Errore n° 10, sull'ospedale di Belgrado

Errore n° 10, sull'ospedale di Belgrado I DANNI COLLATERALI DELLE INCURSIONI ALLEATE Errore n° 10, sull'ospedale di Belgrado Missile impazzito manca una caserma: quattro uccisi reportage Giuseppa Zaccaria inviato a BELGRADO VISTO da vicino, un «danno collaterale» somiglia dannatamente ad una strage. Il tappeto di vetri infranti su cui scricchiolano le tue scarpe è identico a quelli calpestati altre volte dopo un attentato, un'esplosione, un carnaio. La polvere che ricopre tutto è simile a quella che dopo un terremoto o una catastrofe naturale avvolge uomini e cose. Qui, nell'ospedale bombardato l'altra notte per errore, il solo scorcio diverso da quelli di una comune ecatombe è costituito da quel corpo di donna anziana che s'intravede a metà, sotto le macerie del padiglione di neurologia, fra un letto ricoperto di calcinacci ed i resti di un armadietto per i medicinali. Nella contabilità delle incursioni Nato questo sarà registrato come l'cincidente numero dieci», tanto per citare i principali. Dicono che un missile a guida laser (uno su otto, precisa da Bruxelles il portavoce, quasi a ricondurre tutto a percentuali) sia sfuggito al sistema di guida come un colpo può sfuggire all'arma del pistolero. Tra pazienti della neurologia sono morti, ma tanto erano già in coma. E' morto anche un guardiano, ma era vecchio. Un bambino nato dieci minuti prima dell'incidente con un parto cesareo è stato trasferito in fretta in un altro ospedale, ma era prematuro. Madri e figli del reparto ostetricia hanno passato la notte nei sotterranei, ma tanto non faceva freddo. Due donne incinte hanno ricevuto sui volti raffiche di ve- tri infranti, ma forse non erano molto belle neanche prima. Sulla collina di Dedinje, nei viali della clinica «Dragisa Misovic» - in ciò che ne resta, almeno - adesso si respira un'aria di rassegnazione dolente, di cupa attesa del peggio. Di un peggio che nessuno riesce a ipotizzare tanto meccanica, terribile e cieca si manifesta la progressione di questi «incidenti». A mezzanotte e quarantacin- Se minuti l'intensificazione deattacchi seguita, come sempre, alla visita dell'inviato di pace ha mancato in parte una caserma che sorge a cinquecento metri da qui, ed è vuota da due mesi. Uno dei missili è piombato sull'ospedale, che nelle settimane scorse era scampato con spaventi e vetri rotti ad altre tre incursioni su obiettivi simbolici e deserti (la medesima caserma, la casa di Milosevic, l'accademia di polizia). Altri ordigni intelligenti hanno sfiorato nelle ultime 24 ore le residenze dell'ambasciatore svedese, di quello spagnolo e la sede diplomatica svizzera sfondando finestre, distruggendo arredi ma risparmiando le preziose vite dei diplomatici. L'ambasciata di Berna è stata danneggiata men¬ tre i diplomatici erano riuniti per una cena ufficiale, in occasione della festa nazionale s vizze a. Dai ministeri degli Esteri di Stoccolma e Madrid adesso partono proteste, dall'Onu commenti quali «queste cose non devono accadere». Dall'ospedale, promana solo l'attonito lamento dei sopravvissuti. Vicino all'ingresso una targa semidivelta racconta che questo centro era stato intitolato come «memoria!» all'infermiera Elsie Inglis, una scozzese che nella Prima guerra mondiale aiutò molto madri e bambini di Serbia. Nei 24 padiglioni l'altra notte c'erano almeno quattrocento pazienti: anche il primario, Vladislav Scepanovic, era ricoverato nell'unita coronarica in attesa di un intervento. L'esplosione l'ha buttato giù dal letto. Gli effetti dell'«errore tecnico» sono testimoniati da un cratere colmo d'acqua che si apre ad un passo dalle rovine del reparto di neurologia. Attraverso tramezzi crollati s'intrawedono letti ancora macchiati di sangue, sezioni di parete con appesi santini e foto di familiari. Un lettino ginecologico sembra traforato da una tempesta di frammenti. «Io stavo terminando un intervento - racconta Miodrag Lazic, vicedirettore e capo del reparto di urologia • e lo spostamento d'aria mi ha sbattuto contro il muro... Ho fatto l'ultima sutura e sono corso fuori, mi hanno raggiunto le urla di due infermiere rimaste intrappolate al primo piano di neurologia: le scale erano crollate». Subito accanto al reparto neurologico ci sono le due sezioni di ostetricia: nella serata erano nati cinque bambini, l'ultimo a mezzanotte e trenta. Le ambulanze hanno cominciato a fare la spola fra Dedinje e gli ospedali più vicini. Fra i quindici ricoverati nel reparto colpito Branka Boskovic, 75 anni e Radosav Novakovic, di 47, sono passati direttamente dal coma alla morte. Il corpo che ancora s'intrawede sotto le macerie, coperto di polvere come un reperto pompeiano, è quello di Zora Brkic, 87 anni. Sarà spostato quando i pilastri pericolanti del padiglione saranno stati abbattuti. Il guardiano è morto invece perché le schegge l'hanno raggiunto direttamente nel cortile. «Una volta sgomberate la macerie sapremo se ci sono altri corpi», spiega il dottor Lazic. I feriti sono una sessantina, non si contano gli ammalati sotto choc. Poco più tardi, in una conferenza stampa, il ministro della Sanità, Le posava Milicevic, dirà molte cose, ma forse basta riferi ni a una: «Io posso solo protestare dinanzi a voi giornalisti, se vorrete trasmettere queste parole e se nei vostri Paesi qualcuno vorrà ascoltarle. Vi imploro di chiedervi ogni mattina: quanti innocenti sono morti nelle incursioni dell'ultima notte?». Questa mattina forse ne scopriremo altri. Le ultime notizie da Belgrado vogliono che la zona di Krusevac, dove i riservisti dell'esercito protestano, sia stata isolata, e che da Cacak un comitato di agitazione lanci appello per la pace al governo. Insinuano che queste defezioni siano presentate dal regime come ritiri organizzati di truppe. Prevedono un'altra notte di massicce incursioni. In alto, la stretta di man» a Bruxelles tra il segretario della Nato Javier Solana e il premier Massimo D'Alema. Qui a destra un'immagine dell'ospedale Dragisa Misovic, sulla collina di Dedinje a Belgrado In piena notte Semidistrutti i reparti di neurologia e ostetricia dove erano appena nati 5 bambini Danneggiate anche le ambasciate di Spagna, Svezia e Svizzera Madrid e Stoccolma protestano con Bruxelles

Persone citate: D'alema, Inglis, Javier Solana, Lazic, Milosevic, Novakovic, Vladislav Scepanovic, Zora Brkic