La colomba Barak ha fretta di negoziare
La colomba Barak ha fretta di negoziare Gli accordi di Wye Plantatìon dovrebbero essere completati entro l'anno, segnali da Damasco La colomba Barak ha fretta di negoziare E la destra fa autocritica Aido Baquis TELAvW All'indomani della grande affermazione elettorale di Ehud Barak, in Medio Oriente si torna a fiutare l'imminente ripresa dei negoziati di pace. La vittoria laburista - generalmente interpretata come una conferma del desiderio di pace da parte degli israeliani - ha galvanizzato le diplomazie della regione. Da Washington Bill Clinton e re Abdallah di Giordania affermano che esiste adesso la possibilità di rilanciare la pace in tempi brevi e il Presidente statunitense promette di arimboccarsi le maniche». Da Damasco, il ministro degli Esteri siriano Faruk a-Shara si dice pronto a riprendere le trattative con Israele, interrotte nel febbraio 1996, e preannuncia consultazioni siroegiziane. Da Gerusalemme Est, il presidente del Consiglio legislativo palestinese Abu Ala si attende la prossima applicazione da parte israeliana degli accordi di Wye Plantation e il congelamento degli insediamenti. Mentre il mediatore europeo Miguel Angel Moratinos si trova già a Damasco con un messaggio del deputato laburista Yossi Beilin in cui è ribadita la volontà israeliana di negoziare con Libano e Siria, un collaboratore di Barak - Avraham Bure ha fatto balenare ieri la possibilità di una nuova conferenza mediorientale, cui prenderebbero parte il premier israeliano, Arafat, re Abdallah e Hosni Mubarak. Clinton, da parte sua, ha suggerito un vertice israelo-palestinese per la fine del 1999. Nei prossimi mesi, prevede ancora Burg, il nuovo governo israeliano completerà la realizzazione degli accordi di Wye Plantation: ossia il ritiro dal 13 per cento della Cisgiordania (Benyamin Netanyahu ha ceduto finora solo il 2 per cento) e la liberazione di 750 detenuti politici palestinesi. In questo contesto resta incerto il ruolo di Shimon Peres. Barak, dicono fonti nel partito laburista, esita a nominarlo ministro incaricato della pace perché le loro visioni degli accordi permanenti israelo-palestinesi sono profondamente di- verse. Nel frattempo Barak comincia a studiare la situazione: ieri ha discusso della guerra di attrito nel Libano meridionale con il ministro della Difesa uscente Moshe Arens e con il capo di stato maggiore Shaul Mofaz. Alti ufficiali dei paracadutisti e della brigata Gol ani si sono lamentati che le istruzioni avute finora da Netanyahu non consentono loro di condurre una guerra efficiente contro gli Hezbollah. «O ci date la possibilità di combattere sul serio - hanno detto - oppure è meglio un ritiro unilaterale. I nostri soldati oggi sono solo "anatre da tirassegno ». Nei prossimi giorni Barak dovrà anche decidere se includere nella nuova coalizione di governo il decimato Likud (sot¬ to la guida di Ariel Sharon, interessato a essere confermato ministro degli Esteri) e il partito ortodosso Shas, dalla cui direzione si è dimesso l'imbarazzante rabbino Arie Deri, appena condannato a quattro anni di carcere per corruzione. Ieri i contraccolpi del voto si sono avvertiti in modo molto netto nell'estrema destra, dove l'ideologo della «Grande terra d'Israele», Benyamin Begin - figlio del premier Menacbem Begin - ha annunciato che lascia per sempre la politica attiva, il suo partito Unione nazionale una coalizione di gruppi radicali di destra e di coloni - ha raccolto infatti solo tre seggi: troppo pochi per chi si presentava come l'alternativa patriottica del «disfattista» Netanyahu, reo di aver accettato un ritiro parziale in Cisgiordania. Anche il movimento dei coloni - che a dicembre aveva radicalizzato i partiti di destra fino a provocare lo scioglimento della legislatura, pur di impedire la realizzazione degli accordi di Wye Plantation - compie adesso un'amara autocritica. Il leader del movimento Pinchas Wallerstein ha rassegnato le dimissioni. I suoi compagni di lotta cercano di consolarsi tornando col pensiero agli anni del governo Rabin (199295): ufficialmente i loro insediamenti erano «congelati», eppure il numero degli abitanti aumentò in modo considerevole. Benyamin Begin l'ideologo della «Grande terra d'Israele» sconfìtto si ritira dalla polìtica Benyamin Begin, leader del partito di estrema destra Unione Nazionale Gerusalemme, Il neo-oletto Ehud Barak prega al Muro del pianto. La sua vittoria esprime il desiderio di pace degli israeliani
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