Piccola scuola di paese, addio

Piccola scuola di paese, addio Il nuovo regolamento prevede un dimensionamento: ogni complesso avrà da 500 a 900 studenti Piccola scuola di paese, addio A rischio metà delle 60 mila strutture scolastiche Raffaello Nasci ROMA Metà delle 60 mila scuole italiane rischia la chiusura o l'accorpamento. L'allarme giunge dal presidente della Commissione parlamentare sulla riforma amministrativa, Vincenzo Cernili Irelli, sul cui tavolo è giunto il regolamento applicativo della legge sull'autonomia scolastica. Il marchingegno tecnico utilizzato dal governo per questa operazione si chiama «dimensionamento» e prevede che, per accedere alla tanto agognata autonomia, le scuole debbano avere una «massa critica» di studenti tra le 500 e le 900 unità. Tutte le piccole scuole di montagna, di paesello e di campanile - dunque • per sopravvivere (quando e se soprawiveranno) dovranno convolare a forzate nozze con «plessi» di più ragguardevoli dimensioni, col risultato che, anche se non dovessero chiudere, diventerebbero comunque province di un impero altrove allocato. Il tutto - beninteso - finalizzato alla razionalizzazione delle risorse scolastiche e a onor di più congrui risparmi da reinvestire sulla qualità dell'istruzione. Sennonché l'idea che Roccasecca a Monte possa perdere la propria scuola e confluire sotto la giurisdizione didattica di Roccasecca a Valle sta già facendo scoppiare guerra di campanile con tanto di protesto, marce, appelli, suppliche, minacce ai deputati di collegio che si dimostrino poco zelanti nel perorare la causa e - finalmente - di invocazioni di clemenza attraverso il patrio istituto della «deroga» che significa: «fate quello che vi pare, ma non a noi». Il regolamento del ministro Luigi Berlinguer, all'origine della rivoluzione annunciata, è di quasi un anno fa (18 giugno '98) e reca istruzioni su alcune applicazioni della legge '59 del 97, nota come «Legge Bassanini», che all'articolo 20 introduce l'autonomia scolastica. Ora - dice in sostanza il documento - perché una scuola possa godere di una piena autonomia e quindi mettere insieme quel minimo di struttura che le consenta di gestirsi, deve avere anche dei requisiti dimensionali. Da qui l'esigenza di ristrutturare e accorpare. «Ma andare a toccare l'esistente può stridere con interessi assai radicati - spiega l'onorevole Gemili Irelli che, deputato di Teramo, proprio con alcune scuole recalcitranti della sua provincia sta facendo i conti in questi giorni - e così si è voluta seguire la via di una decisione collegiale. Posto che le piccole scuole da sole non possono più stare - è stato chiesto ai comuni provate a studiare provincia per provincia dei possibili accorpamenti. A tale scopo si sono costituti i Cpo, cioè i comitati provinciali di organizzazione scolastica, che sono dei veri parlamentini: li presiede il presidente della provincia e vi partecipano tutti i sindaci, i presidenti delle comunità montane e il provveditore agli studi. Il loro compito è quello di redigere un piano di «dimensionamento» che poi deve essere approvato dalla Regione e quindi entrare in vigore, il tutto entro la fine dell'anno scolastico 2000-2001. Ma affinché questo possa avvenire, i piani devono essere pronti e approvati almeno entro l'inizio dell'anno nuovo». L'obiettivo generale - spiegano alla Pubblica istruzione - non è quello di «tagliare» ma quello di razionalizzare in maniera di fornire un servizio più uniforme in termini di qualità. D'altronde, come è noto, gli albe vi stanno diminuendo di anno in anno, e quindi un ridimensionamento di molte strutture non solo è inevitabile ma è auspicabile. Basti pensare che l'ultima finanziaria fissa l'obiettivo di una riduzione del personale del 3% nel solo '99 (il che vuol dire dalle 25 alle 30 mila persone in meno tra insegnanti e personale amministrativo). E allora? «Allora le resistenze saranno comunque fortissime. E le racconto un aneddoto - dice ancora Cenili Irelli -. Appena firmati i Patti Lateranensi, nel '29, Mussolini salutò il cardinale Gasparrì dicendogli "Eminenza, le sono veramente molto grato per questo accordo. C'è qualcosa che posso fare per lei?", il cardinale avrebbe potuto chiedere qualunque cosa, non so, un titolo nobiliare per la sua famiglia, ma dato che era in corso la riforma amministrativa con l'accorpamento di alcuni piccoli comuni, non esitò nell'istanza: "Vorrei sol¬ tanto che salvasse l'autonomia del mio paese, Acqua viva Picena". E basta». Ma quante sarebbero questa volta le «Acquaviva Picena»? Cernili Irelli ha fatto alcuni conti: «Le scuole sono circa 60 mila, gli allievi in totale 8.890.000, posto che il numero medio per plesso scolastico sarà sui 600 allievi, gli istituti non dovrebbero essere più di 15 mila in totale, e cioè un quarto di quelli attuali. Esiste però l'istituto della deroga, previsto per zone disagiate, per cui crediamo che in realtà le scuole non saranno meno di 30 mila: la metà di quelle attuali». L'onorevole Cernili Irelli: sarà una decisione collegiale I comitati provinciali studieranno gli accorpamenti Ma la notizia ha già fatto scoppiare le «guerre di campanile» con tanto di proteste marce e appelli Bambini in una classe elementare Il regolamento del governo minaccia di far chiudere la metà delle scuole esistenti

Persone citate: Bassanini, Cernili Irelli, Gemili Irelli, Luigi Berlinguer, Mussolini, Picena, Vincenzo Cernili Irelli

Luoghi citati: Acquaviva Picena, Roccasecca, Roma, Teramo