Il governo riapre il dossier pensioni di S. 1.

Il governo riapre il dossier pensioni Confìndustria spinge, ma è difficile che l'intervento possa essere già nel Dpef Il governo riapre il dossier pensioni Visco: parliamone coi sindacati. La CgUdke «no» ROMA Meno tasse e meno spese significa anche «riprendere il discorso con i sindacati sulla previdenza»: ecco che si precisa la svolta nella politica economica del governo. Il ministro delle Finanze Vincenzo Visco ha cercato di spiegarla ieri a un uditorio sindacale, in un convegno della Cgil-Funzione pubblica; e se l'ha fatto 11, è stato perché pensava di poter cominciare un dialogo. Il segretario generale della Cgil Sergio Cofferati, pur ripetendo il consueto no a «interventi prima della verifica prevista dalla riforma Dini per il 2001» non ha chiuso del tutto la porta: «Una riorganizzazione del Welfare è necessaria». Sembra improbabile che il governo arrivi a prospettare - come ha nuovamente chiesto ieri la Confìndustria - interventi sulle pensioni già nel prossimo Dpef (il documento di programmazione economico-finanziaria). Ma è altrettanto chiaro che Massimo D'Alema, il ministro delle Finanze e il nuovo ministro del Tesoro Giuliano Amato sono concordi nel ritenere che l'argomento va- da riaperto, perché se si vuole ridurre «la dinamica della spesa a medio e lungo termine» è di previdenza e sanità che occorre discutere; anche con i sindacati. «Penso che sia bene in questo fare opera di onestà intellettuale e di trasparenza politica», ha detto ieri Visco. Davanti al suo uditorio, il ministro delle Finanze ha ripetuto, come fa da tempo, che dopo le recenti misure «le imprese italiane sono tassate nella media europea» e non particolarmente oppresse. Ma ha anche aggiunto una considerazione nuova: «occorre domandarsi» se un calo sotto il livello medio europeo non aia opportuno, a causa delle condizioni particolari in cui si trova l'Italia, poiché «le nostre imprese perdono margini di competitività pur avendo ottenuto benefici fiscali». E «la sinistra deve porsi il problema» degli effetti positivi che «una riduzione rilevante e contestuale della spesa e delle imposte» potrebbe avere sul benessere del Paese. Il dialogo che il governo vuole aprire con i sindacati si fonda su uno scambio che in parole povere si potrebbe sintetizzare così: si può dare qualcosa di più all'assistenza sociale, diretta ai più bisognosi, ma bisogna sfrondare alcuni privilegi di massa che sopravvivono nella normativa previdenziale. Ovvero: i pensionati più poveri, come quelli che ieri hanno manifestato in piazza Navona a Roma con Cgil, Cisl e Uil, non sono gli stessi che vanno a riposo «per anzianità» attorno ai 55 anni, nel pieno delle forze e con trattamenti più so¬ stanziosi. Ai primi, D'Alema ha fatto ieri alcune promesse; ai secondi, occorrerà prima o poi togliere. Cofferati non dice di no a una riorganizzazione dello Stato sociale, pur rinviando alla «verifica quantitativa» sulle pensioni già stabilita dalla riforma Dini e dal successivo intervento del governo Prodi. Altri leader sindacali danno risposte molto più dure, come Pietro Larizza dèlia Uil che se la prende contro r«intimidazione preventiva» della Confìndustria, ispirata daU'cinteresse materiale» di «abbassare i diritti pensionistici per ridurre in parallelo i contributi alle imprese». Anche la Cisl, con il segretario confederale Luigi Bordanti, definisce «irresponsabile mettere le pensioni nel Dpef». Non sembra che il governo si deciderà a questo che al contrario il consigliere della Confìndustria incaricato del Centro studi, Guidalberto Guidi, definisce «un atto di coraggio politico». I tempi sono più lunghi: partono dalla riforma dell'assistenza (le prestazioni per i più bisognosi) con l'intenzione di arrivare poi alla previdenza. [s. 1.]

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