, a suo dire, «per evitare uso di parole che possano provocare discussioni e speculazioni». Il bando comprende anche «stato curdo», termine severamente vietato. L'imputato aveva rinunciato al legali minacciati di morte Abdullah Ocalan e nella foto grande 1 fratelli Sakik: (da sin.) Semdin e Arif

Luoghi citati: Ankara, Iraq, Kurdistan, Pkk, Turchia